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"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Thursday, November 09, 2006

Ortega e il potere

Vince Ortega ed ora tutti si chiedono cosa succederà in Nicaragua. Sono tra quelli che pensano che non accadrà nulla di speciale. Ortega è stato ed è il capo indiscusso del sandinismo rivoluzionario, ma dagli anni Settanta ad oggi di cose ne sono successe tantissime. L’Ortega di oggi non assomiglia minimamente a quello bardato dal fazzoletto rosso e nero che entrava nella Managua liberata dalla dittatura di Somoza. Si è avvicinato alla Chiesa cattolica (il cardinale Obando y Bravo suo nemico dichiarato, l’ha infine sposato con Rosario, la compagna di sempre), ha accettato il Cafta, ha sottoscritto il Patto di alleanza con il corrotto liberale Arnoldo Alemán, ha fatto votare ai suoi deputati, a sole due settimane dalle elezioni, una legge reazionaria e oscurantista come quella che proibisce in forma assoluta l’aborto. E veste di rosa.
Non è tutto, ovviamente. Ortega si è riunito più volte con gli imprenditori, promettendo completa apertura per gli investimenti e libertà di azione per i capitali. In una delle poche dichiarazioni alla stampa (quasi non rilascia interviste) ha esclamato: “Sono passati più di 25 anni dalla rivoluzione, tutti siamo cambiati. Lasciateci lavorare in pace”.
Chi ha scelto Ortega (il 38% di chi è andato a votare), l’ha fatto per una semplice ragione: sedici anni di governi liberali, di cosiddetta apertura democratica, non sono serviti a nulla. La corruzione è dilagata, il Paese non è cresciuto, i poveri sono costretti o a emigrare o a sopravvivere all’inedia. Il grande passo in avanti promesso dagli Alemán e dai Bolaños (ma anche dai Rizo e dai Montealegre in cerca di consenso) non c’è stato: anzi, il Nicaragua ha fatto come i gamberi. Sono state costruite ingenti opere pubbliche, questo sì, ma solo perchè la mordida, la mazzetta per i vari imprenditori e funzionari pubblici fosse più cospicua. Per il resto tutto è rimasto uguale, in un ambiente di mediocrità dove la dabbenaggine e la mancanza di previsione hanno generato ulteriori problemi: il black out elettrico ed il razionamento dell’acqua, per esempio, cose degne del XIX secolo.
Ortega è chiamato ad un difficile compito, ed esistono ragionevoli dubbi sulle capacità del suo gabinetto di proporre un’efficace politica economica. Il leader sandinista dovrà dimostrare che il suo ritorno alla presidenza non è solo ossessione per il potere, ma qualcosa di più. I nicaraguensi hanno bisogno di segnali forti e precisi, non solo di promesse da caudillo. Ieri sera, durante un discorso alla nazione, ha detto che seguirà le indicazioni dell'FMI e non muoverà i senatori del mondo finanziario locale dai loro posti. Che non sappia davvero che pesci pigliare in materia economica?
A remare contro, più che la destra nicaraguense, i sandinisti avranno gli Usa che, in quanto ad analisi geopolitica continuano ad essere degli asini. Bisognerà vedere ora se le minacce (l’ultima, incredibile, è quella di bloccare le rimesse che gli emigrati nicaraguensi inviano a casa) verranno applicate o se, come è giusto, da Washington lasceranno lavorare in pace tutti i nicaraguensi per coronare il futuro che si sono scelti.

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