Blog per i diritti umani
A partire da questa settimana cercherò di pubblicare ogni domenica un approfondimento su un tema della realtà latinoamericana. Iniziamo il nostro nuovo appuntamento domenicale con la protesta studentesca del Cile.
Qualcosa cambia in meglio. La protesta dei ragazzi cileni insegna che anche in America Latina è possibile usare la tecnologia per la difesa dei propri diritti. Ci eravamo abituati alle immagini provenienti da Santiago, quelle che mostravano i cortei dissipati dagli idranti e dai manganelli della polizia, non solo in epoca Pinochet ma anche nei democratici governi di Frei e Lagos. Telefonini, blog, internet sono state le armi che hanno amplificato la mobilitazione dei giorni scorsi, ma soprattutto che sono servite per denunciare gli abusi che i Carabineros erano abituati a commettere impunemente da tempo immemorabile. Il governo socialista ha così dovuto rimuovere i responsabili delle botte ai ragazzini che manifestavano per le strade di Santiago, obbligato a dare segnale chiaro alla società cilena e alla comunità internazionale che il Cile è un paese dove si rispettano le libertà. Decisione da applaudire, anche se di fronte alle prime emergenze del suo governo la Bachelet si sta caratterizzando per una pericolosa doppia morale: a parole appoggia le mobilitazioni, con i fatti no. Lo aveva già dimostrato con i Mapuche, presentandosi in Europa come paladina dei diritti umani in America Latina, salvo poi comportarsi in maniera distinta in sede nazionale.
Con gli studenti sta andando nella stessa maniera. “Avete ragione” ha detto loro, ma poi non ha fatto nessuna concessione, chiudendosi a riccio nella proverbiale testardaggine cilena. La protesta studentesca si sta trasformando così in uno scontro generazionale, dove la gratuità o no dell’abbonamento scolastico è diventato solo lo sfondo dove si combatte un braccio di ferro più profondo tra genitori e figli. Figli che, poi, non sono così ingenui come si vorrebbe far credere sui mezzi di comunicazione e che si pongono domande legittime: per esempio, cos’è un socialismo che non risponde alle domande della società? Perchè lo Stato permette la breccia nell’educazione sostenendo quella privata a scapito di quella pubblica?
La Concertación, che si vanta di essere illustrata e lungimirante, ha portato il Cile lontano, su una strada che però è lecito domandarsi dove porti. I ragazzi, che si sentono traditi da un socialismo che ritengono solo di facciata, lo stanno facendo. Che siano stati loro a denunciare i Carabineros, con le fotografie scattate in strada dai telefonini e con centinaia di blog da mostrare al mondo, ci dice anche che il governo di Bachelet ha poco interesse a muovere lo stato delle cose. Chissà che la protesta serva proprio a ricordare alla Concertación che la politica non è solo parole.
Una lunga lista sui blog degli studenti cileni:
http://www.emol.com/noticias/nacional/detalle/detallenoticias.asp?idnoticia=220547
Qualcosa cambia in meglio. La protesta dei ragazzi cileni insegna che anche in America Latina è possibile usare la tecnologia per la difesa dei propri diritti. Ci eravamo abituati alle immagini provenienti da Santiago, quelle che mostravano i cortei dissipati dagli idranti e dai manganelli della polizia, non solo in epoca Pinochet ma anche nei democratici governi di Frei e Lagos. Telefonini, blog, internet sono state le armi che hanno amplificato la mobilitazione dei giorni scorsi, ma soprattutto che sono servite per denunciare gli abusi che i Carabineros erano abituati a commettere impunemente da tempo immemorabile. Il governo socialista ha così dovuto rimuovere i responsabili delle botte ai ragazzini che manifestavano per le strade di Santiago, obbligato a dare segnale chiaro alla società cilena e alla comunità internazionale che il Cile è un paese dove si rispettano le libertà. Decisione da applaudire, anche se di fronte alle prime emergenze del suo governo la Bachelet si sta caratterizzando per una pericolosa doppia morale: a parole appoggia le mobilitazioni, con i fatti no. Lo aveva già dimostrato con i Mapuche, presentandosi in Europa come paladina dei diritti umani in America Latina, salvo poi comportarsi in maniera distinta in sede nazionale.
Con gli studenti sta andando nella stessa maniera. “Avete ragione” ha detto loro, ma poi non ha fatto nessuna concessione, chiudendosi a riccio nella proverbiale testardaggine cilena. La protesta studentesca si sta trasformando così in uno scontro generazionale, dove la gratuità o no dell’abbonamento scolastico è diventato solo lo sfondo dove si combatte un braccio di ferro più profondo tra genitori e figli. Figli che, poi, non sono così ingenui come si vorrebbe far credere sui mezzi di comunicazione e che si pongono domande legittime: per esempio, cos’è un socialismo che non risponde alle domande della società? Perchè lo Stato permette la breccia nell’educazione sostenendo quella privata a scapito di quella pubblica?
La Concertación, che si vanta di essere illustrata e lungimirante, ha portato il Cile lontano, su una strada che però è lecito domandarsi dove porti. I ragazzi, che si sentono traditi da un socialismo che ritengono solo di facciata, lo stanno facendo. Che siano stati loro a denunciare i Carabineros, con le fotografie scattate in strada dai telefonini e con centinaia di blog da mostrare al mondo, ci dice anche che il governo di Bachelet ha poco interesse a muovere lo stato delle cose. Chissà che la protesta serva proprio a ricordare alla Concertación che la politica non è solo parole.
Una lunga lista sui blog degli studenti cileni:
http://www.emol.com/noticias/nacional/detalle/detallenoticias.asp?idnoticia=220547
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