La crociata di Lula
Lula sta viaggiando molto in questi ultimi mesi. Dall’Europa al continente americano, il presidente brasiliano non perde occasione e tribuna per dimostrare come il futuro del pianeta passi per il biocombustibile. L’equazione è semplice, anche troppo: la lotta alla povertà si vince usando l’etanolo, prodotto che guarda caso il suo Brasile fabbrica in grandi quantità.
La settimana scorsa Lula era in Centroamerica a cercare di convincere sia Calderón che Zelaya (Honduras) e Torrijos (Panama), ma soprattutto Daniel Ortega a passare dalla parte del biocombustibile. Non gli è andata molto bene, nonostante l’ex tornitore abbia più volte ricordato davanti ai giornalisti la vecchia amicizia che lo lega al leader sandinista. Tanti abbracci ed incontri all’insegna del “vogliamoci bene”, ma a parte quello Ortega preferisce tenersi stretto Chávez ed il tradizionale petrolio.
Non solo. Su etanolo e petrolio si gioca una partita speciale e in parte nuova, di come due leader della sinistra usino i mezzi di produzione per assumere il ruolo di leader in America Latina. Mentre Lula era in America Centrale, Chávez viaggiava in Argentina, Uruguay, Ecuador e Bolivia, riportando risultati senza dubbio più trascendentali.
Il Brasile torna alla base con le pive nel sacco (una pianta di etanolo è stata comunque inaugurata in Giamaica), ma tutto questo agitarsi sui biocombustibili e le sue vantate bontà mette alquanto a disagio. Il presidente brasiliano, mentre continua ad illustrare i lati positivi di questa energia, non risponde alle critiche sugli effetti che avrebbe sulle fonti di approvvigionamento alimentare. Anzi, perde spesso la pazienza, come se il rifiuto di bruciare mais per metterlo nel serbatoio di un’auto invece che mangiarselo, non fosse una lecita opposizione.Ortega pur nella sua verbosa dialettica, una cosa l’ha fatta capire nel suo rifiuto: lo zucchero ed il mais ci servono per alimentare i poveri.
La settimana scorsa Lula era in Centroamerica a cercare di convincere sia Calderón che Zelaya (Honduras) e Torrijos (Panama), ma soprattutto Daniel Ortega a passare dalla parte del biocombustibile. Non gli è andata molto bene, nonostante l’ex tornitore abbia più volte ricordato davanti ai giornalisti la vecchia amicizia che lo lega al leader sandinista. Tanti abbracci ed incontri all’insegna del “vogliamoci bene”, ma a parte quello Ortega preferisce tenersi stretto Chávez ed il tradizionale petrolio.
Non solo. Su etanolo e petrolio si gioca una partita speciale e in parte nuova, di come due leader della sinistra usino i mezzi di produzione per assumere il ruolo di leader in America Latina. Mentre Lula era in America Centrale, Chávez viaggiava in Argentina, Uruguay, Ecuador e Bolivia, riportando risultati senza dubbio più trascendentali.
Il Brasile torna alla base con le pive nel sacco (una pianta di etanolo è stata comunque inaugurata in Giamaica), ma tutto questo agitarsi sui biocombustibili e le sue vantate bontà mette alquanto a disagio. Il presidente brasiliano, mentre continua ad illustrare i lati positivi di questa energia, non risponde alle critiche sugli effetti che avrebbe sulle fonti di approvvigionamento alimentare. Anzi, perde spesso la pazienza, come se il rifiuto di bruciare mais per metterlo nel serbatoio di un’auto invece che mangiarselo, non fosse una lecita opposizione.Ortega pur nella sua verbosa dialettica, una cosa l’ha fatta capire nel suo rifiuto: lo zucchero ed il mais ci servono per alimentare i poveri.
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