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"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Monday, June 19, 2006

Borges: la luce nell'oscurità

La scorsa settimana, il 14 giugno, si compivano i venti anni dalla morte di Jorge Luis Borges. Sono passati venti anni, ho pensato, quando mi sembra che fosse solamente ieri. Allora ero in qualche parte dell’Europa ed era appena uscito il primo disco che avessi registrato. La mia vita andava in una direzione diametralmente opposta a quella che ha poi preso. In qualche maniera somigliava ad uno dei racconti fantastici che Borges e Bioy Casares compartivano in una Buenos Aires che da terra del tango vedeva trasformate le sue strade e i suoi angoli in un mondo che flirtava con l’irreale. E se ci pensiamo bene, guardando al passato, ci sono momenti –mesi, anni- della nostra vita in cui è come se fossimo entrati nello specchio situato al fondo di un vicolo senza uscita e vissuto in un mondo parallelo.
Una bella intervista, dove Borges parla a lungo della sua cecità, è stata pubblicata su Diario del 9 giugno. Si può ascoltare in formato Mp3 su:
http://www.diario.it/?page=wl06060501
La cecità, come strumento per fare arte è stata per Borges come la sordità di Beethoven ed ha regalato i momenti migliori della letteratura dello scorso secolo. Borges, meglio di tanti che ci vedono benissimo, nell’oscurità ha trovato la luce.
Qui vi propongo la poesia “Un ciego”. La traduzione, non vogliatemene è stata fatta in tre minuti, è mia:
No sé cuál es la cara que me mira

cuando miro la cara del espejo;
no sé qué anciano acecha en su reflejo
con silenciosa y ya cansada ira.
Lento en mi sombra, con la mano exploro
mis invisibles rasgos. Un destello
me alcanza. He vislumbrado tu cabello
que es de ceniza o es aún de oro.
Repito que he perdido solamente
la vana superficie de las cosas.
El consuelo es de Milton y es valiente,
pero pienso en las letras y en las rosas.
Pienso que si pudiera ver mi cara
sabría quién soy en esta tarde rara.

Un cieco.

Non so qual’è il viso che mi osserva
Quando guardo il viso dello specchio;
non so che anziano spia nel suo riflesso
con silenziosa e già stanca rabbia.
Lento nella mia ombra, con la mano esploro
i miei tratti invisibili. Mi raggiunge
una folgorazione. Ho intravisto i tuoi capelli
che sono di cenere o forse ancora d’oro.
Ripeto che ho perso solamente
la vana superficie delle cose.
La consolazione è di Milton ed è coraggiosa,
tuttavia penso alla letteratura ed alle rose.
Penso che se potessi vedere il mio viso
Saprei chi sono in questo strano pomeriggio.

Sul Clarín, una pagina speciale con un testo in Real audio:
http://www.clarin.com/diario/especiales/Borges/html/Borges.html



1 Comments:

Blogger Marina Doria said...

qual è non vuole accento!

1:20 AM  

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