blog americalatina

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"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Sunday, April 30, 2006

Parola d'ordine: dimenticare

Il 10 giugno 1971 Città del Messico visse una delle sue giornate più nere. Un corteo di studenti che manifestavano fu preso di mira dai cecchini della polizia. Quanti giovani caddero quel giorno non si è mai saputo. Secondo le versioni ufficiali furono dodici, mentre le organizzazioni civili parlarono di varie decine. Per il fatto, conosciuto con il nome di “Halconazo”, venne processato qualche anno fa l’ex Presidente della repubblica, Luis Echeverría, lo stesso responsabile della strage di Tlatelolco. Echeverría fu, naturalmente, assolto e le responsabilità di quei fatti, nonostante l’insistenza delle associazioni delle vittime, non vennero mai stabilite. Ora, la Corte Suprema ha deciso di chiudere definitivamente il caso, fissando il precedente importante di non procedere su quegli avvenimenti che portarono il Messico ad un passo dal seguire il destino dittatoriale dell’Argentina, dell’Uruguay e del Cile.
A Tlatelolco, alla vigilia delle Olimpiadi del ’68, la polizia sparò deliberatamente sulla folla, uccidendo almeno 300 persone. La violenza continuò per anni ed Echeverría, nel tempo a venire, ha dovuto affrontare una giustizia lenta, sottomessa e complice. Ora, non rimane nemmeno quella. Il passato viene cancellato, con buona pace di chi ha perso figli, amici, compagni.

Friday, April 28, 2006

Mapuche: continua lo sciopero della fame

Ho pubblicato un approfondimento sulla situazione dei detenuti Mapuche su Peacereporter: http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=&idart=5289
La condizione medica dei quattro prigionieri Mapuche in sciopero della fame sta peggiorando: Juan Patricio Marileo ha perso 14 chili di peso, mentre la salute di Patricia Troncoso è fortemente debilitata. Su www.mapuche.info continua la raccolta firme da inviare a Michelle Bachelet per chiedere la liberazione dei quattro. Il Parlamento Europeo intanto delibererà il prossimo 10 maggio sulla proposta di una risoluzione sulla violazione dei diritti del popolo Mapuche. Nella delibera si chiede di porre fine alla militarizzazione del territorio indigeno e che il Senato cileno ratifichi la legge sui diritti dei Mapuche e sugli altri popoli autoctoni.

Thursday, April 27, 2006

Gli otto anni da "Nunca más"

Con una mostra fotografica davanti alla Cattedrale ed un convegno, la società civile e religiosa del Guatemala hanno ricordato l’ottavo anniversario dell’omicidio di monsignor Gerardi. Un assassinio che ci aveva lasciati increduli ed ammutoliti per le circostanze e per la recrudescenza della logica distruttiva ed arrogante di un potere che si negava di accettare il cambiamento e la denuncia.
Sono passati otto anni da quella sera, ma sono passati anche otto anni dalla presentazione del rapporto “Nunca más” sulla guerra civile guatemalteca che monsignor Gerardi aveva voluto con insistenza, perchè la memoria restasse e parlasse per tutti quei disgraziati che furono uccisi senza un appello. Gente povera, umile, sacrificata in nome di un furore cieco e che i responsabili avrebbero voluto uccidere un’altra volta, mandandoli all’oblio, nel girone dei dimenticati.
Stanno pagando in tre per quel crimine (gli ex militari Byron Lima e Byron Disrael Lima ed il sacerdote Mario Orantes), ora aiutati in una scandalosa riduzione della pena da una giustizia sottomessa e servile. Gli autori intellettuali sono però liberi e continuano ad uccidere e, soprattutto, a mantenere viva una linea di pensiero marcia che, subdola ed invisibile, gode nel mantenere un Guatemala diviso ed ignorante. Gerardi ed i suoi collaboratori otto anni fa fecero un grande passo in avanti. Si impossessarono di spazi vitali del pensiero, convinti che fosse ora di riappropriarsi della pace e della giustizia. A otto anni da “Nunca más”, politici, sindacalisti, gente comune continuano a morire in Guatemala per quella stessa ragione che l’accomuna a monsignor Gerardi, ridare vita alla memoria e creare un futuro differente. "Nunca más" è stato e sarà anche questo nei giorni a venire: un cammino lungo ed arduo.

Wednesday, April 26, 2006

Di pace e Colombia

Di nuovo la pace? Sono iniziati a Cuba nuovi negoziati tra il governo colombiano ed i dirigenti dell’ELN. I rappresentanti chiamati a questo appuntamento sono il capo guerrigliero Antonio García e il commissario per la pace, Luis Carlos Restrepo. È la terza volta che le due delegazioni si incontrano dal dicembre scorso, questa volta senza la presenza dei rappresentanti della società civile e dei mediatori di Norvegia, Spagna e Svizzera che hanno accompagnato i negoziati anteriori.
L’ELN combatte da ormai quarantadue anni e le sue forze sono stimate tra le 5000 e le 10000 unità. Il marzo scorso ha dichiarato una prima tregua, per contribuire alla tranquillità del processo elettorale.
Ma dove vanno questi negoziati di pace?
In un’intervista del mese scorso, il comandante García indicava nel vuoto di governabilità, lasciato dal progetto neo liberale, lo spazio che può essere occupato dall’ELN.
Bisogna creare governi locali e regionali alternativi, espressioni parlamentarie alternative, che portino alla gestazione di un governo democratico nel quale si possa firmare una pace” dice García. Potrà Uribe raccogliere la sfida? Alternativo è esattamente il contrario di ciò che egli offre. O starà solamente prendendo tempo?
L’intervista completa si trova sulla pagina web dell’Ejército de Liberación Nacional.
http://www.eln-voces.com/

BOGOTALIA. A proposito di Colombia, date un’occhiata a questo blog, tenuto da Doppiafila, direttamente da Bogotá. Giorno dopo giorno, è la migliore maniera per tenervi informati –in italiano- su quello che succede nella capitale colombiana:
http://bogotalia.blogspot.com/

LA EBX SE NE VA. Dopo il quasi linciaggio dei tre ministri boliviani, la brasiliana EBX ha deciso di andarsene da Puerto Suárez. Morales, comunque, dice che verrà processata ugualmente per avere infranto le leggi della Bolivia.

Tuesday, April 25, 2006

Chi protesta è un criminale

A distanza di dieci anni dal massacro di Carajas, la protesta sociale continua ad essere criminalizzata in Brasile. Alcuni giorni fa –l’8 aprile- trentasette simpatizzanti, in maggioranza donne, del Movimiento Sin Tierra y di Via Campesina, sono stati incriminati dalla polizia di Río Grande do Sul per danneggiamenti, reato che prevede una pena di sei anni di prigione. La protesta era stata organizzata contro l’azienda Aracruz Celulosa che ha distrutto i villaggi dei Tupuniquim e Guaraní per poterne occupare le terre, che di fatto ha poi dedicato alla controversa coltivazione dell’eucalipto. Lo scorso gennaio la Aracruz ha fatto sgomberare, con l’appoggio di più di un centinaio di poliziotti e di elicotteri due comunità indigene, lasciando senza casa decine di famiglie. Per rappresaglia gli sfrattati hanno iniziato a danneggiare le piantagioni di eucalipto, la pianta destinata alla produzione della cellulosa. Da qui le denunce al termine di una protesta che è stata prettamente femminile. Sono state infatti le donne che, machete alla mano, hanno tagliato le piante nell’estremo tentativo di difendere la loro terra. Ora per loro si apre il dramma di dover affrontare un processo che si profila lungo e costoso. Per esprimere solidarietà ed appoggiare la lotta delle donne contadine contro la Aracruz Celulosa:
http://www2.sof.org.br/solidariedadeCampesina/form.php

Monday, April 24, 2006

Il dittatore alle corde

"El Mercurio", il più diffuso quotidiano cileno, ha pubblicato ieri una interessante galleria sulle vicende giudiziarie di Pinochet. Si tratta di un sito dove si possono trovare tutte le informazioni relative ai casi per cui l’ex dittatore e la sua famiglia sono chiamati a rispondere alla giustizia: l’assassinio di Prats, l’operazione Condor, l’operazione Colombo, la carovana della morte, Villa Grimaldi e la Banca Riggs. Tutti vengono spiegati con dovizia di particolari, con capitoli a parte sulla spiegazione dei casi, i personaggi implicati e lo stato attuale dei procedimenti. Questo il sito:
http://www.emol.com/especiales/infografias/pinochet/index.htm
Proprio l’altro giorno, la Corte Suprema ha tolto l’immunità a Pinochet anche per il caso che riguarda l’operazione Condor, mentre è sempre più possibile che l’amministrazione Bachelet decida di cancellare la legge di amnistia generale promulgata nel 1978 dall’ex dittatore. Uno dei suoi collaboratori, il deputato Juan Bustos, l’ha definita una vergogna di fronte alla comunità internazionale. La legge ha infatti permesso che la scorsa settimana i responsabili della Carovana della Morte, che torturò e fucilò decine di prigionieri politici nell’ottobre 1973, venissero assolti. L’infame uscito indenne da questo caso è il generale ritirato Sergio Arellano Stark, comandante della carovana.

Saturday, April 22, 2006

La guerra dei cloni

Li chiamano “clones”, i cloni, perchè uguali in tutto e per tutto alle edizioni originali. Abbondano sulle bancarelle ambulanti di tutta l’America Latina e sono i libri fotocopiati che sostituiscono le edizioni originali, più care e dal prezzo impossibile per la maggior parte delle tasche. Il prezzo di copertina di un libro di uno scrittore di fama va dai quindici ai venti dollari, ma anche le edizioni economiche non sono da meno, visto che si assestano tra gli otto ed i dieci dollari.
L’unica maniera perchè le nuove generazioni possano appropriarsi del lirismo e della bellezza artistica di autori come García Márquez, Octavio Paz, Borges, Bioy Casares, Carpentier è quella di ricorrere ai cloni. I mercati di Lima, Caracas, Bogotà, Città del Messico offrono migliaia di titoli in quella che consideriamo una sorta di riappropriazione della letteratura, che era inece volta verso un destino elitario ed esclusivo.
Le grandi case editrici sono però insorte. Invece di pensare a politiche commerciali alternative, hanno dato via libera alla repressione, richiamandosi alla legge sui diritti di autore ed altre balle similari. Un po’ come succede per la musica in rete.
La parola d’ordine è una sola: i cloni devono scomparire. Sono partite così retate un po’ dovunque. A Lima, dall’inizio dell’anno, la polizia ha sequestrato quindicimila volumi.
Secondo la logica delle corporazioni editoriali la vendita dei cloni ha generato perdite in Perù per 26 milioni di dollari. La nostra logica –ed il buon senso- ci dice invece che con quei prezzi di copertina sicuramente nessuno avrebbe comperato quei libri in edizione originale.
La megalomania delle case editrici è tale da aver trasformato la tradizionale settimana internazionale del libro (dal 23 al 30 aprile) nella Settimana della proprietà intellettuale.
Un poco come nella Germania hitleriana, i cloni finiranno in un falò, grande quanto l’ignoranza e l’arroganza delle multinazionali del libro che hanno fatto della cultura un commercio in più.

Friday, April 21, 2006

"A la mierda el ambiente"

Tempi duri per l’ambiente e per i ministri di Evo Morales che sono andati a Puerto Suárez a spiegare alla popolazione perchè l’azienda brasiliana EBX deve chiudere ed andarsene. I tre –Carlos Villegas della Pianificazione, Celinda Sosa della Produzione e Walter Villaroel dell’Energia- si sono presentati nella Sala municipale per un incontro con la popolazione, ma si sono visti praticamente prendere in ostaggio dalla folla inferocita.
La EBX, un’azienda che produce ghisa nel mezzo della foresta avvalendosi dei grandi giacimenti di carbone e ferro, è vista a Puerto Suárez come il progresso, come la mamma buona che foraggia questo posto dimenticato da Dio con posti di lavoro.
I ministri, che cercavano di spiegare la bontà della politica ambientale, sono stati zittiti dai cori di “A la mierda el medio ambiente”. Solo l’intervento della polizia è riuscita a salvare i tre da guai peggiori. Picchiati, derisi, insultati i ministri hanno dovuto indossare la divisa della polizia per poter uscire dalla sala.
La EBX non ha mai ricevuto l’autorizzazione ad operare, ma sta lavorando ugualmente a pieno ritmo. Accusata di non rispettare le leggi sull’ambiente, secondo uno studio governamentale distruggerà nei prossimi anni 250.000 ettari di bosco. Poco interessa agli abitanti di Puerto Suárez, altro avamposto nell’Amazzonia che si riduce giorno dopo giorno e ancora meno agli imprenditori che hanno scommesso su questo posto. Da qui, infatti, passa il corridoio che collega la Bolivia con il Brasile amazzonico e da cui i soliti squali intendono trarre il maggior profitto possibile.
Un foro sui fatti di Puerto Suárez è aperto su Indymedia Bolivia:
http://bolivia.indymedia.org/es/2006/04/28432.shtml

Thursday, April 20, 2006

Día del Indio: il giorno dimenticato

Ieri, 19 aprile, è stato il giorno internazionale dell’indio, ma non se n’è praticamente accorto nessuno. Gli atti celebrativi tenutisi un poco ovunque in tutta l’America Latina hanno avuto pochissima eco sui giornali. Ieri annunciavamo la denuncia dei Mapuche contro lo Stato cileno, oggi dobbiamo annotare come la situazione degli indigeni americani sia disastrosa.
Qui in Costa Rica, le associazioni indigene hanno presentato lo scorso marzo una relazione alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani per denunciare lo stato di abbandono in cui versano le loro comunità. In particolare, gli indios della Costa Rica lamentano la carente situazione sanitaria e, soprattutto, l’appropriazione indebita del 40% delle terre loro assegnate, la bellezza di 131.437 ettari in mano ad allevatori, coltivatori e imprenditori senza alcun diritto. Il prossimo passo, se non ci saranno novità, sarà l’apertura di un contenzioso legale contro lo Stato.
In Brasile, i guaraní sono costretti da due anni a vivere al bordo di una strada statale perchè cacciati dalle loro terre. Ora, un giudice li vuole allontanare anche da lì. I guaraní hanno subito dal 1940 al 1960 una feroce repressione e sono stati rinchiusi in riserve estranee alla loro maniera di vivere. Da anni la denutrizione sta mietendo centinaia di vittime tra i bambini. Sul caso dei guaraní la Centrale indigena si sta organizzando per portare la loro petizione di terra al presidente Lula già la prossima settimana.
Negli altri paesi, le marce sono servite per consegnare ai rappresentanti dei governi le petizioni e gli appelli che, ancora una volta, rimarranno probabilmente inascoltati. L’indigenismo avanza, ma gli indigeni rimangono al palo.

Wednesday, April 19, 2006

I Mapuche contro lo Stato cileno

Una risoluzione del Parlamento Europeo perchè riconosca la violazione dei diritti umani perpetrata dal governo cileno contro gli indios Mapuche. Questo è ciò che chiedono, con una campagna che è partita in questi giorni, le organizzazioni Mapuche in Europa con sede in Svezia, Belgio ed Inghilterra.
Da tempo i Mapuche chiedono una presa di posizione che condanni la politica condotta dal Cile (per conoscere la situazione, un mio articolo in italiano su:
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idart=185)
Lo stato cileno, invece di ricorrere al dialogo, continua a criminalizzare le iniziative delle organizzazioni Mapuche, applicando la legge antiterrorista contro coloro che vengono arrestati. Dal 13 marzo i detenuti per i fatti di Angol (spiegati nell’articolo) sono in sciopero della fame per fare conoscere al mondo la loro situazione. I quattro sono stati condannati al termine di un processo beffa e costretti ad un regime carcerario durissimo. Per contestare questi fatti, per informare e per appoggiare la causa Mapuche potete contattare: Jorge Calbucura (
yefal@mapuche.info); Reynaldo Mariqueo (mapulink@mapuche-nation.org); o Gastón Lion (gaston.lion@skynet.be).
Informazioni più dettagliate sul sito:
www.mapuche.info

Tuesday, April 18, 2006

Il Cervantes a Sergio Pitol

Lo scrittore messicano Sergio Pitol è il vincitore del premio letterario Cervantes (lo ritirerà il 21 aprile), il più importante in lingua spagnola. Pitol è di Puebla, ha 73 anni ed ha vissuto per lungo tempo in Spagna ed in Europa. Quasi sconosciuto in Italia, lo scrittore ha un passato di diplomatico e di traduttore: sue le traduzioni in spagnolo di autori come Henry James e Joseph Conrad. Dal 1967 al 2004 ha prodotto quasi una ventina di titoli, opere dove è forte la difesa dei diritti umani: No hay tal lugar (1967); Infierno de todos (1971); Los climas (1972); El tañido de una flauta (1973); Asimetría (1980); Nocturno de Bujara (1981); Cementerio de tordos (1982); Juegos florales (1985); El desfile del amor (1985); Domar a la divina garza (1988); Vals de Mefisto (1989); La casa de la tribu (1989); La vida conyugal (1991); El arte de la fuga (1996); Pasión por la trama (1998); El mago de Viena (2005). Queste ultime tre fanno parte di una trilogía.
Com’è la letteratura di Pitol? “Quasi tutti i miei romanzi passano per la follia” dice. A chi gli chiede qual’è il romanzo ideale per avvicinarsi alla sua lettura, suggerisce “El arte de la fuga”.
Per chi volesse approfondire, il quotidiano spagnolo ABC pubblica una lunga intervista:
http://www.abc.es/abc/pg060417/prensa/noticias/Cultura/Libros/200604/17/NAC-CUL-111.asp
Una breve biografia con alcuni frammenti della sua opera sono invece su:
http://www.epdlp.com/escritor.php?id=2147

Monday, April 17, 2006

L'occhio della rivoluzione


Si è svolto ieri il funerale di Raúl Corrales Fornos, uno dei fotografi storici della rivoluzione cubana. Nato nel 1925, aveva cominciato la sua carriera a 19 anni, quando era buttafuori di un ristorante, per poi diventare fotoreporter dell’agenzia Cuba Sono Films. Corrales ha descritto in immagini il corso della rivoluzione cubana immortalando i ritratti di Fidel Castro e del Che Guevara, dei paesaggi e della gente di Cuba, nonchè di fatti storici come l’invasione di Playa Girón (la baia dei Porci) da parte delle truppe addestrate dagli Usa (la foto che pubblico si riferisce a quell’avvenimento). Corrales ha esposto anche in Italia.
http://www.radiohc.cu/espanol/cultura/fotografia/galeria/raulcorrales.htm

Sunday, April 16, 2006

Primo maggio contro i prodotti Made in Usa

L’iniziativa parte dai sindacati e dalle associazioni di base messicane: il prossimo primo maggio la festa dei lavoratori si trasformerà nel giorno del boicottaggio ai prodotti statunitensi. È questa una delle risposte alla legge che il Senato degli Stati Uniti vuole votare per reprimere la migrazione dal Messico e dagli altri paesi dell’America Latina.
“Un día sin inmigrantes” è il motto della giornata: un giorno senza immigranti, perchè ogni impresa statunitense senta il peso commerciale della mancanza della presenza straniera.
Alcuni gruppi che hanno aderito all’iniziativa, vogliono portarla all’estremo, invitando i propri simpatizzanti e tesserati che vivono negli Usa a non recarsi al posto di lavoro (il Primo maggio è giorno lavorativo), per creare un impatto ancor maggiore nella società statunitense.
L’iniziativa prende spunto dal film di Sergio Arau “Un día sin mexicanos” (2004), che racconta della sparizione improvvisa dei 14 milioni di messicani che vivono in California. Sparita la manodopera straniera, l’economia californiana rimane senza sostegno: operai, fattorini, giardinieri, cassiere, donne di servizio, muratori, camionisti, scaricatori sono come scomparsi in un buco nero e gli statunitensi per sopravvivere dovranno infine sporcarsi le mani anche loro.
La pagina web del film:
http://www.undiasinmexicanos.com/

Friday, April 14, 2006

Sacro e profano nella Semana Santa

La Settimana Santa, che ripercorre la Passione, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo, è la festività religiosa più sentita in tutta l’America Latina.
Vi passo alcuni link di gallerie fotografiche e di aspetti della festa in differenti punti del continente. Una serie di foto sulla Settimana Santa a Huamanga, in Perù:
http://www.enjoyperu.com/multimediagallery/semanasanta/index2.htm
Dal Messico un reportage completo sulla fede in America Latina:
http://www.univision.com/content/content.jhtml?cid=569428
La Settimana Santa in Guatemala:
http://www.semanasantaenguatemala.org/
ed in Ecuador:
http://www.ecuadorvirtual.com/article.asp?qid=4052&sid=11
Come si vive la festività nelle Ande peruviane:
http://www.yachay.com.pe/especiales/semana-santa/
Sul sito della Bbc, immagini fotografiche sulle differenti Via Crucis:
http://newswww.bbc.net.uk/hi/spanish/photo_galleries/newsid_3615000/3615443.stm

Thursday, April 13, 2006

La sottile arte del provocare

Continuano gli screzi tra Venezuela ed Usa. Ad essere notizia è ora l’attitudine dell’ambasciatore statunitense Brownfield, che qualche giorno fa è stato preso a pomodori mentre visitava un quartiere periferico di Caracas. Secondo le autorità venezuelane, Brownfield è un provocatore che cerca lo scontro; l’ambasciatore risponde allegando libertà di movimento e di espressione.
José Vicente Rangel, vicepresidente venezuelano, ha rilasciato un’intervista alla BBC, sulla relazione attuale tra i due paesi.
Questo è un estratto:
Come qualificherebbe –da uno a dieci- la relazione tra Caracas e Washington?
Cinque. Siamo a metà, non per colpa nostra ma per degli Stati Uniti”.
Però ci sembra che siano al punto peggiore nella storia.
Perchè c’è il signor Bush alla Casa Bianca. Prima non c’era un personaggio come questo”.
Cosa dovrebbe fare Washington per migliorare la relazione bilaterale?
Non interessarsi dei nostri affari interni. Fuori le mani dal Venezuela. Non deve aiutare l’opposizione golpista e non preparare cospirazioni come ha fatto finora”.
Crede che l’ambasciatore Brownfield abbia le ore contate?
Lasciarlo o rititarlo è prerogativa del suo presidente, non nostra. Se lui rispetta le regole noi non abbiamo nessun problema perchè vogliamo che vengano mantenute le relazioni con gli Usa. Ora io credo che lui stia commettendo molte imprudenze”.
Lei crede che il tema dell’Iran interferisce nelle vostre relazioni?
Siamo un paese sovrano ed abbiamo contatti con tutti i paesi del mondo. Noi non obiettiamo che gli Stati Uniti mantengano le relazioni con un dittatore come Musharraf”.
È a conoscenza di una visita di una delegazione di Hamas in Venezuela?
Non ne sono a conoscenza”.

Qui l'intervista integrale:
http://news.bbc.co.uk/hi/spanish/latin_america/newsid_4901000/4901258.stm

Wednesday, April 12, 2006

Il voto italiano in America Latina

Infine, noi italiani all’estero abbiamo avuto la possibilità di votare. Tutti gli osservatori concordano nel dire che proprio questa parte prima esclusa di elettori è stata determinante per il risultato finale a favore dell’Unione, in special modo per quanto riguarda la composizione del Senato.
Il voto in America Latina ha presentato una curiosa tendenza. Gli italiani all’estero hanno infatti riproposto il clima politico del paese che li ospita. Così, nel conservatore Centroamerica, Forza Italia è stato il vincitore assoluto, con l’esclusione del Nicaragua –roccaforte della sinistra nei paesi dell’istmo-. In Sudamerica, mentre i forzisti hanno prevalso nelle roccaforti della destra, come il Cile, il Paraguay e la Colombia, sono caduti nei paesi dove sono forti i movimenti sociali: Bolivia, Uruguay, Ecuador. Caso a parte il Venezuela, dove si sa che la comunità italiana è schierata apertamente contro Chávez.
L’Unione, comunque, si aspettava quasi un plebiscito contro Berlusconi. Non c’è stato. L’Italia è divisa, fortemente divisa e la sinistra ha vinto solo grazie a quei delusi dalla politica della destra che hanno cambiato il proprio voto. I cinque anni che vengono serviranno per dirci se la sinistra ha capito quali sono le inquietudini della gente. In fondo queste votazioni ci dicono che non ha vinto l’Unione, ma che ha perso la destra. Dalle prime dichiarazioni, sembra che nè Prodi nè Fassino nè D’Alema l’abbiano capito.

CAMERA: America Settentrionale e Centrale (Unione 38,90%; FI 30,82%).
Messico (Unione 37,76%; FI 29,48%); Guatemala (Unione 23,46%; FI 53,66%); Honduras (Unione 19,30%; FI 48,24%); El Salvador (Unione 25,95%; FI 48,98%); Nicaragua (Unione 46,07%; FI 30,37%); Costa Rica (Unione 29,11%; FI 39,95%); Panama (Unione 26,47%; FI 46,08%); Repubblica Dominicana (Unione 24;25%, FI 37,32%).
America Meridionale (Unione 27,35%, FI 8,31%, Ass. Italia Sudamerica 33,53%).
Colombia (Unione 15,51%; FI 19,47%); Venezuela (Unione 21,34%; FI 28,17%); Ecuador (Unione 41,93%; FI 17,6%); Perú (Unione 11,73%; FI 14,76%); Brasile (Unione 29,56%; FI 9,15%); Uruguay (Unione 26,64%; FI 4,28%); Paraguay (Unione 12,23%; FI 28,31%); Bolivia (Unione 32,26%; FI 12,90%); Argentina (Unione 28,43%; FI 4,53%); Cile (Unione 24,60%; FI 23,36%).

SENATO: America Settentrionale e Centrale (Unione 37,90%; FI 30,56%).
Messico (Unione 37,80%; FI 28,28%); Guatemala (Unione 23,75%; FI 47,49%); Honduras (Unione 22,22%; FI 49,07%); El Salvador (Unione 28,33%; FI 46%); Nicaragua (Unione 49,59%; FI 29,27%); Costa Rica (Unione 28,21%; FI 38,50%); Panama (Unione 31,16%; FI 44,22%); Repubblica Dominicana (Unione 23,01%; FI 37,06%):
America Meridionale (Unione 29,70%; FI 8,85%; Ass. Italia Sudamerica 31,83%).
Colombia (Unione 19,51%; FI 20,78%); Venezuela (Unione 16,45%; FI 25,38%); Ecuador (Unione 32,44%; FI 17,63%); Perú (Unione 10,95%; FI 11,55%); Brasile (Unione 29,8%; FI 14,35%); Uruguay (Unione 25,33%; FI 3,56%); Paraguay (Unione 13,9%; FI 33,62%); Bolivia (Unione 33,53%; FI 14,81%); Argentina (Unione 33,48%; FI 4%); Cile (Unione 26,58%; FI 30,32%).

Tuesday, April 11, 2006

La colonia degli orrori

È iniziato in Cile il processo contro la Colonia Dignidad, la enclave nazista fondata dall’SS Paul Schaefer. Situata a più di 300 chilometri al sud di Santiago, la Colonia è stata durante la dittatura una fedele alleata del servizio segreto cileno diretto da Manuel Contreras. Secondo versioni delle organizzazioni per i diritti umani, il centro venne usato più volte durante il regime come prigione. Qui, le vittime venivano torturate e quindi fatte sparire. I dati in mano al Pubblico ministero parlano di almeno 120 oppositori che hanno avuto la Colonia Dignidad (oggi ribattezzata Casa Baviera) come ultima dimora.
Ma le mura della Colonia hanno celato altri orribili segreti, come la segregazione delle donne e lo sfruttamento dei più piccoli, che hanno subito ogni tipo di abuso e violenza sessuale da parte del leader della comunità, Paul Schaefer. L’ex soldato nazista (era caporale) ha oggi 85 anni ma deve rispondere di 27 stupri a danno dei ragazzini che crescevano all’interno del centro. Schaefer ha fondato la Colonia nel 1961, raggruppando alcune decine di famiglie tedesche in un apparente progetto di comune agricola. Le regole dettate dall’ex SS erano però disumane: uomini e donne vivevano separati, senza ricevere alcun stipendio e con l’obbligo di obbedienza cieca al leader. I bambini erano così sottoposti ad un rito di iniziazione che consisteva nel sottostare agli abusi depravati di Schaefer. Il regime di Pinochet, venuto a conoscenza della Colonia, ne divenne complice, usandone le installazioni per torturare ed uccidere gli oppositori politici.
Solo con il ritorno alla democrazia, nel 1990, Colonia Dignidad è stata smantellata dalla polizia. Schaefer, scappato in Argentina, è stato finalmente arrestato l’anno scorso. Con lui, sul banco degli imputati ci sono altri tredici tedeschi.
La storia di Schaefer:
http://www.terra.cl/noticias/noticias.cfm?id_cat=302&id_reg=472583

Monday, April 10, 2006

Il Perú al ballottaggio

I sondaggi non hanno sbagliato. Ollanta Humala ha vinto ed andrà al ballottaggio, mentre è ancora in discussione chi sarà il suo avversario, se la Flores o Alan García. La lezione che se ne trae è quella di un voto frammentato tra forze distinte e profondamente divise. Humala è però riuscito già solo con la sua candidatura ed i suoi infiammati comizi ad alimentare la frattura in atto nella società peruviana, rendendo difficile una transizione pacifica e distesa ovunque sia la direzione che questa voglia prendere. Lo stesso Humala è stato aggredito mentre votava, raccogliendo i frutti del suo messaggio intimidatorio.
In attesa del ballottaggio viene ora il ballo delle alleanze. È tutto da verificare se l’Apra ed il centro di stampo conservatore della Flores troveranno un’intesa in nome di un progetto comune nell’arginare Humala. Cinque anni fa, Alan García (allora terzo) aveva lasciato liberi i suoi di votare secondo coscienza: la maggioranza scelse Toledo e fu più una questione di pelle che di programmi. Probabilmente, gli apristi anche questa volta si presenterebbero come ago della bilancia e, in un paese come il Perù, dominato dai pregiudizi razziali, questa potrebbe propendere infine per Humala.
Sono comunque speculazioni. Quello che sì è già palese è l’estrema frammentazione del Congresso, cosa che renderà difficile il lavoro di chiunque venga eletto presidente. È un cammino difficile quello che attende il Perù.
Per seguire le elezioni peruviane in diretta:
http://www.elcomercioperu.com.pe/EdicionOnline/Html/2006-04-09/onlPortada0486412.html
http://www.rpp.com.pe/portada/

Sunday, April 09, 2006

Il sicario dell'economia

Il nostro compito era quello di incoraggiare i leader mondiali a divenire parte di una vasta rete che favorisce gli interessi commerciali degli Stati Uniti. Alla fine, questi leader restano intrappolati in una trama di debiti che ne garantisce la fedeltà. Possiamo fare affidamento su di loro in qualunque momento lo desideriamo, per soddisfare le nostre esigenze politiche, economiche o militari... I proprietari delle aziende di progettazione e di costruzione statunitensi si arricchiscono meravigliosamente”. Il passaggio è tratto dal libro di John Perkins, “Confessioni di un sicario dell’economia”, un saggio illuminante di un insider su quello che sono le politiche economiche degli Usa.
Perkins fa a pezzi ed analizza tutto il sistema. Il commercio si rivela come la vera arma, più potente delle bombe, che usa gli Stati Uniti per asservire le economie deficitarie dei paesi poveri. Per realizzare il proprio scopo si serve di ogni mezzo. Spesso, quando ho scritto sulle reali intenzioni dei gruppi religiosi, della solidarietà e dell’educazione provenienti dagli Stati Uniti, mi hanno accusato di vedere complotti da tutte le parti. Eppure, sono convinto che c’è un fine ultimo, che non è virtuoso come si vuol fare credere, nell’azione di questi gruppi (ricordate il recente episodio di New Tribes in Venezuela).
In paesi come l’Ecuador, la Nigeria e l’Indonesia ci vestiamo come gli insegnanti.... abbiamo un aspetto semplice, normale... professiamo l’altruismo... siamo in regola, agiamo alla luce del sole” spiega Perkins.
Oggi vediamo i risultati di questo sistema... i dirigenti delle nostre aziende più autorevoli assumono il personale a salari che rasentano la schiavitù.... le compagnie petrolifere rilasciano senza alcun ritegno grandi quantità di agenti tossici nei fiumi delle foreste pluviali uccidendo deliberatamente persone, animali e vegetazione e commettendo genocidi ai danni di antiche culture. Le industrie farmaceutiche negano i farmaci salva vita a milioni di persone”.
Quando in Ecuador, in Perù o in Brasile arrivavano gli insegnanti o i missionari della Sil (Summer Institute of Linguistics) o di altri gruppi cristiani provenienti dagli Usa, questi non erano altro che l’avanguardia di un complesso sistema. Conquistavano la fiducia degli indigeni per convincerle ad assumere un differente tipo di vita, spostarli, costringerli a migrare e lasciare le loro terre in mano alle multinazionali. L’America Latina ha vissuto questo processo per tutto il XX secolo senza che nessuno denunciasse le connivenze tra i missionari e il governo Usa.
Non pensate però che le cose siano cambiate. Perkins, in fondo, non fa che confermare quelli che erano i nostri dubbi.

Il libro è edito da Minimumfax.
http://www.johnperkins.org/
http://www.minimumfax.com/libro.asp?libroID=288

Saturday, April 08, 2006

Sul Cafta, il Guatemala ci ripensa

Óscar Berger non è certo un politico inesperto. Eletto con i voti degli industriali ed espressione della destra liberale, come presidente del Guatemala ha appoggiato il Trattato di libero commercio con gli Usa. Anche lui, come i suoi colleghi, ha ripetuto a lungo che il Cafta avrebbe portato solo vantaggi per l’economia e la società centroamericana. Ora, però, Berger ha fatto marcia indietro. C’è qualcosa che non va in quel trattato e il presidente guatemalteco l’ha trovato.
Il mio paese non può modificare le leggi vigenti da un giorno all’altro in nome di un accordo commerciale” ha dichiarato ai giornalisti.Berger si è probabilmente reso conto del pericolo che rappresenta il Cafta e chiede una modifica su alcuni punti firmati troppo frettolosamente. In particolare, gli Usa insistono perchè il Guatemala cambi la legislazione nazionale sulle telecomunicazioni, la proprietà intellettuale e il regolamento sulle licitazioni governamentali. L’agricoltura, poi, sarebbe lasciata allo sbando. Il Cafta, infatti, mentre permette le sovvenzioni agli agricoltori statunitensi, vieta decisamente lo stesso trattamento per quelli centroamericani.
Gli Stati Uniti sbagliano e per la loro insistenza stanno lasciando fuori del trattato le due principali economie centroamericane, la nostra e quella della Costa Rica” ha continuato Berger.
Il presidente guatemalteco ha fatto bene i conti. Con le frontiere chiuse dalla nuova legge di migrazione Usa ed un Cafta scellerato, tutti i disoccupati (vecchi e nuovi) rimarranno a casa propria. Chi li manterrà?

Monday, April 03, 2006

In vacanza

Cari amici, il blog non sarà aggiornato per una settimana. Vado in vacanza. Ci risentiamo lunedì prossimo, 10 aprile.

Ambasciatore porta pena

Sarà José Rizo il candidato che il Partido Liberal opporrà a Daniel Ortega nelle prossime elezioni di novembre. La campagna, di fatto, è già cominciata ma più che delle dichiarazioni dei due candidati, si parla dell’ambasciatore Usa in Nicaragua, Paul Trivelli, le cui esternazioni non sono piaciute a nessuno. Il caso di Trivelli è sintomatico di come l’ingerenza statunitense sia ancora una volta di scena in Nicaragua.
In una intervista di pochi giorni fa al Nuevo Diario, Trivelli ha ribadito questo diritto all’ingerenza tutto particolare riservato solo al suo Paese in nome, ovviamente, della difesa della democrazia.
Qui di seguito, alcuni estratti dell’intervista (testo completo in spagnolo su:
http://www.elnuevodiario.com.ni/2006/03/27/nacionales/15904)
Trivelli: “Quello che stiamo facendo è appoggiare il processo democratico, dicendo alla gente che in queste elezioni ci sono forze antidemocratiche... è naturale per noi, perchè la politica estera degli Stati Uniti difende la democrazia, sia qui in Iraq o in altri posti”.
Perchè vi comportate così in Nicaragua e non in altri Paesi?
Stiamo solamente dicendo che in questo paese ci sono forze antidemocratiche”.
Cosa succederebbe se l’ambasciatore nicaraguense negli Usa dicesse ci opponiamo... a questo candidato statunitense perchè è stato autore di una politica immorale, basata su menzogne che hanno scatenato l’intervento in Iraq?
Negli Usa c’è libertà d’espressione, per cui credo non succederebbe nulla. Gli stranieri criticano quotidianamente i nostri politici: è un dialogo, di questo tratta la democrazia”.
Eppure la maggioranza dei nicaraguensi considera una ingerenza il suo comportamento.
Non smetterò di difendere la democrazia e questo è parte della nostra politica”.
Che succede se Ortega vince al fine di elezioni corrette?
La nostra politica è di cooperare con tutti i governi eletti democraticamente. Se poi questi seguono una politica economica sensata e sono disposti a cooperare in quanto a sicurezza, siamo pronti a lavorare con loro”.

Sunday, April 02, 2006

Le Malvine sono argentine

Il presidente Kirchner ha parlato oggi durante la commemorazione dell’occupazione delle Malvinas (le Falklands) da parte della marina argentina, avvenuta il 2 aprile 1982. Kirchner ha ribadito, a distanza di ventiquattro anni dal conflitto, la sovranità del suo Paese sull’arcipelago dell’Atlantico.
Il recupero delle Malvinas è un obiettivo irrinunciabile del popolo argentino” ha detto. “La Gran Bretagna deve dimostrare disposizione a negoziare con noi”.
Da tempo l’Argentina sta cercando di aprire un canale diplomatico per la risoluzione della sua pretesa, senza però che il governo di Blair abbia accettato un avvicinamento. L’ultima dichiarazione risale all’anno scorso, quando il Foreign Office aveva diramato un breve comunicato, dove stabiliva come non esistesse nessun dubbio in quanto alla sovranità inglese sulle Falklands.
In questo dialogo tra sordi, Kirchner ha ricordato come la guerra del 1982 non rispondesse alle reali esigenze degli argentini, in quanto la dittatura l’aveva dichiarata ed usata per superare l’avversa situazione interna. Il presidente ha poi chiesto perdono agli ex combattenti per essere stati trascinati in quell’avventura.
La Gran Bretagna occupa le Falklands dal 1833, quando la sua Marina da guerra cacciò i coloni argentini.
Una serie di foto sulle Malvinas:
http://www.fotopaises.com/fotos/Islas_Malvinas/FK.html

Saturday, April 01, 2006

Humala non è il Perù che vuole cambiare

Manca ormai poco più di una settimana dal voto in Perú e Ollanta Humala continua ad essere in testa ai sondaggi. Stabile sul 31%, l’ex militare vede allontanarsi Lourdes Flores (al 27%), mentre Alan García si attesta sul 20%.
Alcuni giorni fa avvertivamo su Peacereporter (
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idart=5005) che l’errore più grande che possano commettere i peruviani è credere che Humala possa essere un altro Chávez o un altro Morales. Esistono, infatti, due tipi di indigenismo. Quello radicale, promulgato dagli Humala, è l’indigenismo che non vorremmo vedere, perchè vuole ripetere la stessa storia di abusi e di esclusione, però al rovescio. L’idea dell’etnocacerismo e di alcuni settori indigeni boliviani è quella di creare delle nazioni ad uso e consumo delle genti originarie, seguendo le teorie più estreme di pensatori come Fausto Reinaga, che dettarono il risveglio indigeno. Il pensiero di Reinaga, però, non ha niente a che vedere con quanto gli Humala predicano. Disprezzo per le minoranze, odio verso i vicini, culto delle armi, ricorso alla violenza, il clan Humala negli ultimi giorni ha rivelato di che pasta è fatto. Dalla mamma (“se fossi io presidente, fucilerei tutti i finocchi”), al fratello Antauro (“ci prenderemo il Cile”), al padre Isaac (“fonderemo una società di soli indigeni”) è stato un campionario di chi più ne ha, più ne metta (nella foto, i due fratelli in uniforme). Eppure, la base popolare gli crede. Gli crede come ha creduto a Fujimori, come ha dato il voto a Toledo per poi rimangiarsi quanto fatto. Il Perù sembra incapace di trovare una via originale e capace che gli permetta di avviarsi verso un cambiamento del quale ha un disperato bisogno.
È lecito, quindi, preoccuparsi di Humala: da chi ha torturato, sequestrato ed ucciso non ci si può aspettare nulla di buono.
Su Humala un recente approfondimento di Stella Spinelli, sempre su Peacereporter:
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=0&idart=5090
Su Fausto Reinaga esiste invece una bella pagina:
http://www.faustoreinaga.org.bo/