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"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Tuesday, August 07, 2007

L'eredità tradita di Esquipulas

Sono passati venti anni dalla firma del trattato di pace di Esquipulas. Domani si celebra questo anniversario, che segnò l’inizio del processo di pace della regione centroamericana, con una manifestazione ufficiale in Costa Rica. Tra tutti i presidenti spicca l’assenza di Daniel Ortega, ufficialmente impegnato a ricevere Lula a Managua, ma la cui reticenza ad incontrarsi con suo vicino, Oscar Arias, è ormai diventata celebre.
Differenze a parte, i due decenni trascorsi hanno dato maniera di vedere un Centroamerica cambiato, dove l’equazione pace uguale sviluppo non ha sempre dato il risultato atteso. Sono scomparsi gli estremi dittatoriali, c’è attenzione al rispetto dei diritti umani, democrazia e pluralismo politico si sono imposti, sebbene in processi lenti e che spesso si sono scontrati con il risentimento dei gruppi di potere. La macchina, però, nel suo insieme, funziona male, al punto che viene spontaneo chiedersi, quale sia stato il prezzo dello sviluppo.
La pacificazione ha portato all’accettazione del sistema economico neo liberale senza riserve, con il risultato di un peggioramento delle condizioni sociali dei paesi centroamericani. Le economie sono cresciute allo stesso tempo dell’irresponsabile mancanza di previdenza e di investimenti nel materiale più importante di qualsiasi economia e società: la gente. Gli indicatori generali sono migliorati, ma lo sforzo non è stato sufficiente. La breccia tra ricchi e poveri è aumentata e certe società, come quella guatemalteca e quella salvadoregna, sono degradate a tal punto che la maggioranza della popolazione vive in ostaggio di una delinquenza perniciosa e pericolosissima.
L’affanno di consegnare ogni settore della vita pubblica in mano privata ha svilito la presenza dello Stato al punto che le istituzioni vengono viste dai cittadini come associazioni a delinquere, dove è la corruzione a muovere le leve della relazione tra pubblico e privato.
L’errore generato da Esquipulas è stato proprio questo: credere che la soluzione ai mali del Centroamerica fosse lasciare il campo aperto all’impresa privata. I politici si sono trasformati in mercanti inibendo, con la loro attitudine, la crescita dello Stato come struttura ed entità democraticamente forte. La debolezza delle strutture statali si è amplificata nelle relazioni tra le nazioni, che sono state incapaci sinora di creare degli strumenti comuni validi per migliorare la vita dei cittadini, combattere la delinquenza ed il narcotraffico, facilitare il commercio o il trasporto all’interno della regione, favorire politiche sociali ed ambientali.
Il caso della Costa Rica è ormai lampante. Pur promuovendo il processo di pace, al punto di impossessarsi del Nobel che ne conseguì, successivamente non ha mai voluto saperne di aprire le proprie frontiere ad un’unione regionale di fatto. Il Parlacen (il parlamento centroamericano) è rimasto lettera morta, mentre altre iniziative, come il Tribunale Centroamericano di Giustizia, zoppicano proprio a causa della mancanza di quorum. In questo panorama il Cafta e il Plan Puebla Panamá rischiano solo di trasformarsi in sterili colossi economici, capaci solo di retroalimentare i grandi capitali che vi vengono e vi verranno iniettati, lasciando alle realtà locali solamente le briciole o, peggio, forti danni da pagare.
Non si possono però addossare le colpe della fallita coesione regionale solo alla Costa Rica. Tutti i paesi della regione hanno le proprie responsabilità, Nicaragua sandinista compreso, per una semplice ragione. Esquipulas aveva seminato una speranza: a raccoglierla, però, sono stati i pìù scaltri, gruppi di potere vecchi e nuovi che l’hanno trasformata in un’occasione di affari.
Buone vacanze a chi in vacanza ci va. Mi assenterò una settimana, per lavoro. Ci risentiremo tra pochi giorni.

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