A 60 anni dal Nobel alla Mistral
Ricorrono i sessanta anni dal Premio Nobel per la letteratura insignito alla poetessa cilena Gabriela Mistral (Lucila Godoy, 1889-1957 –lo pseudonimo è tratto da Gabriele D’Annunzio e Federico Mistral, due poeti che ammirava-). Poco conosciuta in Italia, la Mistral è stata autrice intimista capace di racchiudere nelle sue poesie le immagini di un Cile ancora giovane e selvaggio. In quanto maestra destinata a diverse sedi, la Mistral ebbe occasione di conoscere a fondo il suo Paese. Del suo periodo in Patagonia appartiene questa poesia, “Desolazione”:
La bruma spessa, eterna, affinchè dimentichi dove mi ha gettato il mare nella sua onda di salamoia. La terra nella quale sono venuta non conosce la primavera: ha la sua notte lunga che, come madre, mi nasconde. Il vento fa alla mia casa la sua ronda di singhiozzi e di urlo, e spezza, come un cristallo, il mio grido. E nella pianura bianca, dall’orizzonte infinito, vedo morire immensi tramonti dolorosi.
Chi potrà chiamare colei che è venuta fino a qui se più lontano di lei sono andati solo i morti? Solo essi contemplano un mare silenzioso e rigido crescere tra le loro braccia e le braccia amate. Le navi le cui vele biancheggiano nel porto, vengono da terre dove non ci sono i miei; i loro uomini dagli occhi chiari non conoscono i miei fiumi e portano frutti pallidi, privi della luce dei miei orti. E la domanda che mi cresce in petto al vederli passare, si arresta, vinta: parlano strane lingue, e non la commossa lingua che nelle terre dell’oro la mia povera madre canta.
Guardo scendere la neve come polvere in una fossa; guardo crescere la nebbia come il moribondo, e per non impazzire non conto i momenti perchè la notte lunga sta solo per iniziare. Guardo la pianura estasiata e comprendo il suo lutto che viene al vedere i paesaggi mortali. La neve è la sembianza che si avvicina alle mie finestre; sempre sarà la sua lucentezza che scende dal cielo! Sempre essa, silenziosa, come il grande sguardo di Dio su di me; sempre il suo fior d’arancio sopra la mia casa; sempre, come il destino che non diminuisce nè passa, scenderà a coprirmi, terribile ed estasiata.
La traduzione, fatta al volo, è mia. Senza dubbio il sito più documentato sulla poetessa è quello dell’Università del Cile: http://www.gabrielamistral.uchile.cl/
La bruma spessa, eterna, affinchè dimentichi dove mi ha gettato il mare nella sua onda di salamoia. La terra nella quale sono venuta non conosce la primavera: ha la sua notte lunga che, come madre, mi nasconde. Il vento fa alla mia casa la sua ronda di singhiozzi e di urlo, e spezza, come un cristallo, il mio grido. E nella pianura bianca, dall’orizzonte infinito, vedo morire immensi tramonti dolorosi.
Chi potrà chiamare colei che è venuta fino a qui se più lontano di lei sono andati solo i morti? Solo essi contemplano un mare silenzioso e rigido crescere tra le loro braccia e le braccia amate. Le navi le cui vele biancheggiano nel porto, vengono da terre dove non ci sono i miei; i loro uomini dagli occhi chiari non conoscono i miei fiumi e portano frutti pallidi, privi della luce dei miei orti. E la domanda che mi cresce in petto al vederli passare, si arresta, vinta: parlano strane lingue, e non la commossa lingua che nelle terre dell’oro la mia povera madre canta.
Guardo scendere la neve come polvere in una fossa; guardo crescere la nebbia come il moribondo, e per non impazzire non conto i momenti perchè la notte lunga sta solo per iniziare. Guardo la pianura estasiata e comprendo il suo lutto che viene al vedere i paesaggi mortali. La neve è la sembianza che si avvicina alle mie finestre; sempre sarà la sua lucentezza che scende dal cielo! Sempre essa, silenziosa, come il grande sguardo di Dio su di me; sempre il suo fior d’arancio sopra la mia casa; sempre, come il destino che non diminuisce nè passa, scenderà a coprirmi, terribile ed estasiata.
La traduzione, fatta al volo, è mia. Senza dubbio il sito più documentato sulla poetessa è quello dell’Università del Cile: http://www.gabrielamistral.uchile.cl/
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