Humala non è il Perù che vuole cambiare
Manca ormai poco più di una settimana dal voto in Perú e Ollanta Humala continua ad essere in testa ai sondaggi. Stabile sul 31%, l’ex militare vede allontanarsi Lourdes Flores (al 27%), mentre Alan García si attesta sul 20%.
Alcuni giorni fa avvertivamo su Peacereporter (http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idart=5005) che l’errore più grande che possano commettere i peruviani è credere che Humala possa essere un altro Chávez o un altro Morales. Esistono, infatti, due tipi di indigenismo. Quello radicale, promulgato dagli Humala, è l’indigenismo che non vorremmo vedere, perchè vuole ripetere la stessa storia di abusi e di esclusione, però al rovescio. L’idea dell’etnocacerismo e di alcuni settori indigeni boliviani è quella di creare delle nazioni ad uso e consumo delle genti originarie, seguendo le teorie più estreme di pensatori come Fausto Reinaga, che dettarono il risveglio indigeno. Il pensiero di Reinaga, però, non ha niente a che vedere con quanto gli Humala predicano. Disprezzo per le minoranze, odio verso i vicini, culto delle armi, ricorso alla violenza, il clan Humala negli ultimi giorni ha rivelato di che pasta è fatto. Dalla mamma (“se fossi io presidente, fucilerei tutti i finocchi”), al fratello Antauro (“ci prenderemo il Cile”), al padre Isaac (“fonderemo una società di soli indigeni”) è stato un campionario di chi più ne ha, più ne metta (nella foto, i due fratelli in uniforme). Eppure, la base popolare gli crede. Gli crede come ha creduto a Fujimori, come ha dato il voto a Toledo per poi rimangiarsi quanto fatto. Il Perù sembra incapace di trovare una via originale e capace che gli permetta di avviarsi verso un cambiamento del quale ha un disperato bisogno.
È lecito, quindi, preoccuparsi di Humala: da chi ha torturato, sequestrato ed ucciso non ci si può aspettare nulla di buono.
Su Humala un recente approfondimento di Stella Spinelli, sempre su Peacereporter:
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=0&idart=5090
Su Fausto Reinaga esiste invece una bella pagina:
http://www.faustoreinaga.org.bo/
Alcuni giorni fa avvertivamo su Peacereporter (http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idart=5005) che l’errore più grande che possano commettere i peruviani è credere che Humala possa essere un altro Chávez o un altro Morales. Esistono, infatti, due tipi di indigenismo. Quello radicale, promulgato dagli Humala, è l’indigenismo che non vorremmo vedere, perchè vuole ripetere la stessa storia di abusi e di esclusione, però al rovescio. L’idea dell’etnocacerismo e di alcuni settori indigeni boliviani è quella di creare delle nazioni ad uso e consumo delle genti originarie, seguendo le teorie più estreme di pensatori come Fausto Reinaga, che dettarono il risveglio indigeno. Il pensiero di Reinaga, però, non ha niente a che vedere con quanto gli Humala predicano. Disprezzo per le minoranze, odio verso i vicini, culto delle armi, ricorso alla violenza, il clan Humala negli ultimi giorni ha rivelato di che pasta è fatto. Dalla mamma (“se fossi io presidente, fucilerei tutti i finocchi”), al fratello Antauro (“ci prenderemo il Cile”), al padre Isaac (“fonderemo una società di soli indigeni”) è stato un campionario di chi più ne ha, più ne metta (nella foto, i due fratelli in uniforme). Eppure, la base popolare gli crede. Gli crede come ha creduto a Fujimori, come ha dato il voto a Toledo per poi rimangiarsi quanto fatto. Il Perù sembra incapace di trovare una via originale e capace che gli permetta di avviarsi verso un cambiamento del quale ha un disperato bisogno.
È lecito, quindi, preoccuparsi di Humala: da chi ha torturato, sequestrato ed ucciso non ci si può aspettare nulla di buono.
Su Humala un recente approfondimento di Stella Spinelli, sempre su Peacereporter:
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=0&idart=5090
Su Fausto Reinaga esiste invece una bella pagina:
http://www.faustoreinaga.org.bo/
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