Nicaragua al buio
Avete voluto la liberalizzazione dei servizi basici? Ora, bisogna pagare i piatti rotti. Il Nicaragua è da settimane in seria crisi per quanto riguarda la fornitura di acqua potabile e di elettricità. Acqua e luce sono infatti razionate ed i black out sono diventati pane quotidiano: a volte manca la luce per dodici ore di seguito. La Unión Fenosa è l’azienda spagnola responsabile dell’erogazione del servizio elettrico. Un servizio che è sempre stato deficiente, al punto da spingere giovedì scorso la Corte dei conti a revocarle il contratto.
La Unión Fenosa distribuisce l’energia elettrica a buona parte del Nicaragua dall’anno 2000, al termine di una licitazione la cui legalità è ancora oggi fonte di inchiesta. Il clientelismo e la corruzione hanno fatto sì che l’azienda spagnola vincesse un concorso per un ruolo che dopo sei anni appare chiaro che è impossibilitata a compiere. Durante questi anni i nicaraguensi sono stati in ostaggio delle decisioni unilaterali dell’azienda: tagli al servizio, aumenti nelle tariffe, black out a discrezione, mentre lo Stato, che dovrebbe velare per gli interessi del cittadino, è stato a guardare.
“Piove poco” è stata una delle scuse trovate dai dirigenti della Fenosa sui black out degli ultimi giorni e ci si chiede allora perchè tante teste pensanti non siano state in grado di sviluppare un progetto che prevedesse anche questi imprevisti, così frequenti nei paesi tropicali.
Mercoledì e giovedì scorsi sono state giornate calde: centinaia di manifestanti si sono riversati per le strade, attaccando a pietrate le sedi della Unión Fenosa. Già nei mesi scorsi il malcontento popolare si era scatenato contro gli operai dell’azienda che, per ristabilire il flusso elettrico nei quartieri più pover,i erano costretti a lavorare scortati dalla polizia.
Effetti della liberalizzazione, quindi. La privatizzazione dei servizi essenziali per la popolazione (luce ed acqua soprattutto) era stata voluta dagli organismi internazionali per ridiscutere il debito estero nicaraguense. Un ricatto, insomma, di quelli a cui l’Fmi e gli istituti di credito ci hanno abituati per estendere il liberalismo in tutta l’America Latina. Un ricatto che, ancora una volta, genera le tensioni sociali che sono poi l’ultima istanza del rifiuto ad un mondo basato solo sul valore del commercio.
La Unión Fenosa distribuisce l’energia elettrica a buona parte del Nicaragua dall’anno 2000, al termine di una licitazione la cui legalità è ancora oggi fonte di inchiesta. Il clientelismo e la corruzione hanno fatto sì che l’azienda spagnola vincesse un concorso per un ruolo che dopo sei anni appare chiaro che è impossibilitata a compiere. Durante questi anni i nicaraguensi sono stati in ostaggio delle decisioni unilaterali dell’azienda: tagli al servizio, aumenti nelle tariffe, black out a discrezione, mentre lo Stato, che dovrebbe velare per gli interessi del cittadino, è stato a guardare.
“Piove poco” è stata una delle scuse trovate dai dirigenti della Fenosa sui black out degli ultimi giorni e ci si chiede allora perchè tante teste pensanti non siano state in grado di sviluppare un progetto che prevedesse anche questi imprevisti, così frequenti nei paesi tropicali.
Mercoledì e giovedì scorsi sono state giornate calde: centinaia di manifestanti si sono riversati per le strade, attaccando a pietrate le sedi della Unión Fenosa. Già nei mesi scorsi il malcontento popolare si era scatenato contro gli operai dell’azienda che, per ristabilire il flusso elettrico nei quartieri più pover,i erano costretti a lavorare scortati dalla polizia.
Effetti della liberalizzazione, quindi. La privatizzazione dei servizi essenziali per la popolazione (luce ed acqua soprattutto) era stata voluta dagli organismi internazionali per ridiscutere il debito estero nicaraguense. Un ricatto, insomma, di quelli a cui l’Fmi e gli istituti di credito ci hanno abituati per estendere il liberalismo in tutta l’America Latina. Un ricatto che, ancora una volta, genera le tensioni sociali che sono poi l’ultima istanza del rifiuto ad un mondo basato solo sul valore del commercio.
1 Comments:
che tristezza...
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