Name:

"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Tuesday, February 28, 2006

Il commercio, padrone del mondo

Álvaro Uribe è raggiante: la Colombia ha chiuso le negoziazioni con gli Usa per il Trattato di libero commercio. Si farà quindi e si farà presto. Buon per lui. E per chi altri? Ho avuto modo di seguire negli ultimi due anni le negoziazioni del Trattato di libero commercio tra Stati Uniti e i paesi centroamericani. Così come per la Colombia, l’agenda ha seguito uno stesso copione: in prima fila, i grandi luminari di Washington hanno messo le norme per la proprietà intellettuale, i diritti delle grandi case farmaceutiche, l’abolizione dei monopoli, la revisione delle sovvenzioni all’agricoltura e così via. Tematiche sociali: zero. Problematiche ambientali: meno zero. Sviluppo sostenibile: zero spaccato.
Insomma, i TLC sono una porcheria. Ridotti ai minimi termini, sono dei trattati pensati apposta per le industrie statunitensi (più qualche privilegiata azienda locale), le uniche che possono e per il loro capitale e per la loro organizzazione compiere con i requisiti.
Prendiamo il settore agricolo. Si chiede al contadino di rinnovarsi, di investire nella campagna per compiere con le nuove normative. Il contadino latinoamericano –se non è il classico proprietario di una hacienda- è in generale un poveraccio che non ha accesso al credito. Guadagna appena per mantenere la famiglia e cerca di vivacchiare sperando che non gli cadi dal cielo un Mitch o una siccità. Ugualmente, non otterrà aiuto dallo Stato che, pur firmando l’accordo, non ha conservato fondi da dirigere ai suoi settori più esposti. Risultato: il contadino non sa più dove piazzare i suoi prodotti. Se vuole sopravvivere, deve vendere la sua terra. A chi? Alla compagnia straniera, naturalmente, che ha come investire e che farà rendere –vendendoli più cari- quei prodotti che prima acquistavamo a buon prezzo. Dove finisce il contadino? A fare il disoccupato e così suo figlio, sua figlia e gli immancabili nipoti.
Tony Saca, il presidente del Salvador, è un altro di quelli che non stanno nella pelle. Mercoledì entrerà in vigore il Cafta (il Tlc) tra il suo Paese e gli Usa. Nel suo discorso ha ripetuto le stesse cose che abbiamo ascoltato dieci anni fa, quando ci parlavano delle bontà delle politiche neoliberali: più lavoro, più affari, maggiori redditi, meno povertà. Fatevi un giro nelle periferie di Bogotá, Lima, Città del Messico o anche solo, a dieci chilometri da qui, in quello che chiamano l’Infiernillo, il piccolo inferno, e poi spiegatemi cosa c’è di buono in queste politiche. E poi, soprattutto: cosa ci diranno tra altri dieci anni?

0 Comments:

Post a Comment

<< Home