Alba: progetto nuovo, discorso vecchio
Ci risiamo. Nell’ambito dell’Alba, che poteva e può ancora essere uno strumento di sviluppo e di alternativa –proprio come suggerisce il suo nome- risorgono i fantasmi della militarizzazione e della corsa all’armamento.
Chávez ha detto che le forze armate devono rafforzarsi per fare fronte contro il nemico comune, che è lo stesso per tutti i firmatari dell’Alba. Il riferimento agli Stati Uniti è palese, ma viene da domandarsi: sono gli Usa una minaccia militare reale per la sicurezza di Venezuela, Bolivia e Nicaragua? Di Cuba?
La risposta è no. Anzi, gli Stati Uniti, con il dispendio di energie in Medio Oriente e la crisi interna, sono deboli come non mai. Chávez lo sa e proprio per questo ha annunciato la militarizzazione dell’Alba. Di accordi, triplici unioni, assi ne è piena la storia e sono sempre stati forieri di guerre e di tragedie di enormi dimensioni, già che il loro scopo è quello di cibare gli enormi ego dei militari e l’immaginario popolare di appartenere ad una grande nazione.
A cosa serve dotare di un’alleanza militare l’area centroamericana e caraibica?. Innanzi tutto a destabilizzare una regione –il Centroamerica- che vive di una pace zoppicante, figlia di anni di conflitti e ad aprire inquietanti interrogativi sul futuro della Colombia e delle Farc, che troveranno ora un alleato istituzionale e con soldi da investire.
Le armi servono per fare la voce grossa. Ad Ortega servono per tenersi dalla sua l’esercito nicaraguense, espressione di una rivoluzione monca e istituzione che sta cercando a fatica una sua via al servizio della democrazia. E gli fanno comodo per nascondere i problemi endemici della società nicaraguense, il cui destino manifesto sembra essere la povertà ed il sottosviluppo.
Alla Bolivia serve per fare paura alla potenza militare del Sudamerica, il Cile, che da più di un secolo gli sta negando un corridoio all’oceano Pacifico, tanto desiderato per esportare senza dazi le ricchezze del proprio sottosuolo.
Il Venezuela, non è una novità, lavora da anni per diventare la vera potenza latinoamericana del futuro. Raccoglie alleati in zona ed in giro per il mondo, firma trattati, potenzia l’Opec per mantenere intatta la dipendenza dal petrolio ed i suoi derivati, investe in nuovi organismi finanziari ed ora si butta anche sulla corsa armamentista. Vuole dominare e vuole fare paura, tutto sotto il marchio della rivoluzione bolivariana, un’operazione che –solo per citare l’aggettivo rivoluzionario- raccoglie simpatie in un’Europa sempre entusiasta dei movimenti latinoamericani –tanto esotici ed alla moda-, ma preoccupa invece i vicini. Non dimentichiamo che il sogno di Bolívar, che persegue Chávez, prevedeva non solo un’America Latina unita, ma anche lo sterminio totale dei suoi nemici, gli Spagnoli, contro i quali aveva dichiarato la “guerra a muerte”. In fondo, sia Bolívar che Chávez sono uomini d’arme.
La pace ha avuto un caro prezzo, per ottenerla si è dovuti passare per un lungo processo durato anni e che ha distrutto famiglie e diviso popoli. La gente oggi la sta provando ed ha deciso che gli piace. Con tutti i suoi difetti e le sue ingiustizie, è sempre meglio che la guerra. Ma i generali (e colonnelli) si sa, questo non lo possono tollerare.
Chávez ha detto che le forze armate devono rafforzarsi per fare fronte contro il nemico comune, che è lo stesso per tutti i firmatari dell’Alba. Il riferimento agli Stati Uniti è palese, ma viene da domandarsi: sono gli Usa una minaccia militare reale per la sicurezza di Venezuela, Bolivia e Nicaragua? Di Cuba?
La risposta è no. Anzi, gli Stati Uniti, con il dispendio di energie in Medio Oriente e la crisi interna, sono deboli come non mai. Chávez lo sa e proprio per questo ha annunciato la militarizzazione dell’Alba. Di accordi, triplici unioni, assi ne è piena la storia e sono sempre stati forieri di guerre e di tragedie di enormi dimensioni, già che il loro scopo è quello di cibare gli enormi ego dei militari e l’immaginario popolare di appartenere ad una grande nazione.
A cosa serve dotare di un’alleanza militare l’area centroamericana e caraibica?. Innanzi tutto a destabilizzare una regione –il Centroamerica- che vive di una pace zoppicante, figlia di anni di conflitti e ad aprire inquietanti interrogativi sul futuro della Colombia e delle Farc, che troveranno ora un alleato istituzionale e con soldi da investire.
Le armi servono per fare la voce grossa. Ad Ortega servono per tenersi dalla sua l’esercito nicaraguense, espressione di una rivoluzione monca e istituzione che sta cercando a fatica una sua via al servizio della democrazia. E gli fanno comodo per nascondere i problemi endemici della società nicaraguense, il cui destino manifesto sembra essere la povertà ed il sottosviluppo.
Alla Bolivia serve per fare paura alla potenza militare del Sudamerica, il Cile, che da più di un secolo gli sta negando un corridoio all’oceano Pacifico, tanto desiderato per esportare senza dazi le ricchezze del proprio sottosuolo.
Il Venezuela, non è una novità, lavora da anni per diventare la vera potenza latinoamericana del futuro. Raccoglie alleati in zona ed in giro per il mondo, firma trattati, potenzia l’Opec per mantenere intatta la dipendenza dal petrolio ed i suoi derivati, investe in nuovi organismi finanziari ed ora si butta anche sulla corsa armamentista. Vuole dominare e vuole fare paura, tutto sotto il marchio della rivoluzione bolivariana, un’operazione che –solo per citare l’aggettivo rivoluzionario- raccoglie simpatie in un’Europa sempre entusiasta dei movimenti latinoamericani –tanto esotici ed alla moda-, ma preoccupa invece i vicini. Non dimentichiamo che il sogno di Bolívar, che persegue Chávez, prevedeva non solo un’America Latina unita, ma anche lo sterminio totale dei suoi nemici, gli Spagnoli, contro i quali aveva dichiarato la “guerra a muerte”. In fondo, sia Bolívar che Chávez sono uomini d’arme.
La pace ha avuto un caro prezzo, per ottenerla si è dovuti passare per un lungo processo durato anni e che ha distrutto famiglie e diviso popoli. La gente oggi la sta provando ed ha deciso che gli piace. Con tutti i suoi difetti e le sue ingiustizie, è sempre meglio che la guerra. Ma i generali (e colonnelli) si sa, questo non lo possono tollerare.
Labels: America Latina
7 Comments:
"il dispendio di energie in Medio Oriente e la crisi interna, sono deboli come non mai" una tigre ferita e soprattutto affamata è molto pericolosa, non so se gli USA siano il vero nemico del Venezuela, ma so che la CIA ha organizzato diversi colpi di stato in America Latina.
Dangp, grazie per il tuo post. Restando fermo che la Cia ha organizzato e finanziato vari golpe in America Latina -e su questo siamo d'accordo-, ritengo fuori misura contrastare una guerra di spie con un'alleanza di questo calibro. Insomma, mi sembra più una scusa per giustificare la tendenza armamentista di Chávez e dei suoi alleati.
Non voglio fare il difensore di Chávez ( il suo tentativo di prolungare l'eleggibilità a vita non mi è piaciuto) ma con un vicino così pericoloso forse avrei fatto la stessa cosa.
L'Iraq insegna.
Concordo con campisi, anche eprchè oggi la CIA conta veramente un decimo di quella che era negli anni '60 o '70...di fatto, oggi come oggi, gli interessi americani non possono che essere altrove. ed infatti i vari Tlc proposti dagli Usa non sono altre che il tentatvi di "spostare" il controllo militare del territorio latino-americano verso un (più maneggevole e meno costoso) controllo economico, all'insegna del neo-liberismo. secondo washignton la "mano invisibile" dell'economia dovrebbe tener buona e sotto controllo l'america latina, mentre la politica estera usa è in altre faccende affaccendata. credo che la strategia migliore per il mercosur sua quella di rafforzare l'integrazione e l'alternativa economica. anche perchè - detto chiaro e tondo - se spera di lanciarsi in una guerra è matto da legare.
cmq complimenti per il post. io che studio "scienze internazionali" l'ho molto apprrezzato...mi sono sentito "a casa".
quello che stavo cercando, grazie
good start
molto intiresno, grazie
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