Colom per il Guatemala
Álvaro Colom è il nuovo presidente del Guatemala. Nel ballottaggio di domenica scorsa ha ottenuto quasi il 53% delle preferenze sul rivale, l’ex generale Otto Pérez, che si è fermato al 47%. Dopo una campagna violenta, che ha lasciato decine di morti, su tutto il processo elettorale ha pesato il solito inossidabile astensionismo, che ha fatto di queste elezioni una questione privata: alla fine, il 52% dei guatemaltechi non è andato a votare. Soddisfatti, però, gli osservatori internazionali: giá che Pérez ha riconosciuto la vittoria del rivale e che nella giornata del 4 novembre non ci sono stati morti ammazzati, per loro si è trattato di una “prova di maturità della democrazia guatemalteca”.
Evidentemente, i quasi cinquanta omicidi che hanno preceduto le elezioni, l’astensionismo galoppante ed il completo disinteresse di più della metà degli elettori non sono temi sufficientemente validi perchè gli osservatori parlino invece di una democrazia con gravissimi problemi.
Proprio a Colom, rappresentante di un centro-sinistra sul quale pesano molti interrogativi, toccherà l’arduo compito di ridare fiducia ad un paese che non ha mai saputo risanare le ferite della guerra interna di trentasei anni. Che a vincere sia stato lui e non Pérez è già di per sè un fatto positivo e l’aver invitato il suo rivale nel governo è un segno di scaltrezza politica che potrebbe fare bene al Guatemala. Colom sa che non può governare senza consenso e, se davvero vuole cambiare il Paese, avrà bisogno di mettersi d’accordo con chi davvero tira i fili del potere. La via delle riforme è lunga: il Guatemala è un malato sociale, rimane ora appurare fino a dove arrivi la volontà di guarirlo.
Colom si installerà il prossimo 14 gennaio.
Evidentemente, i quasi cinquanta omicidi che hanno preceduto le elezioni, l’astensionismo galoppante ed il completo disinteresse di più della metà degli elettori non sono temi sufficientemente validi perchè gli osservatori parlino invece di una democrazia con gravissimi problemi.
Proprio a Colom, rappresentante di un centro-sinistra sul quale pesano molti interrogativi, toccherà l’arduo compito di ridare fiducia ad un paese che non ha mai saputo risanare le ferite della guerra interna di trentasei anni. Che a vincere sia stato lui e non Pérez è già di per sè un fatto positivo e l’aver invitato il suo rivale nel governo è un segno di scaltrezza politica che potrebbe fare bene al Guatemala. Colom sa che non può governare senza consenso e, se davvero vuole cambiare il Paese, avrà bisogno di mettersi d’accordo con chi davvero tira i fili del potere. La via delle riforme è lunga: il Guatemala è un malato sociale, rimane ora appurare fino a dove arrivi la volontà di guarirlo.
Colom si installerà il prossimo 14 gennaio.
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