L'Ecuador al voto domenica
L’Ecuador è pronto per il referendum. Domenica si andrà alle urne dopo che solo questa settimana il paese è tornato a vivere di una certa legalità, con la ripresa delle attività del Congresso.
Gli elettori dovranno dire sì o no all'istituzione di una Assemblea costituente il cui compito sarà quello di elaborare una nuova costituzione. È questo il primo passo voluto dal presidente Correa per la riforma profonda dello Stato: da destra si clama allo scandalo, già che si verrebbe ad istituire la figura di un presidente-padrone; da sinistra, invece, l’invito è votare per la riforma che permetterebbe di affossare una volta per tutte il modello oligarchico e clientelista dello Stato attuale.
Il destino dell’Ecuador si muove su un filo molto labile e Correa sa perfettamente che dal cilindro del referendum non può che uscire un Sì. Otto presidenti in dieci anni, tre dei quali deposti da altrettante rivolte popolari, la dicono lunga su come sia difficile governare. Correa, dopo il colpo di mano che ha fatto quasi scomparire l’opposizione nel Congresso, sa che l’approvazione della Costituente è il prossimo indispensabile passo per disegnare il nuovo Stato e per questo ha moltiplicato le sue apparizioni in televisione e le dichiarazioni a giornali e mezzi di comunicazione. La sua popolarità è di nuovo aumentata ed è giunta, in certi sondaggi, fino ad un 70%. Stando a questi dati non dovrebbe essere difficile la vittoria nel referendum. Alcuni mettono già le mani avanti, come l’analista Ramiro Aguilar secondo cui la vittoria del sì non sarà una dimostrazione di appoggio a Correa, quanto il rifiuto del modello politico che è stato finora vigente. Nel linguaggio politico significa insomma che il presidente ha buone possibilità di fare passare il referendum e con questo aprire una nuova tappa per l’Ecuador.
Gli elettori dovranno dire sì o no all'istituzione di una Assemblea costituente il cui compito sarà quello di elaborare una nuova costituzione. È questo il primo passo voluto dal presidente Correa per la riforma profonda dello Stato: da destra si clama allo scandalo, già che si verrebbe ad istituire la figura di un presidente-padrone; da sinistra, invece, l’invito è votare per la riforma che permetterebbe di affossare una volta per tutte il modello oligarchico e clientelista dello Stato attuale.
Il destino dell’Ecuador si muove su un filo molto labile e Correa sa perfettamente che dal cilindro del referendum non può che uscire un Sì. Otto presidenti in dieci anni, tre dei quali deposti da altrettante rivolte popolari, la dicono lunga su come sia difficile governare. Correa, dopo il colpo di mano che ha fatto quasi scomparire l’opposizione nel Congresso, sa che l’approvazione della Costituente è il prossimo indispensabile passo per disegnare il nuovo Stato e per questo ha moltiplicato le sue apparizioni in televisione e le dichiarazioni a giornali e mezzi di comunicazione. La sua popolarità è di nuovo aumentata ed è giunta, in certi sondaggi, fino ad un 70%. Stando a questi dati non dovrebbe essere difficile la vittoria nel referendum. Alcuni mettono già le mani avanti, come l’analista Ramiro Aguilar secondo cui la vittoria del sì non sarà una dimostrazione di appoggio a Correa, quanto il rifiuto del modello politico che è stato finora vigente. Nel linguaggio politico significa insomma che il presidente ha buone possibilità di fare passare il referendum e con questo aprire una nuova tappa per l’Ecuador.
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