L'etno-nazionalismo che avanza
Il nuovo che avanza: Ollanta Humala continua a guidare i sondaggi delle elezioni peruviane del prossimo aprile. Nazionalista, indigenista, pericolosamente amante delle armi, Humala se eletto sarebbe un ennesimo tassello nell’America Latina che cambia. Ma dove va? Per conoscere chi è questo candidato, traduco l’intervista rilasciata a Tiempos del Mundo.
“La politica armamentista cilena ha rotto l’equilibrio strategico nella regione. Io vengo dall’ambito militare e la mia deformazione professionale mi direbbe di usare le armi. Non vogliamo però arrivare a questo. Dobbiamo costruire una politica di relazioni estere coerente, dove si incastri bene la difesa.
Giungeremo alla presidenza per qualsiasi cammino. Siamo nemici della globalizzazione, perchè vogliamo ristabilire nel Perú la vera democrazia, la etnodemocrazia.
Mentre il nazionalismo rappresenta un governo basato nella difesa del territorio, l’etnonazionalismo è il governo orgoglioso della razza, del sangue, della lingua e della geografia, per questo io mi sento identificato con la dottrina etnonazionalista.
Mentre la classe politica parla di sinistra, destra e centro, noi parliamo di nazionalismo. Vogliamo difendere la nazione da queste politiche che hanno trasformato il Perú in una nazione mercato, con un’economia primariamente d’esportazione. Il Trattato di libero commercio beneficerà solo piccoli settori, che non sono quelli che porteranno il paese allo sviluppo.
Ciò di cui abbiamo bisogno è costruire una forza militare moralmente forte e fisicamente dissuasiva. Poi, bisogna rafforzare e riattivare le industrie militari perchè oggi perfino gli stivali e le uniformi sono importati. Dobbiamo rafforzare le Forze armate perchè in questo momento non abbiamo nemmeno i soldi per la manutenzione degli aerei. In un anno ne sono caduti sei. Le forze dell’ordine non hanno nemmeno il telefono. Se uno vuole fare una denuncia, deve portarsi carta e penna e la mancia per il poliziotto. In queste condizioni il tema della sicurezza è davvero penoso.
La relazione che avevamo con la Spagna è la stessa che abbiamo ora con Washington. In realtà, in Perú non si decide niente. Il nostro programma economico si decide nel Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ed il ministro d’Economia del Perú è solamente un cassiere”.
C’è da preoccuparsi? Io dico di sì.
L’articolo originale si trova:
http://www.tdm.com/Perspectivas/2006/02/20060202-70980.htm
“La politica armamentista cilena ha rotto l’equilibrio strategico nella regione. Io vengo dall’ambito militare e la mia deformazione professionale mi direbbe di usare le armi. Non vogliamo però arrivare a questo. Dobbiamo costruire una politica di relazioni estere coerente, dove si incastri bene la difesa.
Giungeremo alla presidenza per qualsiasi cammino. Siamo nemici della globalizzazione, perchè vogliamo ristabilire nel Perú la vera democrazia, la etnodemocrazia.
Mentre il nazionalismo rappresenta un governo basato nella difesa del territorio, l’etnonazionalismo è il governo orgoglioso della razza, del sangue, della lingua e della geografia, per questo io mi sento identificato con la dottrina etnonazionalista.
Mentre la classe politica parla di sinistra, destra e centro, noi parliamo di nazionalismo. Vogliamo difendere la nazione da queste politiche che hanno trasformato il Perú in una nazione mercato, con un’economia primariamente d’esportazione. Il Trattato di libero commercio beneficerà solo piccoli settori, che non sono quelli che porteranno il paese allo sviluppo.
Ciò di cui abbiamo bisogno è costruire una forza militare moralmente forte e fisicamente dissuasiva. Poi, bisogna rafforzare e riattivare le industrie militari perchè oggi perfino gli stivali e le uniformi sono importati. Dobbiamo rafforzare le Forze armate perchè in questo momento non abbiamo nemmeno i soldi per la manutenzione degli aerei. In un anno ne sono caduti sei. Le forze dell’ordine non hanno nemmeno il telefono. Se uno vuole fare una denuncia, deve portarsi carta e penna e la mancia per il poliziotto. In queste condizioni il tema della sicurezza è davvero penoso.
La relazione che avevamo con la Spagna è la stessa che abbiamo ora con Washington. In realtà, in Perú non si decide niente. Il nostro programma economico si decide nel Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ed il ministro d’Economia del Perú è solamente un cassiere”.
C’è da preoccuparsi? Io dico di sì.
L’articolo originale si trova:
http://www.tdm.com/Perspectivas/2006/02/20060202-70980.htm
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