blog americalatina

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"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Thursday, August 31, 2006

Aborto e scomunica

L’aborto praticato ad una bambina violentata dal patrigno e rimasta in cinta è valso la scomunica ai medici. Inflessibile, il cardinale Alfonso López Trujillo ha lanciato il suo anatema attraverso i microfoni di Radio RCN per i dottori della clinica Simón Bolívar di Bogotá. La bambina, di undici anni, veniva violentata sistematicamente dal patrigno da diversi anni.
Il caso ora è su tutti i media della Colombia e del mondo (si veda La Repubblica:
http://www.repubblica.it/2006/08/sezioni/esteri/colombia-scomunica-stuprata/colombia-scomunica-stuprata/colombia-scomunica-stuprata.html)
Conservatore, moralista, intransigente, il cardinale colombiano López è il presidente del Consiglio Pontificio per la Famiglia e passa la maggior parte del suo tempo a Roma. Nemico dichiarato della Teologia della Liberazione, si è sempre dimostrato intollerante riguardo l’aborto, l’uso dei preservativi e l’omosessualità. È stato lui a censurare le timide aperture di cardinal Martini riguardo questi temi, ponendo in dubbio di fronte alla stampa le conoscenze pastorali del suo collega. L’aver ridicolizzato Martini, prelato serio e dalla vasta esperienza, la dice lunga sul personaggio.
In seguito al putiferio scatenato dall’annuncio della scomunica, il cardinale ha fatto un passo indietro dicendo che –ancora una volta colpa dei media- è stato male interpretato: non ha scomunicato direttamente i medici, ha detto solo che la scomunica per questi casi è contemplata dal Diritto canonico. La spiegazione a viva voce è qui:
http://www.rcn.com.co/noticia.php3?nt=15121
Se vogliamo addentrarci nel torbido, leggetevi questo articolo: http://www.cardinalrating.com/cardinal_51__article_3060.htm sui soldi che il cardinale avrebbe ricevuto dal cartello di Pablo Escobar.
Il sito di Cardinalrating dispone inoltre di una vasta letteratura (anche in italiano) su López Trujillo:
http://www.cardinalrating.com/cardinal_51.htm
Insomma, anche in questo caso, invece di fare riflessione sul dramma di una bimba di undici anni, si è approfittato per riempirsi la bocca di grandi paroloni. Attenti: López è ambizioso e punta in alto, non a caso è stato ordinato cardinale giovanissimo, solo 46 anni.

Tuesday, August 29, 2006

Pinochet fans club

Il giudice Baltazár Garzón è in visita in Cile, dove gli è stata concessa la laurea honoris causa della Universidad Central. Il tema della giustizia e l’andamento delle procedure contro Pinochet sono stati al centro dei discorsi.
Garzón, oltre ad essere stato applaudito da centinaia di studenti nell’aula dell’ateneo, ha avuto modo di conoscere in prima persona il variegato gruppo di zitelle fanatiche di Pinochet. Ormai ridotte ad una quindicina, riescono comunque ad attrarre l’attenzione dei media che le mostra, ingioiellate ed impellicciate, mentre gridano improperi ai giudici di turno. Le simpatizzanti di Pinochet fanno parte di due gruppi dell’estrema destra, Unidad Nacional e Nacionalista 11 de Septiembre. Le signore, al limite dell’isterismo, hanno un vero culto per il generale golpista. La filosofia di queste pensionate annoiate è semplice: Pinochet non è un assassino, ha salvato il paese dalla minaccia comunista, è un salvatore. Lo gridano a pieni polmoni ogni qualvolta un tribunale chiama il loro protetto a dichiarare. I loro argomenti sono abbastanza superficiali, ma si sa, si fa di tutto pur di vincere la menopausa. La loro presenza, per fortuna, è più di colore che di sostanza. Per toccare con mano, fatevi un giro sul blog di questa fedele camerata:
http://pinochetista1.blog.terra.com
Garzón, tra le altre cose, si è recato a Villa Grimaldi, un antico centro di tortura della polizia segreta di Pinochet ed ora trasformato nel Parco della Pace. Magari, bisognerebbe chiedere alla signora Pinochetista1 se ci sia mai stata.

Saturday, August 26, 2006

Nicaragua al buio

Avete voluto la liberalizzazione dei servizi basici? Ora, bisogna pagare i piatti rotti. Il Nicaragua è da settimane in seria crisi per quanto riguarda la fornitura di acqua potabile e di elettricità. Acqua e luce sono infatti razionate ed i black out sono diventati pane quotidiano: a volte manca la luce per dodici ore di seguito. La Unión Fenosa è l’azienda spagnola responsabile dell’erogazione del servizio elettrico. Un servizio che è sempre stato deficiente, al punto da spingere giovedì scorso la Corte dei conti a revocarle il contratto.
La Unión Fenosa distribuisce l’energia elettrica a buona parte del Nicaragua dall’anno 2000, al termine di una licitazione la cui legalità è ancora oggi fonte di inchiesta. Il clientelismo e la corruzione hanno fatto sì che l’azienda spagnola vincesse un concorso per un ruolo che dopo sei anni appare chiaro che è impossibilitata a compiere. Durante questi anni i nicaraguensi sono stati in ostaggio delle decisioni unilaterali dell’azienda: tagli al servizio, aumenti nelle tariffe, black out a discrezione, mentre lo Stato, che dovrebbe velare per gli interessi del cittadino, è stato a guardare.
“Piove poco” è stata una delle scuse trovate dai dirigenti della Fenosa sui black out degli ultimi giorni e ci si chiede allora perchè tante teste pensanti non siano state in grado di sviluppare un progetto che prevedesse anche questi imprevisti, così frequenti nei paesi tropicali.
Mercoledì e giovedì scorsi sono state giornate calde: centinaia di manifestanti si sono riversati per le strade, attaccando a pietrate le sedi della Unión Fenosa. Già nei mesi scorsi il malcontento popolare si era scatenato contro gli operai dell’azienda che, per ristabilire il flusso elettrico nei quartieri più pover,i erano costretti a lavorare scortati dalla polizia.
Effetti della liberalizzazione, quindi. La privatizzazione dei servizi essenziali per la popolazione (luce ed acqua soprattutto) era stata voluta dagli organismi internazionali per ridiscutere il debito estero nicaraguense. Un ricatto, insomma, di quelli a cui l’Fmi e gli istituti di credito ci hanno abituati per estendere il liberalismo in tutta l’America Latina. Un ricatto che, ancora una volta, genera le tensioni sociali che sono poi l’ultima istanza del rifiuto ad un mondo basato solo sul valore del commercio.

Friday, August 25, 2006

Il compleanno di Mutis

Álvaro Mutis non è più un ragazzino e lo dimostra il fatto che compie oggi 83 anni. A lui siamo riconoscenti per avere inventato il personaggio di Maqroll, il gabbiere, che ci ha tenuto compagnia per lungo tempo e per diversi romanzi, insegnandoci l’arte impossibile della ricerca interiore. Lontano dall’essere considerato un eroe, Maqroll somiglia un poco a tutti noi, o almeno ci somiglia nella nostra parte più intima e nelle inquietudini che ci accompagnano latenti.
Sul realismo magico ha detto: “Dubito che sia esistito. È il tipo di formula che viene inventata in Europa per spiegare la letteratura latinoamericana. Con l’idea del realismo magico hanno pensato che si potesse spiegare tutto; tutto è realismo magico. E funziona. Pensano a García Márquez, per esempio, a “Cento anni di solitudine” e lo tacciano di realismo magico, dimenticando que questo stesso autore ha scritto “Nessuno scrive al colonnello” che è realtà, un libro nudo, meraviglioso dove non appare nulla che non sia quotidiano e terribile. In Francia questo si è trasformato in una mania: se viene dal Sudamerica deve essere realismo magico. Vorrei mi spiegassero qual’è il realismo magico… gli scrittori latinoamericani stanno descrivendo la loro verità. Non la stanno magnificando nè appare loro magica: e così e basta”.
Il resto dell’intervista:
http://www.ucm.es/info/especulo/numero7/mutis.htm
Alcune poesie in lingua originale: http://www.poesia-inter.net/indexamu.htm
La fondazione Mutis: www.fundacion-alvaromutis.org
Per chi se lo sia chiesto, la frase che accompagna il titolo del nostro blog è proprio di Mutis ed è l’incipit di “La última escala del tramp steamer” , L’ultimo scalo del tramp steamer (in italiano su Einaudi o Adelphi): http://www.unilibro.it/find_buy/result_scrittori.asp?scrittore=Mutis+Alvaro&idaff=0
Buon compleanno!

Wednesday, August 23, 2006

Ortega avanti nei sondaggi

Gli ultimi sondaggi in Nicaragua danno Daniel Ortega in vantaggio sul candidato conservatore, Eduardo Montealegre. La differenza è abbastanza importante, trattandosi di un 7% di punti percentuale. La tendenza ribalta quella che si era registrata a maggio, quando i due erano divisi di poco. Interessante è però il 20% ricavato dal Movimento di rinnovazione sandinista. Il suo candidato è Edmundo Jarquín, che ha sostituito Herty Lewites, il carismatico sindaco di Managua stroncato da un infarto nemmeno un paio di mesi fa. Pragmatico Daniel Ortega: “Non credo nei sondaggi. L’unico vero sondaggio è quello del 5 novembre”. Naturalmente, quella è la data delle elezioni.
In quanto ad anniversari, il 22 agosto (ricorreva ieri) del 1978 il Comandante Zero faceva irruzione nel Congresso della nazione, prendendo in ostaggio i parlamentari ed aprendo di fatto la rivoluzione (la foto è di quei giorni). Ho intervistato Edén Pastora, il Comandante Zero, quattro anni fa per Repubblica. Quell’intervista è ora disponibile in rete:
http://www.dweb.repubblica.it/dweb/dweb/2003/09/13/attualita/attualita/023zer36723.html

Tuesday, August 22, 2006

Il pensiero di Rigoberta

Rigoberta Menchú ha rilasciato nei giorni scorsi un’intervista a Gianni Beretta del Manifesto. Il pezzo è uscito il 18 agosto, probabilmente passato per lo più inosservato per le vacanze estive. Riporto quindi i passaggi dell’intervista che riguardano i temi che abbiamo trattato su questo blog.

Ordine d’arresto internazionale per Ríos Montt e gli altri genocidi:
Credo che l'ordine di arresto internazionale contro i responsabili del genocidio costituisca innanzitutto un trionfo per le vittime e i loro familiari, un riscatto della loro dignità e per la memoria dei loro morti. È poi un successo per la giustizia universale, che mette alla prova l'applicazione delle convenzioni internazionali contro i delitti di lesa umanità. Ma si tratta soprattutto di un test decisivo per l'efficacia dello stato e della giustizia guatemalteca; una sfida contro l'impunità. Credo che questo mandato di cattura presto o tardi sarà eseguito. Ma non sarà facile perchè i responsabili del terrorismo di stato, delle torture e delle mattanze del passato sono ancora molto influenti nella politica e nelle istituzioni. Non solo: posso affermare senza remore che questi gruppi sono alla testa della criminalità organizzata, del sistema di corruzione e del narcotraffico...
Governo e indigeni:
Devo riconoscere che questo governo ha ampliato gli spazi di partecipazione degli indigeni nelle istituzioni dello stato e nell'esecutivo. Svolgono un ruolo importante la Commissione presidenziale contro il razzismo e le discriminazioni, l'Accademia delle lingue maya, il Consiglio nazionale di educazione maya e il Coordinamento interistituzionale delle organizzazioni maya. Molti di noi ricoprono oggi incarichi di responsabilità. La battaglia l'abbiamo data. Forse non si vedrà ancora molto. Ma quando uno è rinchiuso in una gabbia dove ci sono più belve feroci che animali docili...
Il presidente Berger:
I miei rapporti con il presidente sono buoni. Il problema è che questo governo non ha i sufficienti rapporti di forza per far passare i suoi programmi in parlamento. Faccio un esempio: il Congresso non ha ancora approvato la legge per combattere il crimine organizzato; il Fronte repubblicano guatemalteco (il Frg di Rios Montt e di Alfonso Portillo, precedentemente al governo) vogliono emendarla con la non estradabilità dei narcotrafficanti cui sono legati. Pensate che tutti sanno chi sono e dove stanno i capi narcos, ma sono intoccabili: la loro capacità di intimidazione è più forte di quella repressiva dello stato. Rios Montt e Portillo prima di andarsene hanno creato per legge entità inquinate e infiltrato gli apparati dello stato con le mafie del crimine. Cosi' che l'attuale governo avrebbe pure buoni propositi ma è troppo debole...
Bande giovanili e dell'assassinio indiscriminato delle donne:
...Sono una nuova modalità di espressione della violenza che i boss della criminalità usano come proprio capitale d'investimento. Le modalità della violazione dei diritti umani in Guatemala oggi sono cambiate; ma per mantenere lo stesso risultato: la paura, la psicosi del terrore. Le mafie manipolano le maras che sono organizzate capillarmente nei quartieri dove esigono il pizzo da chiunque svolga un'attività: persino dall'anziana povera signora che vende zuppe all'angolo della strada. E la polizia, essa stessa intimidita, non riesce a intervenire. Tantomeno trova testimoni disposti a denunciare. Per questo capita pure che qualcuno finisca col farsi giustizia da sè. Anche il numero crescente di assassinii di giovani donne si consuma all'interno delle bande e delle mafie, con un ritorno prepotente del machismo, legato alla cultura del terrore. È urgentissimo lavorare per sostenere le istituzioni del sistema democratico prima che la sfiducia e la disperazione abbiamo definitivamente il sopravvento.
Un partito indigeno anche in Guatemala:
Quello dell'organizzazione è uno dei miei nahuales (energie spirituali) che più mi protegge in questo mondo. Fin da bambina mio padre mi ha insegnato a organizzare nella comunità. E da quando ho avuto il Nobel ho pensato a uno strumento politico che rendesse possibile la partecipazione delle popolazioni indigene al potere. Nel 1993 ci ho provato insieme ad altri leader conosciuti. Formammo il Kamal-E. Ma non funzionò perchè un gruppo maya che unisse diverse tendenze non piacque all'allora guerriglia e alla sinistra. Ci disperdemmo nella post-guerra ciascuno facendo preziosi censimenti del genocidio. Non rilanciai quell'idea per non dar corda a coloro che mi accusavano di voler figurare alla testa di ogni iniziativa senza avere una vera base sociale. Ho riflettuto molto su quelle critiche giungendo alla conclusione che non si trattava altro che dei soliti argomenti di chi imbraccia gli strumenti dell'oppressione e del razzismo. Volevano condizionarmi...
Sono una dirigente politica che ha ricevuto una missione dai suoi avi; e la devo compiere fino in fondo. Dunque, anche se non per le elezioni dell'anno prossimo, fonderò un partito indigeno. Qualcuno dice che voglio essere presidente della repubblica; se il destino lo vorrà sarò presidente del Guatemala.Il testo completo dell’intervista: http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/18-Agosto-2006/art43.html

Monday, August 21, 2006

Pinochet: li ha fatti fuori tutti lui

Allende, Letelier, Prats e ora anche Frei: la Dina, la polizia segreta di Pinochet, li faceva fuori proprio tutti. Altro che preservare il paese dal comunismo. Pinochet ha ucciso tutti i suoi oppositori senza importargli il colore politico: ad interessarlo era solo il potere. Le più recenti indagini sulla morte del fondatore della Democrazia Cristiana cilena, Eduardo Frei Montalva, hanno dimostrato che il politico ed ex presidente del Cile democratico (consegnò i poteri ad Allende) venne avvelenato mentre si riprendeva da una semplice operazione all’ernia. Ad avallare l’ipotesi è lo stesso chirurgo che lo aveva operato, Augusto Larraín, che dopo quel fatto (eravamo nel 1982) ha dovuto abbandonare il Cile perchè temeva per la propria vita.
L’esecutore materiale dell’avvelenamento sarebbe stato l’allora agente della Dina Eugenio Berríos. Questi, esperto chimico, avrebbe approfittato della notte per intossicare la ferita di Frei con una sostanza mortale e capace di non lasciare traccia. Si è anche trovata una testimone di quel fatto, un’infermiera che vide entrare un dottore sconosciuto nella camera del politico. Frei ebbe un’improvvisa ricaduta e morì in un paio di mesi.
Berríos, caduto in disgrazia, dovette abbandonare il Cile, ma la mano lunga della Dina lo colpì ugualmente: nel 1991 l’ex agente venne assassinato in Uruguay. Secondo il generale Héctor Ramírez, che fu capo della polizia segreta, l’ordine di eliminare Berríos venne direttamente da Pinochet.
Larraín ha sempre sostenuto che Frei venne avvelenato: ora, il caso è nelle mani del giudice Alejandro Madrid.
Una biografia su Frei Montalva:
http://www.memoriachilena.cl/mchilena01/temas/index.asp?id_ut=eduardofreimontalva(1911-1982)

Saturday, August 19, 2006

Terrorismo arabo in America Latina

In un paio di occasioni, negli anni passati, ho scritto dei reportage sul terrorismo arabo in America Latina. Il tema era considerato a torto secondario, di fronte all’escalation negli Usa ed in Europa. Ho sempre insistito che, invece, rivestiva un’importanza di tutto rilievo nella mappa del terrorismo internazionale. Ho sempre sostenuto, infatti, che le due bombe a Buenos Aires contro obiettivi giudei (l’ambasciata di Israele nel marzo 1992 e la Asociación Mutual de Israel nel luglio 1994) non fossero stati altro che una prova generale del clima di terrore ed intimidazione che sarebbe venuto negli anni a venire. In America Latina esistono cellule dei gruppi estremisti arabi che ricevono, proprio da qui, sovvenzioni e finanziamenti di tutto rispetto. Finora, però, questa pista si era guadagnata fama di essere piuttosto fantasiosa perchè priva di prove decisive. In particolare, facevo riferimento alla triplice frontiera dell’Iguazú, crocevia di genti e merci tra Argentina, Paraguay e Brasile dove commercianti e uomini di affari di origine araba sono praticamente i padroni dell’economia locale, che frutta milioni di dollari in contrabbando e altri traffici al limite della legalità.
Dico questo perchè ieri Hezbollah ha diramato un comunicato in cui per la prima volta ammette di ricevere fondi dall’America Latina, in particolare dall’Argentina. Questa affermazione riapre nuovamente la pista degli Hezbollah nei due attentati di Buenos Aires e dà infine ragione a quanto scrivevo anni fa.
Discutere se sia terrorismo o resistenza quello di Hezbollah è una facezia. Quello che possiamo vedere è il protrarsi di una guerra che lascia come risultato morti, desolazione e profonde ferite nella popolazione civile. Come amante della pace, quindi, non posso che condannare i mezzi usati da entrambe le parti e ripetere che, se la guerra esiste, è perchè fa comodo a tutti e due, a Israele e al braccio armato palestinese. Tutti e due sono colpevoli, perchè tutti e due sopravvivono grazie al terrore e alla paura. Soprattutto, sono dei nemici per tutti noi.
Sull’attentato del 1994 a Buenos Aires:
http://www.atentado-amia.com.ar/
Sulla presenza araba in America Latina:
http://news.bbc.co.uk/hi/spanish/specials/newsid_4294000/4294241.stm
Islam in Messico:
http://www.islammexico.org.mx/

Thursday, August 17, 2006

Strossner: il maestro dei dittatori

Alfredo Strossner è morto ieri in Brasile all’età di 93 anni. La CNN, in un eccesso di bontà –o forse è revisionismo- lo ha chiamato l’ex presidente del Paraguay. In realtà Strossner di presidente non ha avuto nulla, essendo stato il dittatore per eccellenza nell’America Latina del XX secolo. Quasi 35 anni ininterrotti di dittatura avevano fatto del Paraguay un paese sconosciuto al resto del mondo. Nessuna notizia filtrava fuori, gli oppositori venivano eliminati, il paese era praticamente blindato. Strossner e non Pinochet è stato il vero ideatore dell’operazione Condor, mirata a perseguitare gli oppositori all’ideologia fascista in tutto il continente americano.
Il nipote, Dominguez Strossner, ha così difeso l’operato del nonno: “Non si è mai pentito di ciò che ha fatto, ma il suo mondo era diverso da quello di oggi. Allora, c’era la guerra fredda, bisognava schierarsi tra comunismo e capitalismo, oriente ed occidente”.
Lo schieramento di Strossner è valso al suo paese un oscurantismo unico nella storia dell’America Latina. Il Paraguay è stato ridotto ad un feudo dove si doveva cieca obbedienza al Jefe, il Capo. Le violazioni dei diritti umani, durante il suo regime, furono sistematiche e mirate, dove la tortura era strumento legalizzato, eppure nessuno, Usa in testa, ha mai chiesto che Strossner pagasse per i misfatti compiuti. Il suo esilio in Brasile, dove ha vissuto gli ultimi anni, era dovuto non a procedimenti in corso, ma ad un provvedimento impostogli dal consuocero che lo aveva deposto.
Proprio lo stesso giorno della sua morte ad Asunción è stato inaugurato il Museo della Memoria che espone il terrore instaurato dal dittatore, con l’esposizione delle macchine per la tortura usate dalla polizia segreta. Durante il regime si calcola che morirono almeno trentamila persone, fatte sparire perchè contrarie al fascismo.

Wednesday, August 16, 2006

Non è poi così lontano

Ho preso anche io un paio di giorni di vacanza. Il 15 agosto qui si festeggiano le mamme e così ne ho approfittato per andare in giro con la famigliola. Nei giorni scorsi, però, sono stato a visitare il laboratorio spaziale di Franklin Chang. Di questa visita uscirà un reportage –probabilmente a ottobre- su Diario. Intanto, vi posso dire che ho visto il motore al plasma che dovrebbe portarci su Marte e ho conversato a lungo con il direttore del progetto, Ronald Chang. Il motore, a vederlo, non è niente di straordinario. Le sue dimensioni sono di 1.70 cm di lunghezza per 70 cm di diametro. La cosa fuori dal normale è la potenza che si scatena in quei pochi centimetri, capace di ridicolizzare gli attuali motori che portano lo Shuttle in orbita e di ridurre notevolmente anche i costi delle missioni.
Lo staff è composto da una decina di persone, tutti giovanissimi laureati presi dalle università della Costa Rica e con studi in corso in differenti Stati degli Usa. L’ambiente è di una squisita informalità: ognuno lavora dove meglio gli pare, attaccato al suo computer o a qualche pezzo. Non ci sono praticamente orari: i ragazzi lavorano a ritmo continuo e non hanno orari. Per mangiare hanno a disposizione una cuoca che cucina su richiesta (e che fa un caffè buonissimo).
Dopo 25 anni di studi, il VASIMR (così hanno battezzato il motore, sigla che sta per Variable Specific Impulse Magnetoplasma Rocket) sarà pronto alla fine del prossimo anno. La Nasa lo proverà probabilmente in una missione nel 2010 o nel 2011. Da lì, se funziona, andare su Marte sarà una sciocchezza.

Monday, August 14, 2006

Botte a gogò per medici e maestri

È difficile essere medici o maestri in Centroamerica. Stipendi da fame, pallottole della polizia, botte da orbi durante i cortei di protesta, alunni o pazienti che ti minacciano. Una volta, la società si reggeva grazie a queste figure simbolo. Insegnare e sanare: quali migliori esempi per la gente? Oggi, il governatore di Oaxaca, in Messico, Ulises Ruiz, ha già sulla sua coscienza almeno una decina di maestri morti ammazzati dalle sue truppe. In Honduras, va un po’ meglio: i maestri vengono “solo” presi a bastonate. Stessa sorte per i medici del Guatemala e del Nicaragua.
Cosa succede? Segno dei tempi e dei risultati delle tanto sbandierate ricette liberali. Le ragioni sono tante e si accumulano, prima fra tutte l’incapacità (o è meglio dire il disinteresse) dello Stato di applicare politiche sociali che plachino almeno in parte il disequilibrio creato dalle contingenze internazionali.
La gente ha necessità basiche e i salari sono perfettamente ridicoli.
Qual’è lo stato delle cose? In Guatemala, i medici sono in sciopero dal 10 agosto. Il movimento di protesta è stato graduale, in maniera da dare tempo alle autorità di provvedere ad una soluzione. Le ragioni? Negli ospedali pubblici manca di tutto, dalle garze fino alle sale operatorie che cadono a pezzi. Mancano in tutto 130 milioni di dollari. Lo Stato ha trovato la soluzione: nei prossimi giorni si assisterà alla militarizzazione degli ospedali pubblici. Ed i politici? Loro continueranno a farsi curare negli ospedali privati.
I maestri non stanno meglio. Ad Oaxaca, da quasi tre mesi i maestri (lo sciopero è iniziato il 22 maggio) chiedono che il governatore se ne vada. Quella che era iniziata come una protesta per ottenere migliori condizioni di lavoro ed un aumento salariale, è finita in carneficina. Il governatore Ruiz risolve così le vertenze sindacali. L’ultimo maestro morto è di giovedì scorso.
In Honduras, il governo ha invece finalmente accettato di accordare un aumento salariale ai maestri. Prima, però, i professori le hanno prese di santa ragione (50 feriti, alcuni per i colpi di arma da fuoco della polizia). Le busse sono servite a qualcosa: ora, guadagneranno 350 dollari al mese.

Sunday, August 13, 2006

Panama vuole "El Gordo" Alemán

Si complicano le cose per “El Gordo” Alemán. L’ex presidente del Nicaragua ha ricevuto ieri un ordine di cattura da parte delle autorità panamensi, che ne chiedono ora l’estradizione. Il provvedimento interessa anche la moglie Maria Fernanda Flores e due dei suoi più stretti collaboratori, l’ex direttore del Fisco, Byron Jerez Solís ed il suocero José Antonio Flores.
Alemán, durante il suo periodo presidenziale, aveva organizzato conti bancari e società in grado di riciclare tutto il denaro che si riusciva a deviare dalle finanze pubbliche. Finora gli inquirenti panamensi sono risaliti a 58 milioni di dollari, che Alemán aveva diviso equamente in 62 conti di dieci banche differenti.
Il caso di Alemán è sintomatico per quanto riguarda la relazione potere/corruzione. In cinque anni di presidenza ha visto la sua fortuna personale aumentare del 900%, dilapidando i beni dello Stato per il proprio benessere.
“...mentre il salario minimo di un muratore o di un operaio raggiunge a stento i cento dollari el señor presidente spende come si deve per uno della sua importanza: lo sfizio di due tappeti di fattura egiziana gli costa 22.000 dollari; per la festa di fidanzamento di una delle figlie stacca un assegno di 49.000 dollari; in due notti a Parigi versa diecimila dollari solo tra hotel e ristorante” scrivevo quattro anni fa su un articolo pubblicato da Diario.
A Panama, Alemán contava probabilmente di stabilirsi una volta lasciata la presidenza. Lo scandalo, però, lo aveva coinvolto quasi subito, non lasciandogli tempo di fuggire. Nella città del Canale “El Gordo” aveva infatti comperato anche una villa da 230.000 dollari e tre appartamenti nella zona dell’ex forte Clayton.
Paradossalmente, Alemán si troverà ora al sicuro solo in Nicaragua. I venti anni di prigione impostigli gli permettono, grazie ad una decisione scandalosa, una ampia libertà di movimento. Solo se dovesse uscire dal paese scatterebbe l’immediato ordine di cattura da parte dell’Interpol.
Sul Nicaragua vi ricordo il link dell’Associazione Italia Nicaragua, sempre puntuale sull’informazione che riguarda questo paese:
http://www.itanica.org/
Un termometro sulla corruzione in America Latina su questo blog: http://anticorrupcionamlat.blogspot.com/

Saturday, August 12, 2006

Digiuno per la pace

Ho ricevuto l’appello da Enrico Peyretti dell’iniziativa di “Digiuno per il dialogo” e lo trascrivo interamente.

“Vi aspettiamo sabato 12 agosto 2006 alle ore 18.00 difronte alla sede di Via Garibaldi 13, del Centro Studi Sereno Regis di Torino, per la consueta ora di silenzio e di protesta contro questa nuova tragedia in Medio Oriente. A sostegno dell'iniziativa internazionale di digiuno per il dialogo”.


Washington DC. Mercoledì 2 agosto 2006, cittadini Libanesi, Israeliani e Palestinesi hanno iniziato un digiuno a staffetta davanti al Dipartimento di Stato USA, assieme a molti altri da tutto il mondo. Il loro messaggio, condiviso da altri Musulmani, Cristiani ed Ebrei è: fermate le uccisioni e iniziate i negoziati con tutte le parti coinvolte.
Mubarak Awad dice “Come Libanesi, Israeliani e Palestinesi che vivono a Washington, facciamo appello agli Americani di tutte le confessioni perché mostrino la propria compassione per le vittime e la propria preoccupazione per la violenza di questi giorni promuovendo un digiuno per la pace e la giustizia. Il diritto alla vita è il più sacro di tutti”.
Edy Kaufman dice “Chiediamo al governo degli Stati Uniti e a tutte le parti in conflitto di avviare negoziazioni ufficiali o segrete invece di cercare di annientare l’altra parte. Parlate alla Siria, parlate a Hezbollah, parlate ad Hamas, parlate a Israele, e parlate all’Iran. Parlate, non uccidete. Tutte le parti hanno lamentele e preoccupazioni legittime da difendere. Affrontate queste questioni”.
Mohamed Abu Nimer dice “Stiamo portando avanti un digiuno, perfettamente consapevoli che il conflitto in Medioriente non si risolverà grazie a questa azione. Unitevi a noi in questo sciopero della fame per condividere la sofferenza di centinaia di civili innocenti che vengono assassinati, feriti, costretti a fuggire dalle proprie case, che non hanno più mezzi di sussistenza, e del numero incommensurabile di bambini che cresceranno con traumi molto profondi.”
Gli organizzatori si aspettano che migliaia di persone in Medioriente e nel resto del mondo si uniscano allo sforzo, digiunando da poche ore a 21 giorni, per chiedere agli USA e a tutte le parti di dialogare invece di uccidere. Tutti sono invitati a donare le somme risparmiate per i pasti mancati ad iniziative di pace e di soccorso umanitario, e ad incontrare i propri rappresentanti politici promuovendo soluzioni non militari al conflitto. Dobbiamo dialogare.

"LET US TALK" FAST: STOP THE KILLINGS AND START NEGOTIATING
Per maggiori informazioni:
www.nonviolenceinternational.net

Firmatari:
Prof. Muhammad Abu Nimer, USA/Israele; Prof. Mubarak Awad, USA/Palestina; Prof. Karim Crow, USA/Libano; Prof. Edy Kaufman, USA/Israele; Jonathan Kuttab, SA/Palestina; Michael Beer, USA/Germania; Barbara Wien, USA; Karim Awad, Canada/Palestina; Art Laffin, USA; Sami Awad, Palestina; Nayef Hashlamoun, Palestina; Barbara Hartford, USA; Kani Xulam, Kurdish/USA; Michael Kalmanovitz, Inghilterra.

Friday, August 11, 2006

Cellulosa e cellulite: nuovo round

Ieri si è scritto un nuovo capitolo della saga della cellulosa sul río Uruguay. A scendere in campo sono stati gli uruguayani, con una pubblicità che prende a prestito la foto (e il fondoschiena) di Evangelina Carrozo al summit di Vienna
A pubblicare l’annuncio è stato il giornale uruguayano El País. Oltre allo slogan (“Visitate Guaylegauychu”) il testo recita: “Vi sarà dimostrato che non esiste inquinamento e come sull’altra riva si stiano usando le più moderne tecnologie industriali, che non rappresentano nessun pericolo”.
E ancora un invito a visitare l’Uruguay “un paese amichevole e sicuro”.
L’iniziativa è la risposta, tra il serio ed il faceto, alla campagna che lanceranno gli argentini per boicottare l’Uruguay come meta turistica. I muri della capitale Buenos Aires saranno inondati nei prossimi mesi di manifesti che inviteranno i bonaerensi a non recarsi nel paese vicino per le vacanze estive.
Intanto Evangelina, di cui avevamo dato il blog personale (
http://evangelinacarrozo.blogspirit.com/) continua la sua scalata al successo. Dopo un tentativo di suicidio (annunciato nel blog, la pubblicità non è mai abbastanza), il prossimo passo sarà la partecipazione al Grande Fratello versione argentina. Anche i suoi fans hanno inaugurato un blog dove protezione dell’ambiente e fondoschiena si mischiano in maniera inquietante: http://evangelina-carrozo.blogspot.com/

Wednesday, August 09, 2006

Link ed interviste/6

Come muoiono los indocumentados. Ieri, nel tentativo di scappare alla pattuglia di frontiera ne sono morti nove in un incidente stradale a Yuma. Su The Sun c’è il video: http://sun.yumasun.com/video/carax8706.html
La mobilitazione degli studenti cileni non è mica finita. Ieri in duemila hanno protestato per le vie di Santiago. 110 di loro sono finiti in cella. Qui le immagini dei disordini: http://www.emol.com/sitiofotos10/fe/_portada/index.asp?IdClas=2&IdGal=2939
I giovani latinoamericani continuano a morire in Iraq. L’intervista a Yolanda Ramón, la madre di un ragazzo colombiano arruolatosi nei marines e morto in azione il 20 luglio a Ramadi: http://www.tdm.com/ZonaAndina/2006/08/20060803-0001.html
Aznár riesce a fare sempre notizia, quasi sempre per la sua stupidità. Invece di nascondersi e stare zitto, dopo l’ignominiosa commedia sugli attentati di Madrid, parla e parla nella ricerca com’è di ritrovare un posto al sole. Qualche mese fa vi avevamo detto della sua proposta di ergersi a paladino del liberalismo latinoamericano, oggi giustifica le bombe in Libano. Qui blatera a lungo sul terrorismo e in particolare auspica che la Nato debba attaccare tutti i nemici di Israele. Niente male come documento:
http://www.youtube.com/watch?v=w8coPjZzNSY&eurl=http%3A%2F%2Fherutx%2Eblogspot%2Ecom%2F2006%2F08%2Fentrevista%2Dal%2Dexpresidente%2Daznar%2Den%2Dla%2Ehtml
Bogotá compie gli anni. Qui diverse serie di fotografie della cittá: http://www.bogota-dc.com/fotos/foto-0.htm
A Santiago, invece, c’è la seconda edizione di Sanfic, mostra cinematografica. Su La Tercera cliccate al fondo sulla locandina della manifestazione: http://www.tercera.cl/lt3/portada/0,4427,3255_5658,00.html
Che succede in Messico? Sintonizzati su Radio Sabotaje: http://sabotaje.blogsome.com/

Tuesday, August 08, 2006

No más muertos

Pochi mesi fa avevamo dato notizia dei Minutemen (archivio di maggio), un gruppo di invasati guidato da Chris Simcox che pattuglia la frontiera tra gli Usa ed il Messico alla caccia di emigranti da acchiappare e consegnare alla polizia. Per fortuna i gringos non sono tutti dei cow-boy ignoranti. Sempre in Arizona opera l’organizzazione umanitaria No More Deaths, che si occupa della ricerca e del salvamento degli emigranti dispersi nel deserto.
Negli ultimi dieci anni sono stati almeno tremila i morti tra i latinoamericani che hanno cercato di attraversare il deserto inseguendo il sogno americano. Solo quest’anno si sono contate 124 vittime. Trattandosi di stime ufficiali è logico pensare che almeno un immigrante al giorno perda la vita nell’intento. Il fondatore di No More Deaths, John Fife, è convinto che ci sia una diretta relazione nell’aumento tra le morti e la militarizzazione della frontiera. Invece di servire da repellente, le nuove misure in materia migratoria costringono gli emigranti a cercare soluzioni disperate, gettandosi sulle più pericolose piste desertiche pur di raggiungere Tucson e le altre città della zona di confine.
Taciuto dalla stampa, No More Deaths porta ad esempio il caso di due sorelline di 11 e 17 anni che sono morte il mese scorso nel tentativo di attraversare il deserto per riunirsi con i genitori che lavoravano in Georgia. L’altra faccia dei discorsi trionfalistici di Bush è qui, nel profondo dell’Arizona, tra tragedie e drammi famigliari che nemmeno sfiorano i grandi capoccioni di Washington.
Il sito web di No More Deaths:
http://www.nomoredeaths.org/

Monday, August 07, 2006

Morales e Uribe: due maniere di scrivere la Storia

Si è insediata ieri, a Sucre, l’Assemblea costituente boliviana; oggi Uribe compirà il giuramento per il suo secondo mandato presidenziale in Colombia. Due notizie che contrastano per le differenze abissali che ne contraddistinguono i contesti. Da una parte c’è la Bolivia che vuole cancellare un passato ingombrante, spesso ignominioso, e scrivere pagine nuove della sua storia; dall’altra una Colombia che, invece, non solo non cambia registro, ma si mantiene ben afferrata a una stagnante logica di potere. I segnali sono chiaramente visibili.
Mentre a Sucre trentamila indigeni sono scesi ad accompagnare i lavori della Costituente e a chiedere un riconoscimento che manca dalla Conquista spagnola, a Bogotà lo stesso numero di persone –militari, ovviamente- è impegnato a velare per la sicurezza in una città barricata.
I colori cambiano secondo le latitudini e le imprese dei popoli. In Colombia impazza il verde militare, le tenute oscure di un’umanità tenuta in ostaggio; in Bolivia, i colori sono sgargianti, invitano alla festa e ai raduni. La bandiera inca, poi, ha gli stessi toni della bandiera della pace: quale migliore premonizione?
Evo Morales, almeno, ha già raggiunto uno scopo importante che è stato quello di ridare fiducia alla maggioranza dei boliviani. Ha speso tempo e risorse per preparare riforme e cambi ed ora si appresta a inaugurare una nuova Costituzione. In Colombia, niente di tutto questo e si sente. La Colombia sopravvive grazie ad una linfa speciale, che è la bellezza della sua gente, ma questo con chi legifera ha poco a che vedere. Uribe dice però di essere raggiante. Primo presidente colombiano ad essere rieletto, ricorda ai suoi detrattori come, con lui, siano diminuiti i sequestri e la disoccupazione. Riesce anche a fare passare per plebiscito il risultato delle recenti elezioni, dove l’astensionismo l’ha fatta da padrone. Non importa. L’importante è crederci ed Uribe lo fa bene. Bisognerebbe però chiedersi il perchè della scarsa affluenza di Capi di Stato alla cerimonia di oggi. La risposta è facile: Uribe è isolato. Uomo a cui non si addicono i colori sgargianti, deve barricarsi per ricevere i colleghi latinoamericani. Morales, sotto il cielo terso dei tremila metri di Sucre, ha giocato a pallone. C’è maniera e maniera di scrivere la storia.
Per seguire la cerimonia di re-insediamento di Uribe, come sempre l’invito è di leggere Bogotalia:
http://bogotalia.blogspot.com

Sunday, August 06, 2006

Manuale pratico di odio

Sto leggendo in questi giorni “Manuale pratico di odio”, nella versione italiana di Arcana Libri. L’autore è Ferréz, rapper e scrittore brasiliano che proprio sulla pagina bianca ha voluto inserire i tempi convulsi e rapidi del rap. Lo spaccato che ne viene fuori è quello di un Brasile dove la violenza, da qualsiasi parte venga, è all’ordine del giorno. Ferréz lancia messaggi sociali, illustra la decadenza di una società che non sembra avere possibilità di redenzione, ma quello che più garba nella lettura –non facile- è la descrizione delle piccole abitudini dei personaggi che ci proiettano direttamente nella quotidianità. E sono personaggi reali quelli che animano le pagine di Ferréz, che portano all’estremo tutta la loro carica emotiva. Possono piacere o no, ma non sono invenzione e questa è la parte più importante per capire il libro, il cui genere noir è solo una scusa per raccontare il disagio e la disperazione.
“Manual prático do ódio” ha avuto una veloce distribuzione, ed è stato tradotto praticamente in tutte le lingue principali. Ferréz, che ha 31 anni e si chiama in realtà Reginaldo Ferreira da Silva, ha anche un blog, ma è naturalmente in portoghese
http://ferrez.blogspot.com/
per cui un poco ostico anche per chi conosce lo spagnolo.
Arcana Libri (
http://www.arcanalibri.it/) continua a pubblicare buonissimi libri. Fate un giro sul suo catalogo, ne vale la pena.

Saturday, August 05, 2006

Noi siamo i cowboy

Giorgetto è tornato a casa dove si sente a suo agio. “Fa sempre bene lasciare Washington ed ancora meglio è per venire in Texas” ha esclamato ricevendo la inevitabile bordata di applausi. Bush è andato dai suoi per rassicurarli che il programma “Jump Start”, ossia l’operazione che ha dislocato la Guardia Nazionale alla frontiera con il Messico, procede nel migliore dei modi.
I numeri contano: in due mesi, i baldi riservisti hanno beccato 2500 illegali che sono stati quindi rispediti al mittente. Il numero dei soldati è intanto aumentato a seimila unità, giusto per non farsi trovare impreparati. Bush ha approfittato l’occasione per ribadire la convinzione che la riforma migratoria non conceda agli indocumentados il diritto della trafila giudiziale ma che, una volta arrestati, siano direttamente ributtati indietro senza tanti complimenti.
Come fare però di fronte alla scarsità di manodopera?
Dobbiamo capire che ci sono persone che vengono a fare i lavori che noi già non facciamo” ha detto Bush profilando già la soluzione: “Per questo daremo dei permessi perchè i lavoratori si fermino un poco di tempo”. Ossia, venite, vi spremiamo per bene e poi vi diamo un calcio in culo.

Friday, August 04, 2006

Messico e nuvole

Io non ne ho trovato traccia sui giornali italiani. E voi? Il Messico sta vivendo giorni impetuosi, con mezzo paese in protesta, eppure visto da fuori sembra tutto normale. Forse le adunate oceaniche, la protesta civile dell’opposizione a delle elezioni discusse non rientrano nei piani di chi vuole la sinistra (termine improprio, comunque) latinoamericana rissosa e zòtica.
Probabilmente i simpatizzanti di López Obrador –progressisti, di una sinistra simile a quella europea- potrebbero diventare notizia solo se spaccassero tutto. Allora sì, diventerebbero i facinorosi comunisti (parte della multinazione del male?) scatenati nelle piazze da un millantatore avido di potere. Ma così, un milione di persone che manifesta pacificamente per le strade di Città del Messico, che notizia è?
Certo, ci sono picchetti e blocchi stradali, ma siamo lontani dalle ridde sanguinarie e dalle orde in stile black bloc. I messicani che si dicono truffati sono persone stufe di dover accettare supinamente un sistema che non propone mai cambiamenti, ma solo una sterile continuità nel potere dei soliti gruppi.
Che se ne parli, ed in toni di dibattito e di confronto, è chiedere troppo. Insomma, non fa notizia. Meglio un Chávez da Lukashenko e pronto ad armarsi sino ai denti, congetturando chissà quale invasione che un López Obrador che chiede solo un ricontrollo dei voti.
Perchè si sappia (si veda la foto) lo zócalo appare oggi occupato dai tendoni dell’AMLO. El Universal ha pubblicato vari fotoreportage sugli accampamenti nel centro della capitale:
http://www.eluniversal.com.mx/graficos/a/fotos_amlo/amlo2.htm#
Sempre nella prima pagina dell’Universal c’è il video della protesta davanti alla Borsa.
Sulle attività e gli avvenimenti di questi giorni si può seguire il blog Zapateando
http://zapateando.wordpress.com/
Come sempre, per completare l’informazione, vi posto anche il blog contro López Obrador: http://contra_lopez_obrador.blogspot.com/

Thursday, August 03, 2006

La riabilitazione di un uomo solo

Enrique Angelelli era un uomo solo. Vescovo de la Rioja –stiamo parlando dell’Argentina delle Giunte militari- vide farsi il vuoto attorno a sè, con l’omicidio durante la dittatura dei suoi più stretti collaboratori, i sacerdoti Carlos Murias e Gabriel Longueville ed il laico Wenceslao Pedernera.
Il prossimo sarò io” ripeteva ai suoi fedeli. Detto e fatto. Il 4 agosto 1976 perse la vita in un incidente che per anni venne considerato accidentale. Niente di tutto questo, naturalmente. La morte di Angelelli fu un altro dei crimini della dittatura, perpetrato nel silenzio più completo, già che nemmeno la Chiesa seppe difendere prima e poi chiarire almeno le cause della morte del suo prelato.
Angelelli aveva più volte confessato ai suoi collaboratori che l’Episcopato non lo ascoltava. Uomo vicino ai valori sociali, soffriva nel vedere le torture della dittatura, al punto da divenire scomodo ai generali e ai suoi stessi compagni. All’interno delle alte gerarchie della Chiesa cattolica erano in tanti, allora, ad appoggiare l’operato delle forze armate e le proteste di Angelelli erano diventate un problema per molti. Chiamato a Roma, fu redarguito dallo stesso Paolo VI, che gli consigliò di attenersi alle istruzioni che avrebbe ricevuto espressamente dai suoi superiori. Quando Angelelli morì, il cardinale di Córdoba, Raúl Primatesta, insistette a lungo con le autorità e con i media perchè non si cercassero altri motivi del decesso.
L’incidente di Angelelli fu invece provocato. Oggi si conoscono anche i nomi degli autori materiali del crimine (un capitano e due sergenti) che conducevano l’auto bianca che provocò che la Fiat del vescovo uscisse di strada. Sbalzato dall’auto, ma ancora vivo, Angelelli venne finito con un colpo di un oggetto contundente che gli fracassò il cranio.
Ne parliamo perchè oggi la Chiesa cattolica argentina ha finalmente il coraggio di ammettere quello che la società civile ha già riconosciuto da anni, ossia che Angelelli fu ucciso. L’episcopato argentino ha sempre taciuto, preferendo l’omertà alla difesa di un suo vescovo per non rivelare il convinto appoggio con cui aveva sempre sostenuto la dittatura ed il terrore. Ad averne avuto il coraggio è l’arcivescovo Carmelo Giacquinta: venerdì il cardinale Bergoglio –ambiguo nei suoi rapporti con la dittatura- riabiliterà Angelelli durante la sua visita a La Rioja per commemorare i 30 anni dalla sua scomparsa.
Horacio Verbitsky ha scritto molto sulla partecipazione degli alti prelati argentini alla dittatura. Un articolo sul cardinale Bergoglio, campione dei gesuiti:
http://www.iade.org.ar/iade/Recomendados/NP/Art/papalidades.html
Una pagina dedicata all’opera di monsignor Angelelli:
http://usuarios.lycos.es/angelelli/
Letteratura web su Angelelli: http://www.elortiba.org/angelelli.html

Wednesday, August 02, 2006

Dopo di lui, il diluvio

L'altra sera alla tivù cubana è stato letto il comunicato con cui Fidel Castro lasciava temporalmente per motivi di salute il potere principale dello Stato a suo fratello Raúl. L’ambiente era di sussiego e preoccupazione, in netto contrasto con la CNN latina, che mostrava i caroselli su duecento metri di strada a Miami, dove gli anticastristi si sono divertiti per ore a fare vasche in macchina e a farsi intervistare dai media Usa. Tutto questo mentre l’analista Andrés Oppenheimer in studio, cinico e antipatico come sempre, pontificava sulla necessità di riportare Cuba alla democrazia.
In Italia? Il Corriere della Sera enfatizza nella prima pagina “Passo indietro di Castro. I poteri al fratello”. Perchè passo indietro? Ma Castro non ha sempre detto che dopo di lui sarebbe toccato a Raúl? Più seri all’estero. El Mundo spagnolo ha dato una testimonianza diretta del primo giorno all’Avana senza Fidel:
http://www.elmundo.es/elmundo/2006/08/01/internacional/1154445178.html
L’atmosfera che si vive a Cuba non è quella festaiola che buona parte dei mezzi di informazione (?) si augura. C’è rispetto per Fidel e c’è incertezza per il futuro, indignazione per i caroselli degli espatriati. Il dopo Fidel è molto più serio di quanto si creda a Miami, dove si è brindato con mojitos per un futuro che invece deve preoccupare e molto.
Fidel probabilmente passerà anche questa, ma rimane l’interrogativo su cosa succederà dopo di lui. Gli Usa ed il forte movimento anticastrista in esilio pensano di avere loro il diritto di decidere, secondo la loro logica distorta di dovere arrogarsi le scelte degli altri. L’unico ad avere questo diritto è il popolo cubano, quello che vive a Cuba. I cubani di Miami non amano la loro isola, sia ben chiaro. Vedono in essa solo l’opportunità di fare degli affari, di trasformare il Malecón in un grande distesa di K-Mart e McDonald, la stessa malinconica porcheria che si può vedere ormai in quasi ogni latitudine. È una questione di potere, non di bandiere politiche. I diritti umani, la democrazia, il regime altro non sono che retorica.
Sull’argomento, il Clarín ha pubblicato un buon editoriale:
http://www.clarin.com/diario/2006/08/01/um/m-01244428.htm

Tuesday, August 01, 2006

Link ed interviste/5

Veniamo alla nostra abituale rassegna settimanale.
Innanzi tutto Castro. Su Granma c’è il messaggio integrale con cui ha delegato le sue funzioni prima di entrare in sala operatoria: http://www.granma.cu/espanol/2006/julio/lun31/proclama-e.html

Eduardo Galeano è intervenuto sul nuovo conflitto in Medio Oriente. Il Manifesto ha pubblicato il suo articolo e http://verosudamerica.blogspot.com ne ha riportato i passaggi salienti. Ogni tanto fa bene leggere qualche voce fuori dal coro, già che Corriere, Stampa e tutta la bella compagnia dei più diffusi quotidiani italiani continua a berciare e a pubblicare editoriali sulle ragioni di Israele.
http://bogotalia.blogspot.com invece pubblica un resoconto dell’intervista a Virginia Vallejo, che fu l’amante di Pablo Escobar. Le sue rivelazioni confermano il complotto che Escobar ordì con il ministro Santofimio per eliminare il candidato presidenziale Luis Carlos Galán.
Chávez è una minaccia per la democrazia: Bush ne è convinto e lo ribadisce attraverso il suo canale privilegiato, quello di Fox News. In audio l’intervista con il presidente Usa su:
http://www.foxnews.com/
López Obrador non molla: “Sono io il presidente” ha dichiarato la settimana scorsa e per dimostrarlo ha mobilitato la solita milionata di persone a protestare per le strade di Città del Messico. Sul suo sito c’è la lettera che ha inviato a Felipe Calderón per invitarlo al riconteggio dei voti: http://www.amlo.org.mx/
Francis Fukuyama è in Cile e parla sul futuro dell’America Latina. L’intervista fatta dal Mercurio allo storico della fine della Storia è riportata (in spagnolo) su: http://www.kreachile.cl/?p=558
Le foto. L’argentina Prensa de Frente parla di diritti umani e lo fa attraverso le immagini: http://www.prensadefrente.org/pdfb2/index.php/fot/2006/07/30/p1844
esibendo il degrado della periferia sud di Buenos Aires.