blog americalatina

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"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Monday, July 31, 2006

Torrijos: l'uomo del destino

Venticinque anni –era il 1981- fa l’aereo con a bordo l’uomo forte di Panama, Omar Torrijos, si schiantava sulla montagna di Cerro Marta. Con lui finiva un’epoca e presto Panama si sarebbe adagiata nelle mani di Noriega e dei suoi traffici che mischiavano agenti segreti e narcotraffico.
Torrijos è stato, in un certo senso, l’uomo del destino di un paese fino ad allora privo di identità e che fu capace, nonostante le critiche e le accuse di despotismo, di dare a Panama un’autodeterminazione che in tutta la sua storia non aveva mai provato.
Uomo pragmatico, Torrijos aveva basato la sua intera opera nella consegna del Canale a mani panamensi. Approfittando della caduta dei repubblicani a Washington, affossati dal Watergate, insistette con Jimmy Carter per giungere ai negoziati: il trattato si fece nel 1977; il Canale sarebbe diventato panamense nel 2000, al sorgere del nuovo millennio.
I falchi del Congresso non gliela perdonarono mai e sulla sua morte l’ombra dell’attentato progettato dalla Cia è molto più che un sospetto. Lo dice apertamente John Perkins nel suo libro, dove mette su carta quello che sempre si è vociferato, ossia che l’operazione “Flying Hawk” fosse appunto l’eliminazione di Torrijos. D’altronde, la relazione tra l’uomo forte di Panama e gli Usa non fu mai all’acqua di rose. Torrijos male sopportava la presenza ingombrante delle truppe statunitensi e, soprattutto, che il suo paese potesse venire usato per aggredire i vicini. Sostenitore della rivoluzione sandinista, Torrijos aveva dato più volte asilo ai guerriglieri in fuga dalle ritorsioni di Somoza. Nel libro “Adiós muchachos” di Sergio Ramírez, l’ex vicepresidente sandinista ricorda come Torrijos avesse fatto minare i punti più critici del Canale. In caso gli Usa non avessero sottoscritto gli accordi, Torrijos avrebbe fatto saltare in aria le chiuse, scatenando uno scenario da guerra.
Proprio il Canale, per cui aveva sempre lottato, sarebbe stato il suo punto finale. Le pressioni per rinegoziare degli Usa e l’interesse di Torrijos a facilitare gli investimenti di altri paesi, ne segnarono la fine.
Torrijos era uomo di lunghi silenzi” ricorda Ramírez “e quando parlava era d’obbligo prestare attenzione”.
Nella casa di Farallón, di fronte al mare, Torrijos passava la maggior parte del tempo e lì, vestito con un abito da spiaggia risolveva i suoi affari, steso su un’amaca sulla quale si dondolava spingendosi con un piede, mentre fumava sigari Cohiba che gli mandavano da Cuba”. Un personaggio da libro, e infatti Graham Greene, che era rimasto stregato dalla sua personalità, gli dedicò il romanzo “Il Generale” (“Getting to know the general”, 1984) –di cui credo non esista traduzione italiana, tanto per cambiare-.
Su Torrijos, purtroppo, non esiste una buona letteratura internet. Il libro di Sergio Ramírez, ricco di personaggi dell'epoca, lo trovate da Frilli Editori:
http://www.frillieditori.com/catalogo_controcorrente.htm

Sunday, July 30, 2006

Sick Rose per tutti

Buone vacanze. Là in Italia siete prossimi alla partenza per le ferie e quale migliore regalo potete farvi se non una buona colonna sonora per l’estate? Lasciate da parte le porcherie disco, dance, acid, techno e via così e cercate della buona musica. Ho ricevuto giusto oggi il nuovo Cd dei Sick Rose, “Blastin’ out”, e l’invito per tutti voi è di comprarlo, per due ragioni: la prima è che il disco è bello, la seconda è perchè ci sono cinque canzoni che ho scritto io. Sufficienti ragioni, quindi.
Per i più giovani, i Sick Rose sono stati il gruppo di punta della neo psichedelia italiana negli anni Ottanta, filone poi lasciato per un energico power pop che è quello che potete ascoltare su “Blastin’ out”. Luca, Diego, Giorgio e Walter si sono avvalsi per questo lavoro della produzione di Dom Mariani, che ha guidato formazioni come gli Stems e i DM3. L’album, proprio per questo, è stato mixato in Australia (Dom è australiano).
Quest’anno corrono giusto i venti anni da “Faces”, il nostro primo lavoro su 33 giri (al tempo esistevano ancora) e se non ricordo male di questi tempi stavamo facendo le valigie per il nostro primo tour europeo. Cose che non si dimenticano tanto facilmente, anzi.

La pagina di my space sui Sick Rose, quattro brani in ascolto: http://profile.myspace.com/index.cfm?fuseaction=user.viewprofile&friendid=33305780
Oppure su music download (tre brani in mp3):
http://music.download.com/thesickrose/3600-8700_32-100068926.html
La pagina ufficiale di Dom Mariani:
http://www.dommariani.com/
e quella dei Sick Rose:
http://www.thesickrose.com (così mi vedete nei miei venti anni).
In spagnolo, retrospettiva sui dischi dei Sick Rose usciti negli anni Ottanta: http://www.ipunkrock.com/fuzz/inc/archivo_letra.php?que=s


Saturday, July 29, 2006

Evo, la Chiesa e l'educazione

Evo Morales e la Chiesa cattolica. Era chiaro che prima o poi la polemica dovesse scoppiare. Il presidente boliviano vuole infatti portare le sue riforme anche nell’educazione, campo che ha nei collegi cattolici una delle roccaforti del potere tradizionale. Nei giorni scorsi il ministro dell’Educazione, Félix Patzi aveva fatto sapere che la prossima riforma avrebbe allontanato la religione delle aule, scatenando un coro di proteste nella cattolicissima Bolivia.
Pur ribadendo il carattere laico dello Stato, Morales ha tentato una riconciliazione, invitando al dialogo, ma intanto la polemica si è ampliata e non a caso, visto che tra un paio di settimane dovrà insediarsi l’Assemblea costituente. La gerarchia della Chiesa cattolica teme che, oltre a scomparire dalle classi, sarà cancellata anche dalla nuova Costituzione che farà della Bolivia un paese aperto a tutte le fedi religiose.
Il cardinale Julio Terrazas, presidente della Conferenza episcopale boliviana, è stato enfatico, chiamando i cattolici a non accettare passivamente la futura riforma.
“Le grandi guerre cominciano con le piccole elucubrazioni che si fanno nei villaggi, nelle famiglie, nei quartieri” ha tuonato il cardinale, ricordandosi di venire da uno dei centri più conservatori in fatto di materia religiosa.
Morales non è stato nemmeno lui con le mani in mano: “Le alte gerarchie della Chiesa si comportano come ai tempi dell’Inquisizione” ha dichiarato alla stampa, chiamando al diritto dello Stato di difendere la libertà di religione.

Friday, July 28, 2006

Alla festa di García

Oggi è la festa nazionale in Perù e come ogni cinque anni si approfitta di questa data per cambiare il presidente. Alejandro Toledo, el cholo de Harvard, lascerà il posto ad Alan García, le cui foto mostrano raggiante e fresco come un formaggino Mio. Toledo, invece, si dice abbia già fatto le valige per scappare al più presto in un paese dove non esista l’estradizione con il Perú. Alla festa di Alan non ci saranno Kirchner, Chávez, Fidel Castro, Torrijos. Hanno detto "no grazie" all’invito del nuovo governo peruviano, delimitando di fatto già dall’inizio quali saranno i paesi ad avere una relazione con il Perù e quali no.
García in questi giorni ha detto di voler ricucire lo strappo creatosi con Hugo Chávez, ma intanto il presidente venezuelano ha preferito andarsene in giro per l’est europeo a comperare armi. Intanto, per García ci sono già guai in vista, dato che la giustizia cilena ha deciso di dare corso alla denuncia presentata in questo paese da un gruppo di fuoriusciti peruviani, il Comité de Refugiados peruanos en Chile, che lo coinvolgono nella violazione dei diritti umani durante il suo precedente governo.
Come quasi sempre, quando si parla del Perú, invitiamo alla lettura del blog di Pueblo Vruto:
http://pueblovruto.blogspot.com/ (da cui abbiamo preso la foto), che presenta il gabinetto di García (solite facce, soliti nomi).

Wednesday, July 26, 2006

Tutto normale a Ciudad Juárez

Tutto normale e tutto tranquillo a Ciudad Juárez. Circa un mese fa riportavamo come le autorità federali avessero deciso di disistimare la gravità degli omicidi ai danni di donne giovani. Ora, a poco più di metà anno le organizzazioni per la difesa dei diritti umani fanno sapere che sono già state uccise 28 ragazze, una per settimana praticamente, la cifra più alta dal 1993 ad oggi.
Secondo la polizia federale, ma anche per i giudici ed i procuratori che hanno lavorato sui casi, non esiste una matrice comune: niente crimine organizzato, niente festini del narcotraffico. Ogni caso è un mondo a parte con un’origine differente da fare risalire a vendette, rapine, stupri. Storie isolate finite male, insomma. La teoria dello scrittore Sergio González Rodríguez che sulla vicenda ha scritto un libro, “Huesos en el desierto”, si materializza sull'indifferenza con cui agiscono le autorità. Le donne non sono altro che un genere di consumo: si prendono, si usano e si gettano via. È questo il cancro che corrode a fondo la società della frontiera di Ciudad Juárez ed è di fronte a questo malessere che i più chiudono gli occhi e si negano di vedere e leggere la verità. Cade a proposito il corsivo della scrittrice Elena Poniatowska:
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=34765
che illustra la povertà di una società che basa la sua sopravvivenza sulla violenza, forze dell’ordine comprese.
Pur accettando l’incredibile conclusione del procuratore, che ridicolizza la partecipazione dei gruppi criminali organizzati, rimane il vuoto del sociale. In tutto il Messico, nel 2005, seimila donne sono state assassinate (
http://www.elmundo.es/elmundo/2006/07/21/solidaridad/1153481241.html), un numero impressionante che ci dice come la violenza ed il disprezzo siano insiti nella cultura di questo grande paese.
Vi posto un’analisi di Emilia Lavalle su cosa significhi essere una donna in Messico:
http://www.mujeresenred.net/iberoamericanas/article.php3?id_article=33

Tuesday, July 25, 2006

Link ed interviste/4

L’estate è tempo di lettura. Una biblioteca virtuale può essere d’aiuto e tra queste, tra chi volesse cimentarsi con lo spagnolo per una immersione totale nella letteratura e nella saggistica latinoamericana, c’è il sito El Aleph: http://www.elaleph.com
Si può scaricare in formato Pdf e leggere in linea, unica petizione, una chiave d’accesso che viene consegnata gratuitamente. Attualmente la libreria dispone di migliaia di titoli: Borges, Carpentier, Cortázar, Jorge Amado e moltissimi altri in lingua originale.
Sul Giornale (eh sì, quello di Berlusconi) è uscita la scorsa settimana un’intervista a Francisco Estrada Belli, l’archeologo italiano scopritore del sito maya di Cival in Guatemala:
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=106154
Tra i blog in lingua italiana dedicati all’America Latina è comparso da poco tempo Vero Sudamerica. Approfondimenti ed analisi serie e particolareggiate su: http://verosudamerica.blogspot.com/
Tra le interviste uscite la scorsa settimana sui periodici latinoamericani, merita un’occhiata quella con Beatriz de León, presidente della Corte Suprema di Giustizia del Guatemala che sulla Prensa Libre prende posizione riguardo i reati per genocidio di cui sono accusati gli ex dittatorucoli del suo paese:
http://www.prensalibre.com/pl/2006/julio/23/147589.html
Per chi ama la fotografia, suggerisco la pagina web del fotografo argentino Urko Suaya (modelle e paesaggi i temi favoriti): http://www.urkosuaya.com/web/
Radio Mundo Real (anche in italiano) ruota attorno all’organizzazione Amici della Terra. Notizie in tempo reale, quindi, sulle tematiche ambientali:
http://www.radiomundoreal.fm/
Per il resto, pur sapendovi la maggior parte in vacanza, io continuerò a postare, tanto qui siamo in inverno.

Monday, July 24, 2006

A casa del Che

Camicia rossa per Chávez, uniforme verde per Fidel, i due hanno visitato ieri ad Alta Gracia, la casa dove Ernesto “Che” Guevara visse dai quattro anni fino a quando iniziò il suo viaggio in motocicletta per l’America Latina. I due hanno approfittato una pausa dei summit di Córdoba e, uscendo dal protocollo, hanno deciso di rendere omaggio al Che. Alta Gracia si è riunita per dare il benvenuto alle due personalità e per assistere ad una passeggiata che è stata momento di storia.
La cittadina, che conta poco più di 40.000 abitanti, vive del ricordo del rivoluzionario. L’immagine del Che, diventata un’icona ed anche un espediente commerciale, porta qui ogni anno migliaia di turisti. La casa dove ha vissuto è diventata museo (due dollari per entrare) e bar e ristoranti portano nomi che ricordano le gesta del Che. Pro o contro questa commercializzazione?
Su Blog de viajes, alcuni commenti su questa “spettacolarizzazione” della figura del Che (la pagina è male impostata, scorrete fino a metà per trovare l’articolo):
http://www.blogdeviajes.com.ar/articulos/alta-gracia-y-la-espectacularizacion-del-che/
Visita virtuale al museo del Che di Alta Gracia:
http://www.rolfvenator.com.ar/altagracia/cheguevara.htm
La vita del Che in trentotto immagini:
http://www.uco.es/~i62guigm/che/cronol1.htm

Sunday, July 23, 2006

Dalla Costa Rica allo spazio e ritorno

Franklin Chang è un nome che a molti può non dire nulla. Eppure, motivi per essere famoso ne ha, primo fra tutti quello di essere l’astronauta che vanta il maggior numero di missioni nello spazio con il Challenger e con il Columbia. Il suo record di sette viaggi lo indica come il migliore astronauta della sua generazione. Qui, in una intervista a Canal 7, spiega il perchè della tragedia del Columbia: http://www.teletica.com/archivo/tn7/entrevistas/franlin_chang.htm
Quello che ancora meno si sa è che Chang è originario della Costa Rica, dove è nato nel 1950: http://www.jsc.nasa.gov/Bios/htmlbios/chang.html.
Ora, pensionato dai voli, è tornato a casa per dirigere i progetti a terra. Dopo anni passati alla Nasa, Chang ha deciso di installare proprio in Costa Rica un centro di ricerca spaziale. Nella zona di Liberia, in Guanacaste, ha costruito la sua base sotto il nome da fumetti di Ad Astra Rocket. Il progetto su cui si sta lavorando nella pampa guanacasteca, abituata a vedere solo vacche e da qualche anno un turismo di grosso calibro, con le stelle di Hollywood in prima fila, è di tutto rispetto. Le stelle di Chang, infatti, non sono quelle futili e vacue di celluloide, ma quelle della nostra galassia lontane anni luce. A Liberia si sta approntando un motore a propulsione di plasma che dovrebbe portare le astronavi del futuro su Marte. Costo dell’operazione: 150 milioni di dollari, tanto per cominciare. La Ad Astra Rocket sta cercando finanziatori e per questo ha messo sul mercato azioni del valore ciascuna di 5000 dollari. Se volete partecipare alla corsa allo spazio, l’occasione è ghiotta. Per rivoluzionare lo spazio, come dice il motto della Ad Astra Rocket, fatevi avanti:
http://www.adastrarocket.com/

Friday, July 21, 2006

A Córdoba la Cumbre de los Pueblos

Non c’è quasi notizia sui giornali italiani della Cumbre de los Pueblos che si sta svolgendo in Argentina, a Córdoba. Forse perchè si tratta di un incontro dell’altra America e che si svolge in contemporanea a quella più compita e stirata dei presidenti del Mercosur, fatto sta che i nostri quotidiani sono in debito con l’avvenimento. A Córdoba, nel campo di rugby della Città universitaria, è stato allestito il palco alternativo dove ha già parlato Hugo Chávez e dove si sta aspettando l’intervento di Fidel Castro. Indymedia Argentina ha pubblicato una pagina (http://argentina.indymedia.org/news/2006/07/423887.php) dove è possibile scaricare foto e interventi del summit dei Popoli con gli aggiornamenti in tempo reale (o quasi). Il Mercosur, intanto, ha aperto le porte a Cuba. Mentre gli Usa finanziano a suon di milionate l’opposizione cubana, i paesi del Cono Sud hanno deciso di dare via libera all’importazione ed esportazione di 2700 prodotti esentasse con l’isola caraibica. Si tratta di una misura che vuole alleviare almeno in parte il boicottaggio degli Usa e di alcuni stati europei e che, politicamente, ribadisce il sostegno dell'America Latina al popolo cubano. Una risposta a quanto appena proposto da Bush di una corposa donazione all'opposizione cubana a Miami.

Messico senza credibilità

Senza credibilità. Ormai è quello che traspare delle elezioni messicane da poco conclusasi. Gli unici ad essere convinti nella legittimità del voto sono il virtuale vincitore, Felipe Calderón e il Tribunale elettorale, quell’Ife che si rifiuta di tornare a valutare le schede e che insiste a dire che è tutto in ordine.
Giornali conservatori come il New York Times e il capo della delegazione di osservatori internazionali, Ted Lewis, sono invece d’accordo con il candidato della sinistra, López Obrador perchè, per togliere ogni dubbio, si ricontino i voti. Operazione impossibile, rispondono dall’Ife, perchè la legge lo vieta. Intanto slitta fino a settembre la proclamazione del prossimo presidente.
Di fronte a tanta testardaggine non si può che pensare che sì, le elezioni sono state truccate e che attendere servirà a fare tempo e a placare gli animi. López Obrador conta con molti ed inesperati alleati, ma a questo punto è da pensare che la truffa si sia già consumata.
Tra le Ong che hanno denunciato l’irregolarità delle elezioni messicane:
http://www.alianzacivica.org.mx/
http://www.globalexchange.org/countries/americas/mexico/
Il discorso di López Obrador nel Zocalo di Ciudad de México rigettando la legittimità del risultato elettorale:
http://www.youtube.com/watch?v=n30KaBI71uc&search=lopez%20obrador

Wednesday, July 19, 2006

Cuba in mostra a Torino



Si è inaugurata a Torino, a Palazzo Bricherasio, la mostra su Cuba, Avanguardie 1920-1940. Si tratta delle opere di 13 artisti, che composero il movimento avanguardista cubano, espressione di punta della pittura latinoamericana nel ventennio indicato.
Per chi volesse conoscere la biografia di ognuno degli artisti in mostra a Torino, c’è il sito cubano:
http://www.soycubano.com/pena/avisuales/index.asp
altrimenti, c’è il sito della mostra http://www.palazzobricherasio.it/ con una introduzione molto esaustiva di Lilian Llanes.
Le due fotografie qui soprs ritraggono opere di Marcelo Pogolotti e Jorge Arche.

Tuesday, July 18, 2006

Colpa di tutti, colpa di nessuno

La colpa non è di nessuno. Questo, insomma, risulta dalla richiesta del Pubblico ministero inglese sulla morte di Jean Charles de Menezes, l’elettricista brasiliano freddato dalla polizia britannica. È passato quasi un anno dai fatti del 22 luglio nel metro di Londra e il PM ha ritenuto di sciogliere di ogni responsabilità gli agenti coinvolti nella fatale sparatoria. Di chi la colpa, allora? Esistono prove palesi della inettitudine di fronte al pericolo dei due poliziotti che hanno sparato, così come della loro comandante Cressida Dick, eppure si decide di graziarli. Durante 24 ore gli agenti avevano seguito l’elettricista pensando si trattasse di un terrorista: possibile che non si fossero mai resi conto di aver preso un granchio? O erano degli imbecilli o erano dei dilettanti mandati allo sbaraglio.
Insomma, la polizia è buona, s`è sbagliata, facciamo ammenda e cercheremo che non succeda più nel futuro. Questo il messaggio che viene dalla giustizia inglese che, molto all’italiana, cerca una soluzione a tarallucci e vino.
Niente dolcini e vino però per la famiglia De Menezes che attraverso il suo sito (
http://www.justice4jean.com/) fa sapere che si tratta di una decisione vergognosa. Il loro famigliare è stato colpito sette volte alla testa ed undici alle spalle, senza mai rendersi conto di cosa stesse realmente succedendo. L'unica sua colpa: sembrare un arabo.
L’associazione per il rispetto dei diritti civili Liberty ha preso anch’essa posizione:
http://www.liberty-human-rights.org.uk/press/2006/secrecy-over-stockwell-shooting.shtml
Wikipedia ha fatto una eccellente ricostruzione dei fatti del 22 luglio: http://en.wikipedia.org/wiki/Jean_Charles_de_Menezes

Sunday, July 16, 2006

Link ed interviste/3

Il sito della Bbc ha pubblicato una serie di reportage sul lavoro delle colf in America Latina. Il documento è molto interessante: ci sono interviste, rassegne fotografiche (da Cile, Perú e Messico) e storie:
http://news.bbc.co.uk/hi/spanish/specials/2006/trabajadoras_hogar/default.stm
Rimanendo in tema di fotoreportage, sul Comercio di Quito rassegna sull’eruzione del vulcano Tungurahua: http://elcomercio.terra.com.ec/
Molto bello il reportage del Clarín, opera di Enrique Rosito, sulla regione boliviana del Chapare, culla del movimento di Evo Morales: http://www.clarin.com, cercare nella sezione Multimedia.
Per gli amanti della fotografia ancora una segnalazione, quella del fotografo messicano Raúl Hofer Torres con due gallerie sulla donna, “Magdalenas” e “Almost famous”:
http://www.raulhofertorres.com/main.html
Storie di Zidanate: ora che si è “scoperto” che giocando a calcio ci si insulta, sul Mercurio del Cile c’è una vasta anedottica, compresa quella riguardante la penosa messinscena di Cile-Italia nel Mondiale 1962: http://diario.elmercurio.com/2006/07/16/deportes/_portada/noticias/20717647-20EC-4BC2-BC2C-4A5D45026CEC.htm?id={20717647-20EC-4BC2-BC2C-
Andiamo sul politico. Felipe Calderón, il futuro presidente messicano, parla al Comercio di Lima. Se volete sapere che tipo è (non scoprirete nulla di nuovo, comunque): http://www.elcomercioperu.com.pe/EdicionImpresa/Html/2006-07-15/impEntrevista0541131.html
Buona lettura.

Saturday, July 15, 2006

Evangelina, la cellulosa e (anche) l'ambiente

La Corte dell’Aja ha deliberato infine che le centrali di cellulosa sul fiume Uruguay si faranno. Secondo il verdetto, il timore che le fabbriche inquinino l’ambiente non è causa sufficiente per interrompere il progetto.
Vince l’Uruguay, perde l’Argentina e anche un poco il buon senso. Il governo argentino, comunque, non demorde ed ha già annunciato che seguirà con le proteste: nel 1975 i due paesi avevano sottoscritto un trattato che prevedeva che le decisioni su temi riguardanti il fiume Uruguay –confine tra le due nazioni- sarebbero state prese congiuntamente.
Ci sono varie pagine in rete di gruppi che si oppongono alla costruzione della cartiere. Due di queste:
http://www.guardaelguachazo.com.ar/botalapapelera/index.htm
http://www.maximaonline.com.ar/800x600
Greenpeace invita ad inviare una lettera al presidente della Repubblica uruguagia:
http://www.greenpeace.org.ar/papeleras/
e spiega, con voce recitante on line, il pericolo rappresentanto dalle fabbriche di cellulosa.
Chi, poi, volesse ricordare la singolare protesta di Evangelina Carrozo, la regina del carnevale di Gualeguaychú al summit di Vienna, qui il video:
http://www.youtube.com/watch?v=MCEkVryvnEQ&search=evangelina%20carrozo
e soprattutto, il blog di Evangelina, che dalla protesta per la cellulosa ha ricavato la pubblicità che cercava:
http://evangelinacarrozo.blogspirit.com/
Scrivetele: è il miglior fondoschiena della blogosfera.

Friday, July 14, 2006

Cuba, l'isola che deve scomparire

Bush ha approvato nei giorni scorsi un piano elaborato che prevede lo stanziamento di 80 milioni di dollari per due anni. A favore di che? Della fame nel mondo, della pace in Medio Oriente, dell’approvazione del protocollo di Kyoto, del ritiro delle truppe dall’Iraq? Niente di tutto questo. L’interesse di Bush è per Cuba. Fidel, infatti, non sarà eterno e i conservatori della Casa Bianca mettono le mani avanti. È meglio farsi trovare pronti, piuttosto che impreparati.
L’opposizione castrista negli Usa (la stessa che ha finanziato il terrorista Posada Carriles e la Contra) riceverà nei prossimi mesi un fiume di denaro. Ad esserne beneficiati saranno prima di tutto i mezzi di telecomunicazione come Radio e TV Martí e quegli enti che, già sponsorizzati dai milionari di origine cubana che abbondano in Florida, non hanno certo bisogno di ulteriori fondi.
A Cuba, naturalmente, sono incazzati. Ricardo Alarcón, il presidente del Congresso, un paragone storico ce l’ha pronto. “Bush è come Hitler”. Ricordate l’Austria e la Cecoslovacchia? L’Anschluss vi dice qualcosa? Cuba, una volta morto Fidel, sarà un satellite in più degli Usa.
Viva l’Impero, quindi e se la Cuba futura vanterà il sistema sanitario statunitense è probabile che i cubani scompariranno tutti nella prossima generazione. Con buona pace di una delle migliori scuole di medicina al mondo, quella dell’Avana.
Il testo del piano Bush su Cuba si trova qui in formato Pdf:
http://www.state.gov/documents/organization/68873.pdf

Thursday, July 13, 2006

Chiedimi se sono felice

Oggi parliamo di felicità. Il Corriere della Sera ha pubblicato la graduatoria dei paesi più felici, riprendendola dal sito di Happy Planet. La peculiarità è che tra i primi dieci ci sono nove paesi latinoamericani o caraibici. Seguendo la classifica devo quindi evincere che sono felicissimo (vivo in Costa Rica, al terzo posto) e di essere notevolmente avvantaggiato rispetto ai miei compatrioti rimasti in Italia, che devono accontentarsi di un grigio 66esimo posto.
Come si misura la felicità di un popolo? Secondo Happy Planet si ottiene con l’equazione aspettativa di vita per soddisfazione personale diviso la relazione con l’ambiente. Facile, no? Qui la lista completa:
http://www.happyplanetindex.org/list.htm
Prendo atto e cercherò di essere meno critico per il futuro sui paesi latinoamericani: in milioni hanno problemi di fame, ma almeno soffrono con il sorriso sulla bocca.
In quanto a me io sono felice, è vero e non me ne vergogno. C’è però chi sta meglio di me: la Colombia, infatti, è al secondo posto. Doppiafila che mi dice al proposito?

Wednesday, July 12, 2006

Quel terrorista di Tony Saca

Abbiamo parlato pochi giorni fa della morte di due poliziotti nel Salvador. Ora, il presidente Saca ha presentato con mozione d’urgenza un pacchetto di leggi, racchiuse nella comoda formula di Ley Antiterrorismo, che prevede delegare alla polizia e alle forze dell’ordine in genere funzioni al limite della repressione.
Definire oggi la parola terrorista diventa ben difficile. Secondo Saca, alunno ostinato di Bush, terrorista è chi protesta, chi manifesta, chi sfila in corteo. Insomma, chi possiede ancora una coscienza critica in questi tempi di lavaggi del cervello televisivi. Saca e quelli come lui vorrebbero imporre le loro scelte alla forza, zittire l’opposizione e arricchirsi in santa pace. La democrazia centroamericana è questa: chi viene eletto –brogli o no, non importa- ha il diritto di fare quello che gli pare e gli altri, zitti.
Chi è Tony Saca? È il tipico esempio d’animale politico del nostro tempo. Privo di una preparazione specifica, Saca è giunto alla presidenza per due motivi precisi: uno, che è stato il presentatore più popolare, per anni, degli avvenimenti sportivi nel suo paese, dal Mondiale alle Olimpiadi; l’altro, che si è unito in un buon momento ad Arena, il partito della repressione, quello, per intenderci, che ha generato Roberto D’Aubuisson, il mandante dell’assassinio di monsignor Romero.
Le maniere forti, insomma, ce l’ha nel DNA. Ora, con la scusa del terrorismo, personaggi come questi, degni di una dittatura stile anni Settanta, trovano la possibilità di risorgere e di pascere. Sarebbe interessante approfondire quali siano le differenze tra quelle dittature e le attuali democrazie. Oggi non si muore, no se desaparece, certo: ma cosa siamo se non possiamo esprimere ciò che pensiamo?
Chi è terrorista e chi no? Chi manifesta o chi toglie i diritti?
Fatevi un giro nel fascismo salvadoregno (c’è anche una galleria audio con un messaggio del maggiore d’Aubuisson deceduto anni fa):
http://www.arena.com.sv/
http://juventudarenera.galeon.com/

Tuesday, July 11, 2006

In Messico, brogli e video

Elezioni finite in Messico? Mica tanto. López Obrador chiede che si ricontino i voti e mostra i video che dimostrano le frodi elettorali: http://www.lopezobrador.org.mx/
(cliccare a destra).
Al momento, quindi, il candidato della sinistra non riconosce la vittoria di quello panista, Felipe Calderón, ed insta attraverso la sua pagina web che gli vengano inviate tutte le denuncie possibili sui presunti brogli.
La situazione è ingarbugliata, ma è difficile pensare che il Tribunale elettorale faccia marcia indietro. La legge è alquanto subdola e non permette ricontare i voti.
In cambio, i detrattori di López Obrador si divertono e postano su you tube tutte le promesse di campagna in cui AMLO si impegnava a riconoscere la vittoria del suo avversario in caso di sconfitta:
http://www.youtube.com/watch?v=R8AU6wAsi-k&mode=related&search=

Monday, July 10, 2006

La France? C'est ridicule...

Copenhagen, 1984. Me ne stavo con i miei amici Alberto, Romano e Toni (oggi medico della Juve) nella hall di un ostello, quando si avvicina un tipo, fazzoletto blubiancorosso al collo e ci chiede la nostra provenienza. “Italia”, rispondiamo in coro aspettando chissà cosa, meno il commento del gallo che, imperturbato affonda il coltello: “Ah, l’Italie... l’Italie c’est ridicule”. Poi, com’è arrivato, scompare lasciandoci a bocca aperta, incapaci di tentare una replica.
I francesi sono passati nella mia vita sempre così. Supponenti, indisponenti, sempre pronti a criticare gli altri, tronfi. Mi sono sempre chiesto perchè ed ancora oggi non riesco a trovare una risposta. Sono così, e basta.
Oggi i meriti di un popolo passano obbligatoriamente per lo sport e lo sport d’eccezione è il calcio. Io ricordo ancora l’ultima vittoria contro i francesi, quella del 1978 di Mar del Plata, con Lacombe che dopo pochi secondi ci fa gol e poi a riprenderci il dovuto con Rossi e Zaccarelli. Da allora la Francia calcistica è cambiata tantissimo, sarà perchè i francesi da bianchi sono diventati neri, prima potenza del calcio africano e coloniale e che, proprio per questo, continua ad essere antipatica.
Ci voleva questa sorte ai rigori, quindi. Magari non hanno vinto quelli che hanno giocato meglio nella finale, ma questo non importa. Abbiamo vinto noi e questa è la cosa più importante, perchè in un mondo che valuta il valore di un popolo per le pedate che dà ad un pallone, ci siamo almeno conquistati per quattro anni un po’ di rispetto.
Questo aiuta, non crediate, soprattutto a noi che siamo all’estero. Paolo Rossi nel 1982 valse più di qualsiasi scoperta dei nostri scienziati; Roberto Baggio è stato il nostro miglior ambasciatore negli anni Novanta. A mancanza di talento calcistico, Berlusconi ci aveva fatto precipitare in un abisso di ridicolo. Buffon e Cannavaro, ora, ci hanno ritirato su.
E in quanto al tipo supponente di Copenhagen non ho dubbi: era Domenech.

Sunday, July 09, 2006

La banda dei quattro va in galera

Quattro che sarebbe stato meglio non incontrarli mai nel Guatemala a cavallo tra gli anni Settanta ed Ottanta: Efraín Rios Montt, Aníbal Guevara, Oscar Mejía Víctores e Benedicto Lucas García. Ora, la giustizia spagnola ha diramato un mandato di cattura internazionale per processarli infine per genocidio e lesa umanità. Romeo Lucas García, deceduto sei settimane fa, si è salvato andando all’altro mondo. Ragazzi, biosgna dirlo chiaro: questi qui erano dei pazzi, imbevuti di insano fanatismo. Era gente che mandava a bruciare le montagne per cuocere i maya, che seppelliva vivi i bambini, che ha messo in mano ai contadini i fucili perchè si ammazzassero tra loro. Oggi si difendono dicendo che il giudice spagnolo Santiago Pedraz che ha ordinato l’arresto, è parziale “perchè si identifica con una ideologia di sinistra”.
Ideologia o no, resta un documento massiccio, promosso dalla Chiesa cattolica guatemalteca, dove è stato provato che l’esercito è stato il grande colpevole delle centinaia di massacri che hanno sconvolto il Guatemala per anni e che i mandanti erano da ricercare proprio nelle più alte sfere del potere. Sconvolgente è il fatto che il Guatemala –come il Cile, come El Salvador, come l’Uruguay, come l’Argentina: quanto è lunga la lista?- non abbia mai fatto nulla per portare i delinquenti in uniforme davanti a un giudice.
Pedraz dà seguito infine alla denuncia di Rigoberta Menchú che da anni stava dormendo negli anfratti della giustizia spagnola.
Sulla Prensa Libre di Ciudad del Guatemala, una brevissima biografia degli imputati e dei loro misfatti:
http://www.prensalibre.com/pl/2006/julio/08/146335.html
La pagina della fondazione Menchú:
http://www.frmt.org/

Saturday, July 08, 2006

Alfaro vive ¡Carajo!

Nel 1991 avevano consegnato le armi dopo un decennio di clandestinità. Oggi, gli stessi integranti del gruppo, si ripropongono come forza politica. Sono gli ex rivoluzionari di Alfaro Vive ¡Carajo! (AVC), l’unico gruppo armato che ricordi la storia recente dell’Ecuador. Iniziata la campagna elettorale, sono loro a rappresentare la vera sorpresa. Edgar Frías, uno dei principali capi di allora, ha già chiesto al capo del governo spagnolo, Rodríguez Zapatero, che la Spagna giudichi l’ex presidente León Febres Cordero, come responsabile di vari omicidi (tra cui quello di una cittadina spagnola). La formula sarà quella di riunire una sinistra ecuadoriana al momento fortemente divisa.
Miguel Jarrín, uno dei fondatori e torturato dal regime di Febres Cordero, ha rilasciato questa settimana un’intervista a Tiempos del Mundo dove ricorda la sua esperienza di prigioniero (
http://www.tdm.com/Perspectivas/2006/07/20060704-0003.html) e ribadisce il suo disaccordo all’iniziativa di far rivivere AVC. In sostanza, più rispetto per i morti, dice Jarrín che perse il fratello nei giorni della repressione.
Intanto, i suoi ex compagni hanno coniato un motto che è tutto un programma per le elezioni di novembre: “Vuelve, revuelve y resuelve”. Al passo con i tempi sembra lo slogan di un detersivo per i piatti più che di un partito politico.

Friday, July 07, 2006

Calderón: senza idee si vince

L’agenzia di stampa del Corriere della Sera ha battuto ieri sera una nota di poche righe: Calderón è presidente del Messico per 11.000 voti. Sbagliato: sono quasi 244.000 i voti di differenza (in percentuale davvero poco, 0,57%). Resta il fatto che settanta milioni di elettori sono un bacino impossibile da controllare in un paese che vanta vari record di corruzione. Gli analisti in queste ore sono scatenati: si è voluta premiare la continuità, il Messico ha detto no alla svolta a sinistra eccetera. Comunque sia, Calderón rischia di essere più un problema che López Obrador per il Messico dei prossimi sei anni, con gli indici di disoccupazione e di povertà che non si riescono ad arginare. Più ricchi i ricchi e più poveri i poveri: scommettiamo per il 2012?
Sul blog, le elezioni messicane hanno tenuto banco per giorni. Vi posto indistintamente alcuni blog che danno il termometro dell’ambiente:
http://www.lamanoroja.blogspot.com/
http://mediatizando.blogia.com/
http://ciudad-de-mexico.blogspot.com/
http://todoespersonal.blogspot.com/
http://eaguilarg.blogspot.com/
Con un’esperienza di otto mesi da politico –che gli sono stati sufficienti comunque per elargire concessioni fraudolente al cognato-, Calderón sarà per quanto possibile, più conservatore di Fox. Nonostante lo scivolone con il cognato, in campagna ha usato il motto: “il candidato delle mani pulite”: Berlusconi insegna?
Il sito del Tribunale Elettorale Federale messicano:
http://www.ife.org.mx/

Thursday, July 06, 2006

El Salvador: la violenza fine a sè stessa

A Tony Saca piace l’ordine. Da buon conservatore, ai salvadoregni risulta proibito contestare. Il presidente, infatti, quando si è in odore di manifestazione butta la polizia in mezzo alla strada a menare. Ieri, gli studenti sono scesi in piazza per protestare contro l’aumento delle tariffe degli scuolabus e, ancora una volta, la polizia è intervenuta duramente, ferendo gravemente alcuni participanti al corteo che, secondo testimoni oculari, si stava svolgendo in forma pacifica.
La risposta non si è fatta aspettare e alla fine della giornata le forze di polizia hanno lamentato la morte di due agenti. Di chi la responsabilità? Saca, che aveva mandato i franco tiratori sui tetti dell’Universidad de El Salvador, definisce gli studenti dei terroristi, la parolina magica che di questi tempi incanta gli ingenui e gli amanti della repressione.
La tragedia, insomma, era nell’aria. Emulo ed ammiratore di Bush, Saca non ha mai resistito alla tentazione di reprimere ogni manifestazione di piazza, trasformando le strade in luogo di scontro fisico con l’opposizione del Frente Farabundo Martí. A pagare i piatti rotti, i soliti: studenti, agenti, lavoratori, gente comune.
Foto galleria della manifestazione:
http://galeria.elsalvador.com/galeria_v2/galeria.asp?IDgaleria=802

Wednesday, July 05, 2006

Italia-Germania sui giornali latinoamericani

Cediamo anche noi alla tentazione: Italia-Germania è partita che accende passioni.
Vediamo come è stata commentata sui giornali latinoamericani.
Gli argentini. Con una nazionale che, dai cognomi, sembra più la formazione di un campionato dilettante piemontese (Cambiasso, Burdisso, Messi, Mascherano, Aimar, Saviola... manca solo la buta ‘d Barolo) gli argentini ci danno giù duro con gli azzurri.
Facundo Quiroga, l’inviato del Clarín, sembra aver visto un’altra partita: “Nell’analisi globale si evidenzia come i maggiori meriti siano stati dei tedeschi”. Nella cronaca risaltano le azioni della Germania, le occasioni italiane sono invece svanite. Cartellino rosso per Quiroga, quindi, annebbiato dai fumi della birra:
http://www.clarin.com/diario/2006/07/04/um/m-01227680.htm
Commento: probabilmente, agli argentini rode essere stati eliminati da una formazione che non è arrivata in finale.
Più filo italiani quelli de La Nación: “L’Italia, dall’inizio alla fine, ha saputo che poteva vincere la partita ed ha cercato il risultato”.
Brasile. Pelè è stato un grande campione ed anche lui ha le idee chiare sul gioco italiano. Prima della partita ha scritto sul Mercurio cileno: “L’Italia gioca definitivamente per arrivare ai calci di rigore”. Cosa ne pensate?
Su un’altra pagina del giornale, l’inviato dopo la partita scrive: “Ai supplementari l’Italia ha cercato la vittoria per evitare i rigori”.
Ci mettiamo d’accordo?
Partita elettrizzante” invece per O Globo, che almeno fotografa l’atmosfera dell’incontro.
Perù. El Comercio la butta sull’epico. (
http://www.elcomercioperu.com.pe/Mundial2006/html/Noticias/2006-07-03/Noticias0401412.html)
Radio Programas del Perù parla invece di superiorità tedesca. Buon per loro.
Per fortuna, più si sale a nord e più pacati si fanno i commenti.
El Universal messicano (
http://www.eluniversal.com.mx/mundial/5082.html) titola: Ciao Alemania. L’articolo è, almeno, obiettivo dando all’Italia il merito di essere stata l’unica squadra a voler evitare, nei supplementari, di giungere ai rigori.
El Informador, sempre messicano, ci loda: “Semplicemente magistrale”, scrive.
Sottoscriviamo.

Tuesday, July 04, 2006

Morales tra consenso e secessionismo

Evo Morales va avanti per la sua strada. Le votazioni per l’Assemblea Costituente tenutesi domenica hanno infatti dimostrato che la proposta di Morales tiene. Ora toccherà definire il grado di autonomia di cui potranno disporre le nove province boliviane. A Morales, però, il voto di domenica importava più che altro per dimostrare il grado di consenso ottenuto dopo le prime radicali decisioni a livello governativo. I boliviani hanno praticamente avallato le sue decisioni (con un 52,5%) ed ora Morales continua tranquillo per la sua strada. Già ieri, in un discorso alla nazione, il presidente ha ribadito quella che sarà la sua linea: “Questo risultato ci permette di lavorare per trasformare la Bolivia da uno Stato coloniale ad uno Stato sociale” ha detto, rimarcando il carattere comunitario e pluralista di questo Stato.
Belle parole, senza dubbio, che però suonano come campanello d’allarme per chi ha votato a favore dell’autonomia. In pratica il Sì all’autonomia è un no a proseguire con questa Bolivia, prima fra tutte la ricca provincia di Santa Cruz che dall’autonomia potrebbe poi passare a chiedere l’ambita secessione. Il rischio balcanizzazione esiste ancora ed è ben vivo. A Morales, ora, il compito di arginare le pretese della Bolivia oligarchica.

Sunday, July 02, 2006

Commento o turpilòquio?

Liberoblog ha ospitato l’altro giorno uno degli articoli di Blog Americalatina, quello riguardante la base di Guantánamo (http://liberoblog.libero.it/cronaca/bl4093.phtml). Si tratta di una vetrina interessante, ma che espone lo scrivente a una serie di commenti, a volte anche imbarazzanti. A postare c’è infatti di tutto ed il più delle volte l’equivoco e l’insulto è quello che guida il popolo di internet. Date infatti, un’occhiata ai commenti postati a margine dell’articolo (e non solo del mio). A me piace starmene da una parte ma, come per tutto nella vita, non si può fare a meno di essere giudicati. Tiriamo la pietra, scrivendo su un blog o su un giornale, ma poi dobbiamo essere pronti a ricevere per quello che abbiamo scritto. Una volta Tiziano Terzani mi scrisse che “scrivere è come tirare un sasso in uno stagno, si sente un tonfo, si vedono a mala pena delle onde a cerchio... finchè non arriva un messaggio”. Terzani era un ottimista e pensava che questi messaggi servissero alla crescita personale e a infondere il coraggio e la volontà per continuare a scrivere. Fosse ancora vivo gli chiederei il ruolo delle provocazioni o dei messaggi postati apposta per offendere: probabilmente, anche questi rientrerebbero nella ineluttabilità della crescita o della logica, come diceva lui, “di continuare a tirare sassi nello stagno”.
Quello che più impressiona, per chi vive lontano da tanti anni dall’Italia, è il furore, l’abitudine e il piacere all’ingiuria, segno che due decadi di berciate e porcate televisive hanno lasciato il segno. La classe politica, penso, ha poi fatto il resto. Il dialogo non esiste più ed ha lasciato posto al turpilòquio: chissà se i miei connazionali se ne rendono conto?
In quanto a commenti, c’è stato un altro articolo, quello sulla spartizione dell’Amazzonia, che è stato ospitato già a marzo su Liberoblog: (
http://liberoblog.libero.it/politica/bl2853.phtml).
Allora i commenti furono ben più cattivi.

Saturday, July 01, 2006

Da Tlatelolco per la memoria

Rimaniamo in Messico anche oggi per commentare l’ordine di cattura emanato nei confronti dell’ex presidente Luís Rodríguez Echeverría, come responsabile della strage di Tlatelolco, avvenuta il 2 ottobre 1968.
Sono passati trentotto anni, Rodríguez è un vecchietto malato di 84 anni, ma la giustizia è lenta, molto lenta. Allora, si era alla vigilia delle Olimpiadi di Città del Messico e si decise di mettere fine alle continue dimostrazioni degli studenti usando l’esercito. Il governo mandò i carri armati e le truppe speciali che aprirono il fuoco su migliaia di manifestanti, che si erano riuniti nella piazza delle Tre Culture, facendo decine di morti: secondo il governo una trentina, secondo altre fonti furono invece almeno 300 a cadere sotto i colpi della repressione. Rodríguez Echeverría era al tempo il ministro dell’Interno: a lui viene imputata da anni la responsabilità di quei fatti.
Dieci giorni dopo, con le galere e gli ospedali pieni di detenuti e di feriti, il Messico poteva inaugurare le sue Olimpiadi con il consenso della comunità internazionale. Quei Giochi, saranno poi ricordati per il clamoroso gesto di Tommie Smith e John Carlos, vincitore e medaglia di bronzo dei 200 metri, che nel momento della premiazione alzarono il pugno in protesta delle tensioni razziali.
Luis Rodríguez ora, probabilmente, aspetterà agli arresti domiciliari che la giustizia decida che fare con lui. Alle centinaia di famiglie colpite da quel lutto, non è mai stato riconosciuto nessun indennizzo.
Su quella notte di sangue, Elena Poniatowska ha scritto “La noche de Tlatelolco”
In questa galleria, le foto della repressione:
http://mx.geocities.com/tlatelolco_oculto/