Paraguay senza giustizia
Il primo agosto 2004 è una data che è rimasta incancellabile nel ricordo e nelle coscienze dei paraguayani. Quel giorno, verso mezzogiorno, un supermercato della catena Ycuá Bolaños nella capitale Asunción prese fuoco per il deficiente funzionamento di un sistema di aerazione. Centinaia di persone si trovarono intrappolate all’interno, trovando non solo le uscite di sicurezza sbarrate, ma anche quella principale chiusa per l’ordine diretto dei proprietari del supermercato.
Il numero totale dei morti non è mai stato completamente accertato: mentre le fonti ufficiali parlano di 392 vittime, è quasi sicuro che le persone rimaste soffocate o bruciate nella ressa furono più di cinquecento.
Si trattò di una tragedia immane, portataci nelle case dalla televisione, che mostrava i pompieri estrarre i corpi calcinati di donne, vecchi e bambini e le scene di disperazione di quanti riconoscevano tra le vittime i loro cari.
La ricostruzione della vicenda dimostrò come i proprietari del supermercato – Juan Pío Paiva e suo figlio Daniel- avessero dato l’ordine alle guardie private di proibire l’uscita a qualsiasi cliente: “Nessuno esce senza pagare” ordinarono. La gente all’esterno, resasi conto di quello che stava succedendo, iniziò a tirare pietre per rompere le vetrate e permettere alla gente di uscire. Il primo pompiere ad intervenire, ancora in abiti civili, dovette ritirarsi perchè una delle guardie gli sparò contro due colpi di pistola. Intanto dentro, la gente bruciava. Sedici bambini morirono mentre festeggiavano il compleanno di un loro compagno; altri trenta sono rimasti orfani per aver perso entrambi i genitori nella tragedia.
Il processo ha dimostrato come l’incendio fosse stato generato dalla corruzione e dall’avarizia: per cinque anni di funzionamento i funzionari municipali non avevano mai visitato le installazioni del supermercato per verificarne l’agibilità. I Paiva, cinici e orrendi solo al vederli, sono il classico prodotto della corruzione. Hanno elargito denaro a destra e a manca per e, ancora oggi, non dimostrano pietà per le migliaia di vittime che hanno provocato tra morti, orfani, ustionati.
Anzi, alla fine del processo farsa hanno ottenuto la più mite delle condanne: cinque anni per omicidio colposo. I giudici Manuel Aguirre ed Elio Ovelar non hanno ritenuto di dichiarare il dolo, per il quale la condanna era di venticinque anni: “L’ordine di chiudere le porte non comportava l’intenzione di uccidere” si legge nella sentenza.
Martedì, alla lettura, la rabbia della gente si è scatenata. Uno dei supermercati dei Paiva è stato saccheggiato, mentre i familiari delle vittime hanno distrutto l’aula del tribunale, cercando anche di bruciarla. I giudici sono scampati al linciaggio solo per l’intervento in forze della polizia. I disturbi sono continuati fino a mezzanotte in tutta la città, facendo più di cinquanta feriti. Se la giustizia non esiste, almeno c’è ancora chi ha la capacità di indignarsi.
Il numero totale dei morti non è mai stato completamente accertato: mentre le fonti ufficiali parlano di 392 vittime, è quasi sicuro che le persone rimaste soffocate o bruciate nella ressa furono più di cinquecento.
Si trattò di una tragedia immane, portataci nelle case dalla televisione, che mostrava i pompieri estrarre i corpi calcinati di donne, vecchi e bambini e le scene di disperazione di quanti riconoscevano tra le vittime i loro cari.
La ricostruzione della vicenda dimostrò come i proprietari del supermercato – Juan Pío Paiva e suo figlio Daniel- avessero dato l’ordine alle guardie private di proibire l’uscita a qualsiasi cliente: “Nessuno esce senza pagare” ordinarono. La gente all’esterno, resasi conto di quello che stava succedendo, iniziò a tirare pietre per rompere le vetrate e permettere alla gente di uscire. Il primo pompiere ad intervenire, ancora in abiti civili, dovette ritirarsi perchè una delle guardie gli sparò contro due colpi di pistola. Intanto dentro, la gente bruciava. Sedici bambini morirono mentre festeggiavano il compleanno di un loro compagno; altri trenta sono rimasti orfani per aver perso entrambi i genitori nella tragedia.
Il processo ha dimostrato come l’incendio fosse stato generato dalla corruzione e dall’avarizia: per cinque anni di funzionamento i funzionari municipali non avevano mai visitato le installazioni del supermercato per verificarne l’agibilità. I Paiva, cinici e orrendi solo al vederli, sono il classico prodotto della corruzione. Hanno elargito denaro a destra e a manca per e, ancora oggi, non dimostrano pietà per le migliaia di vittime che hanno provocato tra morti, orfani, ustionati.
Anzi, alla fine del processo farsa hanno ottenuto la più mite delle condanne: cinque anni per omicidio colposo. I giudici Manuel Aguirre ed Elio Ovelar non hanno ritenuto di dichiarare il dolo, per il quale la condanna era di venticinque anni: “L’ordine di chiudere le porte non comportava l’intenzione di uccidere” si legge nella sentenza.
Martedì, alla lettura, la rabbia della gente si è scatenata. Uno dei supermercati dei Paiva è stato saccheggiato, mentre i familiari delle vittime hanno distrutto l’aula del tribunale, cercando anche di bruciarla. I giudici sono scampati al linciaggio solo per l’intervento in forze della polizia. I disturbi sono continuati fino a mezzanotte in tutta la città, facendo più di cinquanta feriti. Se la giustizia non esiste, almeno c’è ancora chi ha la capacità di indignarsi.
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