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"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Sunday, June 11, 2006

La retorica dei pueblos hermanos

Pueblos hermanos, popoli fratelli. La definizione abbonda in tutta l’America Latina nelle sedi di raduni, dibattiti, incontri. L’espressione è consumata e rifritta, una sorta di talismano che si usa ogni qualvolta si cerchi di stabilire accettazione o gradimento nell’ambito di una riunione tra latinoamericani. Fedele alla tradizione barocca della lingua spagnola che si mostrava forbita e prosaica nelle relazioni pubbliche, l’espressione di pueblos hermanos non è che la dimostrazione pratica del diffuso potere della retorica.
I popoli fratelli, infatti, sono nella realtà sempre immersi in qualche battibecco. Proprio in questi giorni, argentini ed uruguagi si affrontano all’Aja –ed in forma tutt’altro che pacifica- per definire il futuro delle fabbriche di cellulosa sul fiume Uruguay. Una settimana fa Chávez ha sollevato un vespaio instando saggezza
al hermano pueblo peruano
perchè votasse per Humala. Sempre all’Aja, Costa Rica e Nicaragua stanno spendendo milioni di dollari, che farebbero molto meglio nel bilancio di qualche programma educativo, per sapere chi può o no transitare sul limitrofe fiume San Juan. Cileni e boliviani litigano da 120 anni per una guerra d’aggressione le cui conseguenze non sono ancora sopite. Ci si azzanna anche sulla farina. Una volta mi toccò assistere ad una accalorata discussione tra colombiani, venezuelani, messicani e centroamericani su quale fosse la migliore maniera di produrre il più innocente e comune dei cibi, la tortilla. Naturalmente, non mancarono gli insulti.
Quali popoli fratelli, quindi? La fratellanza delle nazioni latinoamericane vive sul piano della connivenza più della convivenza. Sono le occasioni a fare i governanti –e di conseguenza i popoli- amici o nemici. Simón Bolívar e la sua epopea vengono citati ogni qualvolta ci sia da ricordare l’origine comune dei latinoamericani, ciò nonostante lo stesso Bolívar aveva provato sulla propria pelle la volubilità dell’animo dei criollos, arrivando all’amara conclusione che non sarebbe mai stato possibile unire nord e sud, est e ovest. I localismi che avevano impedito il realizzarsi della proposta politica di Bolívar sono quelli che oggi, trasformati in nazionalismo, pongono la barriera più grande nelle relazioni tra gli stati latinoamericani.
La retorica sulla fratellanza funziona sempre. A parole siamo tutti fratelli. Sui fatti, lasciamo che a decidere siano gli organismi internazionali.

2 Comments:

Blogger doppiafila said...

Maurizio, sono completamente d'accordo con te. È importante chiarire certi concetti di fondo, altrimenti si continuerà a credere a panzane ottimisticheggianti come "l'Unione Sudamericana", magari diretta da Chavez... Sono molto piú fratelli italiani e francesi (che parlano lingue diverse e si sono combattuti 70 anni fa) che - ad esempio - colombiani e panamensi, che erano uniti 100 anni fa (ma che oggi non sono comunicati neppure da una strada asfaltata...)
Saluti, Doppiafila

8:29 AM  
Blogger maurizio campisi said...

Caro Doppiafila, a queste panzane ci crede probabilmente solo chi le usa come arma per ingannare le coscienze.
Mauro, che ci fanno le peruviane? Anche io sono sposato con una, faremo dieci anni ad agosto. E ti assicuro che con moglie peruviana e cognata cilena, le riunioni famigliari sono molto concitate, alla faccia, appunto, dei pueblos hermanos.
A presto,
Maurizio

7:57 AM  

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