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"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Tuesday, February 13, 2007

Guatemala: meglio la mafia che la Menchú

Rigoberta Menchú ha annunciato la sua candidatura presidenziale, allo stesso tempo che la Chiesa cattolica ha denunciato la presenza dei cartelli del narcotraffico nelle prossime elezioni di settembre.
La candidatura ha già aperto un acrimonioso dibattito (come suole esserlo in Guatemala) sui meriti della Menchú. La classe dirigente guatemalteca (come quella boliviana e, in genere, di tutti i paesi con una forte presenza indigena) è gelosissima dei propri privilegi e chiara sul ruolo di dipendenza che le popolazioni autoctone devono ricoprire all’interno della società. Il processo in atto in Bolivia o in Ecuador spaventa e la possibilità che quello guatemalteco si trasformi nel prossimo governo a maggioranza indigena (secondo noi un processo irreversibile) mantiene la classe oligarchica –chiamiamola pure così- al bordo della crisi di nervi.
Basta dare un’occhiata ai corsivi sui giornali della destra, per rendersi conto del linciaggio morale a cui è sottoposta la Menchú (date un’occhiata a questo:
http://www.elperiodico.com.gt/es/20070212/opinion/36676/). La classe dirigente del Guatemala –ed i presidenti della cosiddetta “era democratica” l’hanno ampiamente dimostrato- continua ancora oggi ad avere nostalgia delle dittature dove sì le restrizioni e la repressione erano all’ordine del giorno, ma almeno si sapeva chi comandava.
L’idea radicata nel profondo di questa gente è che una come la Menchú, al massimo può servire come domestica nelle loro eleganti case. Difficili, quindi, da mandare giù che la “cholita” possa un giorno decidere le sorti del paese.
Meglio la mafia, quindi, i padroni del narcotraffico che portano con sè denaro e potere. La denuncia è stata fatta da monsignor Álvaro Ramazzini, che afferma come le cosche abbiano già piazzato i loro uomini nei posti più importanti della sfera pubblica.
Tornando alla notizia della candidatura della Menchú, mi sembra importante fare risaltare due cose: una che, secondo un sondaggio realizzato l’anno passato il 71,2% dei guatemaltechi voterebbe per un candidato indigeno; l’altro che il collettivo capitanato dalla Menchú parla già di quote di potere per schierarsi con un partito piuttosto che con un altro. Chi abbia pensato ad un estemporaneo fenomeno di folclore, può immediatamente ricredersi.

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