Torrijos: l'uomo del destino
Venticinque anni –era il 1981- fa l’aereo con a bordo l’uomo forte di Panama, Omar Torrijos, si schiantava sulla montagna di Cerro Marta. Con lui finiva un’epoca e presto Panama si sarebbe adagiata nelle mani di Noriega e dei suoi traffici che mischiavano agenti segreti e narcotraffico.
Torrijos è stato, in un certo senso, l’uomo del destino di un paese fino ad allora privo di identità e che fu capace, nonostante le critiche e le accuse di despotismo, di dare a Panama un’autodeterminazione che in tutta la sua storia non aveva mai provato.
Uomo pragmatico, Torrijos aveva basato la sua intera opera nella consegna del Canale a mani panamensi. Approfittando della caduta dei repubblicani a Washington, affossati dal Watergate, insistette con Jimmy Carter per giungere ai negoziati: il trattato si fece nel 1977; il Canale sarebbe diventato panamense nel 2000, al sorgere del nuovo millennio.
I falchi del Congresso non gliela perdonarono mai e sulla sua morte l’ombra dell’attentato progettato dalla Cia è molto più che un sospetto. Lo dice apertamente John Perkins nel suo libro, dove mette su carta quello che sempre si è vociferato, ossia che l’operazione “Flying Hawk” fosse appunto l’eliminazione di Torrijos. D’altronde, la relazione tra l’uomo forte di Panama e gli Usa non fu mai all’acqua di rose. Torrijos male sopportava la presenza ingombrante delle truppe statunitensi e, soprattutto, che il suo paese potesse venire usato per aggredire i vicini. Sostenitore della rivoluzione sandinista, Torrijos aveva dato più volte asilo ai guerriglieri in fuga dalle ritorsioni di Somoza. Nel libro “Adiós muchachos” di Sergio Ramírez, l’ex vicepresidente sandinista ricorda come Torrijos avesse fatto minare i punti più critici del Canale. In caso gli Usa non avessero sottoscritto gli accordi, Torrijos avrebbe fatto saltare in aria le chiuse, scatenando uno scenario da guerra.
Proprio il Canale, per cui aveva sempre lottato, sarebbe stato il suo punto finale. Le pressioni per rinegoziare degli Usa e l’interesse di Torrijos a facilitare gli investimenti di altri paesi, ne segnarono la fine.
“Torrijos era uomo di lunghi silenzi” ricorda Ramírez “e quando parlava era d’obbligo prestare attenzione”.
“Nella casa di Farallón, di fronte al mare, Torrijos passava la maggior parte del tempo e lì, vestito con un abito da spiaggia risolveva i suoi affari, steso su un’amaca sulla quale si dondolava spingendosi con un piede, mentre fumava sigari Cohiba che gli mandavano da Cuba”. Un personaggio da libro, e infatti Graham Greene, che era rimasto stregato dalla sua personalità, gli dedicò il romanzo “Il Generale” (“Getting to know the general”, 1984) –di cui credo non esista traduzione italiana, tanto per cambiare-.
Su Torrijos, purtroppo, non esiste una buona letteratura internet. Il libro di Sergio Ramírez, ricco di personaggi dell'epoca, lo trovate da Frilli Editori: http://www.frillieditori.com/catalogo_controcorrente.htm
Torrijos è stato, in un certo senso, l’uomo del destino di un paese fino ad allora privo di identità e che fu capace, nonostante le critiche e le accuse di despotismo, di dare a Panama un’autodeterminazione che in tutta la sua storia non aveva mai provato.
Uomo pragmatico, Torrijos aveva basato la sua intera opera nella consegna del Canale a mani panamensi. Approfittando della caduta dei repubblicani a Washington, affossati dal Watergate, insistette con Jimmy Carter per giungere ai negoziati: il trattato si fece nel 1977; il Canale sarebbe diventato panamense nel 2000, al sorgere del nuovo millennio.
I falchi del Congresso non gliela perdonarono mai e sulla sua morte l’ombra dell’attentato progettato dalla Cia è molto più che un sospetto. Lo dice apertamente John Perkins nel suo libro, dove mette su carta quello che sempre si è vociferato, ossia che l’operazione “Flying Hawk” fosse appunto l’eliminazione di Torrijos. D’altronde, la relazione tra l’uomo forte di Panama e gli Usa non fu mai all’acqua di rose. Torrijos male sopportava la presenza ingombrante delle truppe statunitensi e, soprattutto, che il suo paese potesse venire usato per aggredire i vicini. Sostenitore della rivoluzione sandinista, Torrijos aveva dato più volte asilo ai guerriglieri in fuga dalle ritorsioni di Somoza. Nel libro “Adiós muchachos” di Sergio Ramírez, l’ex vicepresidente sandinista ricorda come Torrijos avesse fatto minare i punti più critici del Canale. In caso gli Usa non avessero sottoscritto gli accordi, Torrijos avrebbe fatto saltare in aria le chiuse, scatenando uno scenario da guerra.
Proprio il Canale, per cui aveva sempre lottato, sarebbe stato il suo punto finale. Le pressioni per rinegoziare degli Usa e l’interesse di Torrijos a facilitare gli investimenti di altri paesi, ne segnarono la fine.
“Torrijos era uomo di lunghi silenzi” ricorda Ramírez “e quando parlava era d’obbligo prestare attenzione”.
“Nella casa di Farallón, di fronte al mare, Torrijos passava la maggior parte del tempo e lì, vestito con un abito da spiaggia risolveva i suoi affari, steso su un’amaca sulla quale si dondolava spingendosi con un piede, mentre fumava sigari Cohiba che gli mandavano da Cuba”. Un personaggio da libro, e infatti Graham Greene, che era rimasto stregato dalla sua personalità, gli dedicò il romanzo “Il Generale” (“Getting to know the general”, 1984) –di cui credo non esista traduzione italiana, tanto per cambiare-.
Su Torrijos, purtroppo, non esiste una buona letteratura internet. Il libro di Sergio Ramírez, ricco di personaggi dell'epoca, lo trovate da Frilli Editori: http://www.frillieditori.com/catalogo_controcorrente.htm
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