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"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Monday, October 22, 2007

Romero: una ferita aperta

Sono passati più di ventisette anni dalla morte di monsignor Romero, ucciso dagli sgherri di Roberto d’Aubuisson. La responsabilità dello Stato salvadoregno e dell’esercito (d’Aubuisson era maggiore) e la matrice politica (la destra lo voleva morto) non sono mai state un segreto su questo omicidio eccellente. I salvadoregni l’hanno sempre saputo e la destra –rappresentata da Arena, il partito fondato da d’Aubuisson stesso e al potere da quando è finita la guerra civile- si è sempre vantata di averlo fatto fuori.
L’arcivescovo di San Salvador, Fernando Sáenz Lacalle, ha chiesto ora che lo Stato si assuma le responsabilità di quell’assassinio. Con lui, e con la Commissione Interamericana per i diritti umani, si sono schierate un’ottantina di associazioni e lo Stato salvadoregno questa volta si è dovuto almeno sedere ad un tavolo per trattare.
È la prima volta che questo avviene da quando, sette anni fa, la Commissione Interamericana per i diritti umani, suggerì ai rappresentanti del Salvador di realizzare un’inchiesta esauriente sul crimine di monsignor Romero –gli autori materiali sono stati identificati, ma si tratta di dare ufficialità ai mandanti-, così come di varare una legislazione che censurasse la legge di amnistia che ha perdonato centinaia di criminali della guerra civile. Se su Romero c’è una timida apertura, per il momento sull’abrogazione della Legge sull’amnistia è buio completo. Sia Arena che l’oppositore Frente Farabundo Martí non hanno alcun interesse che le ferite della guerra vengano riaperte. I criminali, in fondo, sono proprio lì, seduti nel Congresso o nei posti di comando del Salvador della democrazia e della libertà.
Il documento della Commissione per la verità sui crimini di guerra nel Salvador:
http://virtual.ues.edu.sv/ce/comision/index.html


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