blog americalatina

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"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Tuesday, January 31, 2006

Gli scatti di Lillo Rizzo/4





Torniamo sui cartoneros in altre quattro immagini di Lillo Rizzo e le testimonianze di Antonio ed Héctor, protagonisti del "Tren blanco", documentario sulle loro vicissitudini.
Antonio è ex operaio, schiacciato dal corralito: “Non lo avevo mai fatto prima. Aprire una borsa di spazzatura è stato uno shock; rovistare dentro e scegliere. Però, nonostante tutto, credo che sia meglio che mettersi a rubare”.
Meglio trasformarsi in cane randagio che in uccello di rapina. Antonio parla della dignità umana, della identità, che non si può perdere, nemmeno quando ci si china e si mettono le mani nell’immondizia.
Anche per Héctor è stato duro, Héctor che racconta come moriva di vergogna la prima volta che gli toccò uscire in strada con la carretta.
Qual’è l’ultimo ricordo felice che hai?” gli chiede uno dei registi del film.
La felicità non l’ho mai conosciuta. Sono rimasto vedovo quattordici anni fa ed ho cresciuto i miei figli, ma oggi non c’è lavoro per nessuno di loro. Pensa che oggi non avevo nemmeno i soldi per comperare il pane. È piovuto ed io ho raccolto solo metallo, ma con la pioggia, il metallo non si vende”.

Monday, January 30, 2006

Le peripezie di una comune mortale

Donna Lucía Pinochet Hiriart ha provato in carne propria il destino dei comuni mortali.
Forse, le peripezie seguite alla sua fuga l’avranno resa più malleabile, o al contrario ne avranno aumentato il disdegno e la supponenza. Di sicuro, si è trattato di una dura lezione di vita. Donna Lucía è fuggita alla giustizia del suo Paese perchè, in fondo, si è sempre creduta superiore alla legge, come se il suo cognome da solo servisse a renderla impune. Questa volta, però, ha trovato sulla sua strada un incontro non previsto, quello con la realtà.
La storia. Donna Lucía doveva presentarsi lunedì scorso davanti al tribunale che doveva decidere sull’evasione fiscale di più di 800.000 dollari. Mentre gli altri famigliari si preparano per il dibattimento, la signora Pinochet scappa attraverso la frontiera con l’Argentina. A Buenos Aires prende un aereo per Washington, ma intanto le autorità cilene hanno già emesso un ordine di cattura internazionale. All’arrivo a Dulles, donna Lucía viene fermata dagli agenti di frontiera. Quando si rende conto di quello che sta succedendo, in un disperato intento chiede asilo politico agli Usa. Quello che non sa, donna Lucía è che si tratta di un processo abbastanza lungo e penoso, durante il quale le persone perdono i propri diritti e vengono inviati in un carcere. Come una detenuta comune, viene mandata alla prigione di Arlington. Per lei è seguita la prassi normale: vengono scattate le foto segnaletiche, poi viene denudata e dotata della tuta del carcere. I suoi effetti personali sono requisiti. A sua disposizione ha una cella di cinque metri quadrati. La mattina dopo, svegliata alle cinque, è obbligata alla doccia assieme ad altre 71 prigioniere e, dopo, al rancio scadente. Al figlio, che chiede di vederla, viene negata la sollecitudine. Con catene alle mani ed ai piedi, venerdì incontra il giudice di migrazione. Sono bastati due giorni di lieve regime carcerario per piegarla a migliori consigli: donna Lucia comunica al giudice che ritira la richiesta di asilo e che tornerà in Cile per sottomettersi alla giustizia.
Due giorni in una prigione all’acqua di rose hanno reso donna Lucía, la più inflessibile del clan Pinochet, sempre sprezzante con i famigliari di quanti hanno sofferto per le crudeltà del padre, in una docile imputata.
La domanda sorge spontanea: avrà pensato almeno una volta, nei cinque metri quadrati della sua cella, a quei poveretti rinchiusi nelle segrete e mandati a morire dal padre?

Sunday, January 29, 2006

Nove anni senza Soriano

Oggi ricorrono nove anni dalla morte di Osvaldo Soriano. Lo ricordo pubblicando la traduzione che ho fatto di alcuni stralci di una sua intervista, concessa alla giornalista Cristina Castello poco più di un anno prima della sua morte.

La vita è un racconto?
Per me sì, per l’educazione che mi ha dato mia madre. Per addormentarmi mi raccontava storie di gente più o meno matta.
Che cosa cerchi?
Sebbene appaia ridicolo, uno cerca sempre le proprie origini, la propria identità.
Dell’Argentina cosa ne pensi?
Tutto è alla mercè del libero mercato, e libero mercato qui consiste nel fabbricare raivoli “Pirulín” senza dire di cosa sono fatti, senza registro nè ispezioni. La gente poi non dice niente perchè è più preoccupata a trovare qualcosa da mangiare che della qualità dell’alimento.
È assenza di ribellione?
Reclamare è indispensabile. Ogni protesta non è però illusione, ma un’espressione del malessere.
Tuo padre?
Nonostante la sua dolce pazzia non ho ereditato le sue passioni. Lui era del River Plate, io del San Lorenzo; lui voleva che fossi ingegnere elettronico, ma io sono negato per la matematica. Lui era così audace da parlare di Perón come un degenerato, mentre io sono stato peronista fino a 13 anni, senza riuscire ad essere poi antiperonista.
In che senso?
Lui era un grande democratico ed io non avevo compreso la componente fascista di Perón.
Per questo hai pianto 36 ore di seguito quando è morta Evita senza averti visto diventare campione di calcio?
Mi sembrava la fine di una fiaba. Piansi tanto, nella mia stanza mentre nell’altra mio padre la insultava pesantemente. Lo stesso mi successe un giorno per strada quando tolsero un suo busto: portano via la prostituta, diceva metà della folla; tolgono la santa, diceva l’altra metà.
Era passione. Ora l’unica passione che lega gli argentini è il calcio.
Sì, ha sostituito la passione politica. Credo che il calcio abbia il significato di una guerra senza morti. Però c’è il conflitto, c’è il dramma, la riflessione, l’ironia.
Maradona?
Maradona è un re senza corona. Ma è un re che parla a noi, i sudditi. Lo capisco quando si chiede: perchè devono applicare la legge a me che ho fatto un gol con la mano agli inglesi? Ed ha ragione, perchè qui i corrotti sono liberi e ci intristiscono. Almeno Maradona ci dà felicità.
Come compensavi il dolore che sin da bambino ti procurava l’ingiustizia?
Andavo a lavorare pieno di miseria, ma portavo con me sulla moto “I fratelli Karamazov” che leggevo durante le pause del lavoro. Poi ho continuato con Faulkner, Hemingway, Chandler per arrivare a Borges e a tanti altri che leggevo con infinita voracità. Credo che i libri mi abbiano fatto nascere di nuovo, quando iniziai a leggere verso i venti anni. Prima non si poteva, perchè nei nostri paesi non c’erano librerie.
Ci sarà un giorno posto per la speranza?
Sì, perchè la speranza consiste nel sentire la democrazia come un posto dove possiamo convivere tutti per creare regole che ci diano un mondo migliore.
La tua certezza si chiama oggi Manuel?
Mio figlio Manuel è la speranza. Ed è anche il mio ultimo gol.
L’intervista integrale, in spagnolo:
http://www.secrel.com.br/jpoesia/ag16soriano.htm
Brani in formato real audio e letti dallo stesso Soriano:
http://www.literatura.org/Soriano/Soriano.html

Saturday, January 28, 2006

L'ultima marcia

Si è tenuta ieri l’ultima marcia delle madri di Plaza de Mayo. Ora, la giustizia verrà chiesta in altre sedi. “Il nemico non è più nella casa Rosada” ha espresso Hebe de Bonafini, ma è anche vero che le mamme imbiancano. Con la marcia numero 1500 si è chiuso un ciclo di 25 anni di protesta.
Hebe de Bonafini parla di quest’ultima marcia:
http://www.voltairenet.org/article134398.html

Friday, January 27, 2006

La pace, prima di tutto

È in corso a Caracas il VI Foro sociale mondiale. L’appuntamento, che durerà fino al 29 gennaio, ha già visto sul palco alcune figure emblematiche della lotta per i diritti umani, prima fra tutte Cindy Sheehan, la mamma anti-Bush. “Il mio dolore è uguale a quello della madre irachena che ha perso i suoi figli: non c’è alcuna differenza” ha detto la Sheehan durante la conferenza stampa. Particolarmente dura con la Rice e Hilary Clinton: “Non credo che queste donne abbiano istinto materno. La Rice è convinta che la guerra in Iraq sia giusta e che bisogna aumentare lo sforzo bellico in relazione all’aumento della resistenza. La Clinton crede di risolvere il problema inviando ancora più truppe. Entrambe non rappresentano il sentimento comune delle madri statunitensi”.
La via è quella della pace: “Parlare del nostro movimento possiede un valore straordinario per i giovani. Si tratta, in fondo, di fare in modo che nessuna madre perda un proprio figlio per i capricci di un governante”.
Il programma completo del Foro (in inglese, francese, spagnolo e portoghese) lo trovate qui:
http://www.forumsocialmundial.org.br/index.php?cd_language=4&id_menu=

Thursday, January 26, 2006

Segno dei tempi

Processati, perseguitati, ricercati: i membri della famiglia Pinochet sono sicuri di essere le vittime di una persecuzione politica. Lunedì tre figli (Verónica, Jacqueline e Marco Antonio) e la moglie di Pinochet, Lucía Hiriart, sono stati processati –si aspetta la sentenza- per il reato di evasione fiscale. Una quarta figlia, Lucía, è stata arrestata ieri a Washington dopo che si era data alla fuga per non comparire in tribunale. Il giudice, comunque, è stato magnanimo, consentendo ai famigliari dell’ex dittatore di ritornare alle proprie case pagando una cauzione. Se qualcuno cercava giustizia alle malefatte di Pinochet, in qualche maniera questo si sta realizzando. Il Cile sta dimostrando di essere una democrazia matura e, a tutti gli effetti, uno stato di diritto. Gli isterismi delle signore dell’alta borghesia, simpatizzanti della Hiriart, che insultano i magistrati all’uscita dall’aula acquistano così un carattere caricaturale, eponimo di un’epoca disgraziata il cui futuro è stato finalmente troncato. Possiamo sorridere, quindi, di fronte a quelle signore ingioiellate e in pelliccia che rompono il tedio dell'inverno di Santiago scoprendosi pasionarie. Sono le mogli, le sorelle, le figlie di quei signori della dittatura che hanno scritto pagine indegne nella storia.
Possiamo sorridere perchè nè loro nè i mariti ora fanno paura.

Wednesday, January 25, 2006

L'FMLN perde il suo leader

È morto ieri a San Salvador, nel tardo pomeriggio Shafik Handal. Il nome non è di quelli che dicano molto al lettore italiano, ma Handal è stato uno dei riferimenti della sinistra centroamericana per più di mezzo secolo. Esiliato in Cile e poi in Guatemala, Handal divenne negli anni Ottanta il comandante generale delle guerriglie che combattevano in Salvador, legando quindi il suo nome in maniera indissolubile al Frente Farabundo Martí, di cui è stato fondatore.
Handal è stato uno dei firmatari degli accordi di pace che riportarono il Salvador, nel 1992, tra le nazioni democratiche. Da allora è stato deputato e si è presentato anche come candidato presidenziale.
Handal era di ritorno dalla Bolivia, dove aveva assistito alla cerimonia di investitura di Evo Morales. Nell’aeroporto della capitale salvadoregna è stato colpito da un attacco cardiaco. Aveva 75 anni. Il sito ufficiale dell’FMLN, dove si ricorda la figura di Handal:
http://fmln.org.sv/portal/

Tuesday, January 24, 2006

Il razzismo al contrario

Mario Vargas Llosa ha pubblicato questo fine settimana un controverso articolo su La Nación, un quotidiano conservatore dell’Argentina, dall’esauriente titolo: “ Si affaccia un nuovo razzismo: indigeni contro bianchi”. Come scrivevo qualche giorno fa, Vargas Llosa da tempo invece di dedicarsi alla letteratura interviene sempre più spesso con articoli di fondo sugli avvenimenti dell’America Latina. I suoi corsivi sono esemplari ed educativi, perchè incarnano la posizione del conservatorismo e della destra spiazzata dall’improvvisa crescita dei movimenti popolari ed indigeni. Insomma, vanno letti per quanto spocchiosi ci appaiano. L’articolo è lungo e non ho il tempo di tradurlo, però vi posso assicurare che è ricco di espressioni nel castigliano d’America che dimostra quanto il nostro disprezzi la gente non bianca.
Vargas Llosa rispolvera per l’occasione uno dei temi cari al suo mondo e che data il tempo della Conquista: quello della civiltà portata dai bianchi su un mondo di barbari, gli indigeni. Se sono gli indigeni a governare, allora la civiltà sarà oscurata dalla barbarie. Un poco simile alla posizione della nostra Fallaci tra mondo occidentale e mondo musulmano.
Continuando, Vargas Llosa attacca la sinistra europea e la taccia di “insulsa” per applaudire l’indigenismo di Chávez e di Morales, culla invece di un razzismo latente contro chi di pelle bianca. Personalmente, pur non avendo una grande stima dell’attuale sinistra europea, penso che sia abbastanza matura per comprendere quali siano le scelte demagogiche di Chávez e di rifiutarle. Di Morales non possiamo ancora dire niente, ma diamogli tempo. Vargas Llosa, invece, già lo stigmatizza in questa maniera: “Evo è il tipico creolo latinoamericano, furbo come uno scoiattolo, arrampicatore e noioso, con una vasta esperienza di manipolatore”.
In sostanza, quello che rode allo scrittore è che stavolta, capovolgendo la storia, è stato l’indio a fregare il bianco.
http://buscador.lanacion.com.ar/Nota.asp?nota_id=773706&high=vargas
Eduardo Galeano, che è un tipo più profondo, risponde così a Vargas Llosa:
http://news.bbc.co.uk/hi/spanish/latin_america/newsid_4637000/4637654.stm

Monday, January 23, 2006

Il discorso di Evo

Evo Morales si è insediato ieri come presidente della Bolivia. C’era molta attesa per sapere cosa avrebbe detto. Il caso della Bolivia è infatti sintomatico per tutto il continente, perchè rappresenta una decisa svolta a sinistra in una regione che vanta già governi socialisti o di distinzione popolare (Cile, Argentina, Brasile, Venezuela, Uruguay). Da sottolineare la presenza dei rappresentanti degli Stati Uniti e del Cile, paese con cui la Bolivia ha rotto le relazioni da ormai trenta anni.
Traduciamo le parti salienti del suo discorso.
Impresa privata: “Quindici anni fa ci hanno detto che le aziende private avrebbero risolto la corruzione e la disoccupazione. È passato tanto tempo ed ora abbiamo più corruzione e più disoccupazione”.
Neoliberalismo: “Il modello economico neo liberale non è la soluzione per il nostro Paese. Potrà funzionare in Europa o in Africa, ma non qui”.
Gioventù: “Il risultato delle politiche neoliberali è che la nostra gioventú è costretta a fare da cameriere nei ristoranti degli Stati Uniti, d’Europa e dell’Argentina”.
Democrazia: “Vogliamo cambiare la Bolivia non con le pallottole, ma con i voti”.
Corruzione: “Zero nepotismo, zero corruzione sarà il motto del mio governo”.
Il Che: “Questa lotta è la continuazione degli sforzi compiuti da Che Guevara”.
Stati Uniti 1: “Voglio ringraziare per la presenza l’ambasciatore degli Stati Uniti, Thomas Shannon, che mi ha espresso il desiderio di rafforzare le relazioni tra i nostri governi”.
Stati Uniti 2: “La lotta al narcotraffico non deve essere una scusa perchè il governo degli Stati Uniti domini o sottometta il nostro popolo”.
Indigeni: “La campagna durata 500 anni di resistenza indigena non è stata vana. Dopo 500 anni di resistenza, ci toccano 500 anni di potere”.
Coca: “La comunità internazionale deve sapere che la cocaina o il narcotraffico non sono parte della cultura andina. Purtroppo, si tratta di un male importato. Bisogna farla finita con il narcotraffico, ma non eliminando la coca, ma la cocaina”.
Chávez e Castro: “Non sono abituato a parlare tanto e non voglio che crediate che Chávez o Castro mi stiano contagiando”.
Qui trovate la galleria fotografica della cerimonia:
http://bolivia.indymedia.org/es/2006/01/25751.shtml

Sunday, January 22, 2006

I contrabbandieri di Macará

Oggi approfitto di questo spazio per ricordarvi che sul numero in uscita di Diario trovate un mio reportage sul contrabbando tra l’Ecuador ed il Perú. Fate un salto in edicola e comprate Diario, quindi. Lillo Rizzo ha fatto le foto ed eccovene qua una, scattata dal ponte di frontiera di Macará, dove si vedono i contrabbandieri trasportare –a nuoto- le taniche di benzina da un paese all’altro sotto gli occhi di tutti.
La pagina web di Diario:
www.diario.it

Saturday, January 21, 2006

Gli scatti di Lillo/3





Avevo promesso di pubblicare su questo blog delle rassegne fotografiche. L’abbiamo già fatto una volta, dove avevamo mostrato i familiari dei desaparecidos di Ayacucho, in Perú. Ora torniamo, ricorrendo di nuovo al felice obiettivo di Lillo Rizzo che ci porta a Buenos Aires. Il tema è quello dei cartoneros, i disoccupati della capitale argentina che hanno fatto della raccolta dell’immondizia un lavoro. Secondo stime non ufficiali sono almeno 40.000, un esercito di persone che esce alle prime ombre della sera per ripulire la città di cartone, latta, metalli e tutto quello che possa avere un valore nel riciclaggio. Lillo è andato a vedere come e dove vivono, che cosa raccolgono, ne ha immortalato i momenti di protesta.
La fotoinchiesta, curata da Lillo e da me, è uscita su Narcomafie di luglio/agosto 2005 (
www.narcomafie.it).

Friday, January 20, 2006

Un centro contro il narcotraffico

Un centro contro il narcotraffico. Da tempo se ne parla, ma non se n’è mai fatto nulla. Ieri a San Salvador si sono incontrati funzionari di diversi governi che alla fine sembra abbiano preso la decisione di creare questo ufficio regionale. Se sarà la solita occasione per gettare i soldi dei contribuenti, solo il tempo lo dirà. Le nazioni firmatarie del protocollo di intesa sono: Stati Uniti, Messico, Colombia, Venezuela, Guatemala, Belize, Honduras, Nicaragua, Costa Rica, Haiti, Giamaica, Porto Rico, Repubblica Dominicana, Trinidad y Tobago, Saint Kitts and Nevis, Santa Lucia, Panama, El Salvador.
Questo ultimo paese e il Guatemala hanno chiesto di essere destinati come paese ospitante del centro. A premere, sono le forze armate che da un po’ di tempo se ne stanno con le mani in mano e, soprattutto, a corto di fondi. Un centro contro il narcotraffico porterà all’esercito del paese ospitante buone opportunità. Se poi queste serviranno per contrastare i cartelli, invece che favorirli come succede per esempio in Messico, lo scopriremo solo –diceva il buon Battisti- vivendo.
Qui, il bollettino dell’ambasciata Usa in Colombia sulle attività contro il narcotraffico in questo paese:
http://bogota.usembassy.gov/wwwsnarc.shtml

Thursday, January 19, 2006

La tortura si rivela

Human Rights Watch ha reso nota ieri la sua relazione annuale sui diritti umani nel mondo. Sotto accusa gli Usa, accusati di aver trasformato la tortura in una pratica comune contro i sospettati di terrorismo nella guerra in Iraq.
La risposta del portavoce della Casa Bianca, Mc Clellan, non si è fatta aspettare e parla di documento politico, volto a screditare “la lotta degli Usa per il rispetto dei diritti umani”... Va bè, passiamo all’America Latina.
Human Rights Watch ha un accusato principale, la Colombia. “I gruppi armati irregolari, tanto guerriglieri come paramilitari” si legge nel documento “sono i responsabili del grosso delle violazioni che nel 2005 hanno incluso massacri, omicidi, sparizioni, sequestri, tortura ed estorsione”. Criticato anche il piano di Uribe per smantellare i gruppi paramilitari.
Perú, Venezuela e Cuba sono gli altri tre paesi a finire nel mirino. Il Perú paga per la gestione Fujimori sulle cui violazioni il potere giuridico non ha ancora condannato nessuno. “Cuba continua ad essere un’anomalia: un governo non democratico” recita il testo “che reprime quasi tutte le forme di dissidenza politica”.
Infine, il Venezuela di Chávez viene criticato per le leggi che hanno debilitato il potere giudiziario. Il documento, diviso per paesi, si può trovare in formato pdf qui:
http://www.hrw.org/wr2k6/americas/index.htm

Tuesday, January 17, 2006

Gli schiavi del Duemila

Le ispezioni rurali ordinate dal governo di Lula da Silva hanno dato angoscianti risultati. Attraverso il controllo dei cantieri e delle piantagioni amazzoniche, i funzionari hanno liberato nell’anno appena trascorso 5090 persone costrette a lavori forzati, in stato di semischiavitù. I lavoratori vengono contattati da terzi ed inviati nelle fazende. Qui, dopo alcuni mesi si rendono conto che tutto quanto hanno occupato (vitto, alloggio, arnesi) gli sono stati affittati a prezzi altissimi, trovandosi così in debito con il datore di lavoro. Trovandosi le proprietà isolate e vigilate da guardie private, gli sfortunati non possono scappare e vengono costretti a cancellare i debiti attraverso il lavoro forzato. Secondo stime del governo brasiliano dovrebbero ancora esserci 20.000 persone costrette a questo tipo di pratica illegale che è comune anche sul lato peruviano dell’Amazzonia. A subire le angherie di imprenditori senza scrupoli sono le comunità indigene.
La banca dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro offre un panorama completo su queste tematiche:
http://www.ilo.org/public/spanish/support/lib/dblist.htm

Monday, January 16, 2006

Vince il buon senso

Come si profilava ieri, la Bachelet è quindi diventata presidente del Cile. Si tratta senza dubbio di un messaggio positivo perchè si tratta di una donna, perchè il Cile continua la traiettoria democratica della Concertación, perchè rappresenta un governo moderato, perchè ha perso la destra. È una netta presa di posizione dei cileni, che ripudiano così tutto quello che è stato Pinochet e tutto quello che ha lasciato in eredità. Non dobbiamo dimenticare che, mentre la Bachelet vedeva suo padre (militare, ma avverso alla dittatura) morire per mano degli sgherri del regime, ed ella stessa soffriva la prigione, Piñera se ne stava tranquillo ad Harvard, appoggiando la “pulizia” che stava facendo Pinochet. La nuova destra, che si lava la faccia e si ripropone in termini di commercio e del facile vogliamoci bene, prospera solo nei Paesi dove l’elettorato guarda più all’immagine che alla sostanza. Piñera è, a detta degli stessi osservatori latinoamericani, il Berlusconi cileno. Gli è andata male, i cileni non sono poi tonti come gli italiani. Un asso nella manica, però, Piñera ce l’ha: comperare un paio di televisioni in più e ripresentarsi tra cinque anni.
Tutti i risultati sulle elezioni cilene, qui:
http://www.elecciones.gov.cl/

Sunday, January 15, 2006

Ambasciatore non porta pena

Antonio Garza è l’ambasciatore degli Usa in Messico (oltre che marito della messicana più ricca, María Aramburuzabala, proprietaria della birra Corona). Sul tema del muro che gli Usa vorrebbero costruire alla frontiera ha espresso alla stampa alcuni concetti, che lasciamo senza commento perchè possiate valutarli in tutta la loro portata.
“Il confronto tra il muro che si vuole costruire alla frontiera messicana ed il muro di Berlino è disonesto ed offensivo”.
“Il muro di Berlino fu costruito da un governo autoritario per mantenere confinato un popolo. Il nostro governo è stato eletto democraticamente e propone metodi per proteggere i propri cittadini e per applicare nuove leggi migratorie”.
“Gli Stati Uniti devono proteggere le frontiere per difendersi dal terrorismo internazionale”.
“Non esiste un diritto umano di passare le frontiere illegalmente”.
“Il governo messicano dovrebbe sforzarsi per creare posti di lavoro con salari ben pagati”.
Proprio l’altro giorno, l’ambasciata degli Stati Uniti in Costa Rica, ha negato il visto ad una bimba malata di Aids che voleva compiere il desiderio di visitare Disneyland.

Saturday, January 14, 2006

Una donna per il Cile

Domenica ci saranno le elezioni in Cile. Il ballottaggio sembra propendere a favore della pediatra Michelle Bachelet che, nel caso di essere eletta, sarebbe la prima donna a rivestire la carica di presidente. “Sono socialista, agnostica e separata” ha detto di sè. Nel comizio di chiusura l’hanno accompagnata Antonio Skármeta, Miguel Bosé, Felipe González e Ana Belén a testimonianza di come sia eterogeneo l’appoggio a questa candidatura doppiamente significativa.
I sondaggi danno la Bachelet vincitrice con un 53% nei confronti del conservatore di destra Sebastián Piñera. I cileni chiamati alle urne sono circa 8.200.000. La campagna è stata lunga e la Bachelet ha dovuto fare un ultimo, forte, sforzo finanziario per poter contrastare l’avanzata del multimilionario Piñera. Decisivo, comunque, è stato il dibattito televisivo della scorsa settimana, in cui la Bachelet ha avuto la meglio sul suo avversario. L’immagine di manager aperto e sensibile di Piñera è caduta di fronte alla leggerezza delle sue proposte. La Bachelet non ha fatto altro che confermare le sue posizioni ed un programma che si basa su un socialismo moderato, nella linea già tracciata da Lagos. Insomma, niente di nuovo se dovesse vincere la Bachelet; il baratro se toccasse a Piñera. Il blog della Bachelet:
http://216.176.177.42/
La pagina della sua campagna:
http://www.michellebachelet.cl/m_bachelet/ambientes/0/

Friday, January 13, 2006

Il maglione di Evo

Evo Morales continua ad essere notizia. In effetti, con la sua elezione l’America Latina gira verso sinistra in maniera inequivocabile. Ieri, Vicente Fox, presidente messicano, trovandosi ormai senza compari, ha annunciato che non andrà alla cerimonia di insediamento dell’aymará. Morales, in tutta risposta, ha fatto sapere che in rappresentanza del Messico ci sarà il sub-comandante Marcos o un suo delegato. Nel bene o nel male, Morales è personaggio. E già si scorge una possibile nuova icòna per la sinistra: il maglione di lana di alpaca. Evo ne ha indossati diversi durante il suo viaggio in Europa, Asia ed Africa, dimostrando in questa maniera la sua avversione per le giacche e le cravatte. I giornali ne hanno fatto argomento di articoli e di editoriali. Ora, che si parli più dell’opportunità di vestire un maglione piuttosto che delle proposte politiche ce la dice lunga sulla stupidità ormai raggiunta dai mezzi di comunicazione. Sul tema si è scomodato anche il Nobel, José Saramago. Sulla discussione nata sui maglioni di Evo, lo scrittore ha dichiarato: “È la dimostrazione della stupida superbia dei popoli civilizzati”.
Ossia, gli stessi che si appassionano per il Grande fratello o per l’Isola dei Famosi, mentre la propria vita passa inutile, anno dopo anno, senza argomenti degni di nota.
Tutto su Morales lo trovate su questo blog:
http://donevomorales.blogspot.com

Thursday, January 12, 2006

Senza candidatura

Il Tribunale elettorale peruviano ha rifiutato la candidatura di Alberto Fujimori. El Chino, che è detenuto in Cile in attesa che venga discussa la sua estradizione, non può presentarsi alle elezioni del prossimo aprile perchè inabilitato dal ricoprire funzioni pubbliche fino al 2011. Mentre l’avvocato ha fatto ricorso (lunedì la risposta definitiva), il fujimorismo ha già pronta la ruota di scorta. Si chiama Martha Chávez ed è diputata (per un tempo sospesa per concussione) fedelissima dell’ex presidente.
Gli altri partiti non stanno a guardare. Al momento sono state presentate 24 candidature, una corsa ben nutrita per la presidenza. Secondo l’ultimo sondaggio –che dà ora al primo posto Lourdes Flores- Fujimori è in quinta posizione: davvero poco per chi pensava di tornare in patria e di ricevere tutti gli onori.
I suoi seguaci, intanto, hanno già dato luogo ieri a degli scontri con la polizia. Il disegno è quello, appunto, di sabotare delle elezioni che vedono Fujimori perdente.
Chi fosse interessato a seguire le elezioni peruviane, qui trova una lista di forum:
http://www.perupolitica.com/

Wednesday, January 11, 2006

Mercenari per necessità

Continuano i reclutamenti in Centro e Sudamerica da parte delle agenzie statunitensi in cerca di personale militare da inviare in Iraq ed in Afghanistan. Le ditte in questione si chiamano 3D Global Solutions e Triple Canopy.
Le persone reclutate finiscono a fare le guardie di sicurezza per le imprese private statunitensi. Il maggior contigente è costituito dai peruviani (circa 700 effettivi), seguiti dai cileni, dagli honduregni e dai nicaraguensi. Con i salari da fame che ricevono nei loro paesi, la proposta della Triple e della Global Solutions devono apparire un’opportunità unica.
Sul contratto che firmano, vengono rese note anche le indennità. Queste vanno da un massimo di 243.000 dollari per la perdita di un braccio a un minimo di 12.500 dollari per un dito del piede. Sconosciuta la cifra in caso di decesso. Intanto, il primo mercenario peruviano è morto ad inizio dicembre in Afghanistan.
Se volete arruolarvi e combattere il taleban, potete contattare le agenzie sopracitate. In caso di morte lascerete un buon gruzzoletto ai vostri familiari.
http://www.triplecanopy.com/
http://www.3dglobalsolutions.net/

Tuesday, January 10, 2006

Le cattive compagnie

Evo Morales è giunto in Cina, uno degli scali del lungo viaggio che l’ha portato a Cuba, in Europa e che proseguirà in Sudafrica, Brasile e Argentina. Non ha rilasciato interviste, ma secondo il suo staff ha speso parole positive per la Cina, che spera si trasformi in socio commerciale e politico della Bolivia.
La Cina è, secondo le fonti governative, “un alleato politico, ideologico e programmatico del popolo boliviano”.
La Cina, diciamo noi, oltre ad essere un socio da evitare non è proprio un buon esempio per nessuno. Da tempo l’ideologia cinese è risultata una bugia, in nome della quale sono state commesse abominevoli atrocità. Come non bastasse nella Cina di oggi si condanna a morte, non si rispettano i diritti umani, i lavoratori sono trattati come schiavi e vige la repressione proprio come nel passato. Solo che ora la Cina serve all'Occidente, per cui tutti zitti.
Morales vuole essere complice di tutto questo?
Ma dove vai, Evo?

Monday, January 09, 2006

L'atomica argentina

È uscito sul Clarín di ieri, un interessante reportage a proposito dei giorni della guerra delle Falklands. Il quotidiano rivela infatti il piano del generale Galtieri, uno dei dittatori dell’Argentina di quei giorni, di costruire una bomba atomica. L’idea era quella di trasformare l’Argentina nella prima potenza nucleare sudamericana, in maniera di contrastare al Brasile la leadership della regione.
Per fortuna, è finita come è finita. Nel 1983, con il ritorno alla democrazia, Raúl Alfonsín buttò il progetto nella spazzatura.
http://www.clarin.com/suplementos/zona/2006/01/08/z-03415.htm

Sunday, January 08, 2006

Il muro e la vergogna

Ha scatenato un putiferio la decisione del Congreso degli Stati Uniti di approvare la costruzione di un muro alla frontiera con il Messico. Domani si riuniranno in questo paese i cancellieri dei paesi centroamericani, dello stesso Messico, della Colombia e della Repubblica Dominicana. Secondo l’amministrazione Bush, solo costruendo questo muro si potrà porre un freno all’emigrazione illegale proveniente dall’America Latina. È incredibile come, in mancanza di politiche adeguate (è incompetenza?) si ricorra ancora a questi metodi che ci ricordano gli anni bui delle democrazie dell’Europa Orientale e del comunismo più becero. Che gli Usa ed Israele, che si presentano al mondo come campioni della democrazia, utilizzino questi criteri di sicurezza, ci fa capire quanto in basso siano caduti i presupposti di coloro che dovrebbero velare per le nostre libertà. L’ossessione per la sicurezza sta offrendo ai governi occidentali una scusa per limitare i nostri diritti. Stiamo diventando sempre più piccoli e anche la gabbia dove siamo rinchiusi si sta pericolosamente restrigendo. Interroghiamoci sulle nostre democrazie, interroghiamoci su quale futuro ci aspetta.: i muri sono solo una vergogna.

Saturday, January 07, 2006

La storia si ripete

Ancora una volta le carceri dell’Honduras si sono trasformate in un campo di battaglia. Tredici morti, risultato di una sparatoria tra bande rivali, si sono registrati ieri in un centro di detenzione nei pressi della capitale Tegucigalpa. È la terza tragedia di questo tipo in meno di tre anni. Nell’aprile 2003 vi furono 70 morti nella prigione di La Ceiba; nel maggio 2004 i morti furono 107 nel carcere di San Pedro Sula. Le ragioni sono tante: sovraffollamento, mancanza di programmi di recupero, condizioni disumane, ammutinamenti, omicidi, corruzione. Più di tutto, però, conta il fatto che le carceri si sono trasformate in microcosmi dove si ripetono le condizioni delle periferie urbane, dove le bande dei giovani emarginati si affrontano in sanguinose lotte di potere.
Il governo dell’Honduras ha perso da tempo la battaglia delle carceri. Convinto che le misure repressive siano quelle giuste, ha riempito i centri penitenziari fino all’inverosimile. Le tragedie degli ultimi anni non sono altro che il risultato di queste politiche, che hanno cancellato ogni intervento sociale per il recupero dei ragazzi. Leggetevi l’articolo che segue, con le dichiarazioni del presidente honduregno, Ricardo Maduro e si titola appunto “Riempirò le carceri di delinquenti”.
L’incipit lo dice tutto: “Il mio desiderio è quello di sbattere dentro tutti i delinquenti. Poi mi preoccuperò del sovraffollamento”. (Tra l’altro, affrontammo questo argomento su Narcomafie del luglio/agosto 2004).
http://www.casapresidencial.hn/2005/01/13_2.php

Thursday, January 05, 2006

Il talento e la presunzione

Mario Vargas Llosa ha il grande pregio di essere uno scrittore di talento. Purtroppo, ha però anche un grande difetto, che è quello di essere un presuntuoso. In America Latina ormai tutti conoscono le sue sparate, assicurate da succulenti contratti che gli permettono di pubblicare sulle testate di tutto il continente, Usa compresi. Non di rado fa anche la figura dello stupido, come quando ha celebrato l’invasione di Baghdad da parte dei marines come la riconquista da parte dell’umanità dei tesori di Babilonia. Di fatto, la sconfitta che subì da parte dell’allora sconosciuto Fujimori nelle elezioni presidenziali in Perú, rientrano proprio in quest’ottica: Vargas Llosa è supponente e, spesso, fastidioso. I peruviani lo sapevano e lo hanno dimostrato con il voto del 1990. Dopo 15 anni di dibattiti ed interviste fuori del suo Paese, ora lo sa anche il resto del mondo. D’altronde a lui piace infrascarsi nelle polemiche, probabilmente perchè gli permettono di conquistare le prime pagine anche in tempi in cui la vena letteraria sembra averlo abbandonato. L’ultima di queste riguarda un attacco al presidente argentino Kirchner. Lunedì lo scrittore è stato a Managua per ricevere il premio “Rubén Darío” e nel suo discorso ha descritto Kirchner come: “Un tipo sgardevole, un demagogo che non ha le idee chiare”. Inoltre, ha messo in dubbio la libertà di stampa in Argentina, cosa che ha stupito anche gli stessi giornalisti di questo paese che, in quanto a repressione, ne sanno certamente qualcosa.
La risposta argentina non si è fatta attendere. “Vargas Llosa è un mediocre”, ha replicato Aníbal Fernández, il Ministro dell’Interno.
E forse ha ragione. Vargas Llosa è un uomo mediocre dal grande talento letterario. Un talento, però, che non lo salva dalla mediocrità.

Wednesday, January 04, 2006

La coca del sole

A chi fosse sfuggito, segnalo questo articolo di Stella Spinelli pubblicato su Peacereporter che narra di un uso alternativo della foglia di coca. Ne parliamo perchè di questi tempi sembra che tutta la politica sulla coltivazione della coca sia stata rimessa in gioco. In questo caso, gli indigeni colombiani Nasa hanno cominciato la produzione della Coca Sek (la Coca del Sole) bevanda controversa a base, appunto della foglia di coca. Gliela lasceranno vendere?

http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idart=4286

Tuesday, January 03, 2006

Di nuovo le Falklands

Falklands o Malvinas? Oggi il governo argentino ha chiesto ufficialmente a quello inglese di riaprire i negoziati per ridiscutere la sovranità sull’arcipelago. Il passo diplomatico avviene nel 173esimo anniversario dell’occupazione inglese, avvenuta il 3 gennaio 1833 quando le forze coloniali inglesi cacciarono le varie comunità che vi si erano stabilite.
La guerra propagandistica voluta dalla dittatura argentina costò nel 1982 quasi mille morti tra le due parti. Particolarmente vile fu l’affondamento della General Belgrano, voluto come colpo propagandistico dalla Thatcher –si era in anno di elezioni in Inghilterra- che aveva già sul proprio tavolo la proposta di pace. L’azione costò la vita a 323 marinai argentini e fu usata appositamente per fini elettorali. L' Argentina reclama come proprie anche le isole Georgia e Sandwich del sud, che furono parte del conflitto del 1982.

La mossa del governo di Kirchner non sembra però incontrare favore alcuno in Gran Bretagna, nonostante le risoluzioni dell’Onu che invitano alle trattative.
In questo sito, un forum di discussione tra argentini ed inglesi promosso dagli abitanti delle Falklands/Malvinas.
http://www.falklands-malvinas.com/rules.html