
Lula insiste: i biocombustibili sono buoni. La difesa è avvenuta nella prestigiosa sede di Bruxelles, dove il presidente brasiliano ha perorato la causa del combustibile del futuro davanti ai ministri europei. L’Unione europea vuole infatti trasformare i propri consumi e l’obiettivo per il 2020 è che almeno il 10% delle auto si muova con etanolo.
Lula, fiutata l’opportunità, ha messo le vesti del bottegaio e con veemenza ha dimostrato che il Brasile possiede l’etanolo di cui ha bisogno l’Europa, sempre e quando l’Unione rimuova ogni ostacolo doganale.
Secondo Lula, i biocombustibili sono democratici –perchè danno la possibilità a paesi privi di petrolio di generare energia-; solidali –perchè generano posti di lavoro-; internazionalisti –perchè aprono nuovi cammini all’esportazione-; rivoluzionari –perchè innovativi-. Per non parlare poi di una dose di realismo magico, che ben si applica quando si parla di America Latina: “Nel mio paese si sta riducendo la povertà, allo stesso tempo che cresce la produzione di biocombustibile”.
Lula è addirittura arrivato a parlare di un cartello internazionale avverso all’etanolo, “che non vuole che il Brasile diventi una grande nazione”. Insomma, non solo il futuro, ma la grandezza del Brasile passa per i biocombustibili e non c’è ideologia che possa tenere di fronte al nazionalismo e alle pressioni dei gruppi di potere.
Nessuna parola, naturalmente, sulle prime sequele provocate dalla produzione di etanolo, come il caro-tortilla in Messico o l’alta deforestazione illegale che ogni giorno impoverisce sempre più l’Amazzonia. Il buon bottegaio parla solo delle qualità dei suoi prodotti, non dei difetti.
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