blog americalatina

Name:

"Hay muchas maneras de contar esta historia, como muchas son las que existen para relatar el más intrascendente episodio de la vida de cualquiera de nosotros".

Saturday, December 31, 2005

Libertà di stampa

Finisce l’anno ed è doveroso uno sguardo alla libertà di stampa. Le nazioni latinoamericane hanno migliorato, secondo Reporters sans frontières, le loro posizioni e la loro tolleranza nei confronti della stampa. Rimane il caso di Cuba, lungi dall’essere risolto e che ha fatto registrare un anno nero per giornalisti oppositori e stranieri.
Delle 167 nazioni studiate, Cuba occupa il 161esimo posto nel mondo. Malissimo anche il Messico, situato nella posizione 135 e la Colombia, relegata al posto 128.
Il migliore paese latinoamericano in quanto a libertà di stampa è risultato El Salvador, che occupa il posto 28 nel mondo. D’altronde, il presidente Tony Saca è giornalista sportivo. Dietro vengono la Costa Rica (41), la Bolivia (45) e l’Uruguay (46).
Da risaltare che l’Italia occupa la posizione numero 42, gli Stati Uniti quella numero 44.
La classifica intera si trova qui:
http://www.rsf.org/rubrique.php3?id_rubrique=556

Per il resto, buon Anno 2006.

Friday, December 30, 2005

300 Leopard per il Cile

Cosa se ne fa il Cile di 300 nuovi fiammanti carri armati Leopard 2? Questa è la domanda che si fanno soprattutto Perú e Bolivia, all’indomani dell’annuncio dell’acquisto del primo lotto avvenuto nei giorni scorsi.
Il Cile, nonostante abbia un presidente socialista e si sia indirizzato sul cammino della democrazia, si caratterizza per aver mantenuto intatto il suo spirito militarista (leggete il motto sullo scudo nazionale qui a fianco: "Con la ragione o con la forza"). Durante il governo di Lagos, le forze armate si sono rinnovate diventando le più moderne dell’intera America Latina: 3 fregate da guerra, 18 aerei F-16, altri 220 carri armati sono stati acquistati negli ultimi sette anni, mentre per il 2006 è previsto il rinnovamento della forza elicotterista. Perchè il Cile si sta armando? Paura dei movimenti indigenisti della Bolivia e del Perú che chiedono la restituzione di quanto perso nella lontana Guerra del Pacifico? Il tema è serio e va tenuto d’occhio, anche perchè destabilizza l’apparente traquillità della regione.
Cifre, dati e foto dell’armamento cileno si trovano su questa pagina:
http://www.saorbats.com.ar/Fuerzas%20Armadas%20de%20Chile.htm

Thursday, December 29, 2005

Quando l'indigenismo va a destra

Mancano più di quattro mesi all’elezioni in Perú (9 aprile), ma la campagna è già iniziata e sta dando interessanti indicazioni. La più importante è quella che vede al primo posto nelle intenzioni di voto Ollanta Humala, un nazionalista di destra poco conosciuto all’estero, ma che ha acquisito grande notorietà in casa propria per le sue dichiarazioni dal tono marcatamente razzista.
Gli Humala non sono solo Ollanta, ma un vero e proprio clan. Il padre, Isaac, è il fondatore del movimento etnocacerista, nato sull’onda del sentimento anticileno (il Cile si è appropriato in differenti guerre di quasi la metà del territorio peruviano) e che si è diffuso grazie ad un lavoro a tappeto svolto da Ollanta e dai suoi sei fratelli. Uno di questi, Antauro, fu il protagonista nel gennaio scorso di un’insurrezione armata ad Andahuaylas. La ribellione costò sei vite umane ed Antauro è finito in carcere, ma servì su un piatto d’argento una pubblicità gratuita a tutto il movimento etnocacerista. Indigenismo, nazionalismo, militarismo e populismo sono i temi cari agli Humala che, nelle loro bandiere e nei loro fregi ricordano i simboli nazisti. Certo che ci mancava, quella degli indios nazi.
Questi i numeri dell’ultimo sondaggio: Humala 21,7%; Flores Nano 21,2%; Alan García 19,8%; Valentín Paniagua 16,7%.
In questa intervista rilasciata alla Bbc nel gennaio scorso in seguito ai fatti di Andahuaylas, Ollanta Humala rivendicava il diritto della popolazione a sovvertire l’ordine costituito:
news8.thdo.bbc.co.uk/hi/spanish/latin_america/newsid_4143000/4143315.stm



Wednesday, December 28, 2005

Il viaggio di Marcos

Lunedì, primo gennaio 2006, a dodici anni dalla ribellione, il sub-comandante Marcos lascerà il Chiapas per un viaggio di sei mesi attraverso il Messico. Lo scopo del viaggio è quello di incontrarsi con i dirigenti degli altri movimenti insurrezionali del Paese per creare un fronte unitario della sinistra.
L’iniziativa è stata chiamata “La otra campaña”, l’altra campagna,
Di seguito riporto il comunicato natalizio con cui Marcos denuncia il clima di persecuzione che è stato scatenato dalle autorità nei confronti degli organizzatori della campagna.

Comunicado del Comité Clandestino Revolucionario Indígena. Comandancia General del Ejército Zapatista de Liberación Nacional, México.
25 de diciembre de 2005.
Al pueblo de México, a los adherentes a La otra campaña, a los pueblos del mundo
Hermanos y hermanas, Compañeros y compañeras:
El Ejército Zapatista de Liberación Nacional señala lo siguiente:
Primero . Conforme se acerca el inicio de la participación directa del EZLN a través de su comisión sexta y junto a miles de mexicanos, en La otra campaña, va creciendo el clima de hostigamiento, amenaza y persecución en contra de quienes están comprometidos en esta iniciativa.
Segundo . En Chiapas, han recibido ataques directos y amenazas los compañeros Gustavo Jiménez y Gabriel Ramírez, además de los compas del Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de las Casas y de la organización de "Maderas del Pueblo". En otros puntos de nuestro país se dan amenazas y ataques semejantes, como la detención en Oaxaca de Joel Aquino, las continuas agresiones en contra de los hermanos que se oponen en el estado de Guerrero a la construcción de la presa de La Parota y los cierres o intentos de cierre de radios comunitarias indígenas.
Tercero . En las zonas chiapanecas de las distintas juntas de buen gobierno zapatistas crece la beligerancia de las organizaciones corporativas del Partido Revolucionario Institucional (PRI) y de su hermano vergonzante, el Partido de la Revolución Democrática (PRD).
Cuarto . En el caso del PRI, la llamada Opdicch avanza en su conformación como grupo paramilitar, con la anuencia de los gobiernos federal y estatal de Chiapas, y monta provocaciones en diversos puntos de la selva Lacandona. En la zona norte, organizaciones priístas mantienen sus amenazas en contra de bases de apoyo zapatistas y de miembros de otras organizaciones hermanas.
Quinto . La llamada Cioac-histórica, filial del PRD, pretende presentar desgracias provocadas, alentadas y perpetradas por su dirigencia, como realizadas por bases de apoyo zapatistas. Los dirigentes de la Cioac-histórica, uno de los apoyos de la campaña de López Obrador en el estado, usan las muertes de sus compañeros (asesinados por miembros de la misma Cioac), para el objetivo de conseguir posiciones en las próximas elecciones en Chiapas, mientras cientos de desplazados, mujeres, hombres, niños y ancianos miembros de su organización, deambulan sin comida ni techo.
Sexto . Todo esto es ocultado por la mala y tragicómica comedia de las elecciones de arriba con un doble objetivo: deshacerse de todo aquello que no esté en la lógica de arriba; y presentar, a la opinión internacional, la apariencia de "normalidad democrática" del ambiente electoral.
Séptimo . El EZLN llama a todos los adherentes a la sexta y a La otra campaña para que levanten su voz de protesta, se solidaricen con todos los agredidos, perseguidos y amenazados, y no detengan sus trabajos en la construcción de un movimiento nacional anticapitalista y de izquierda.
¡Democracia! ¡Libertad! ¡Justicia!
Desde las montañas del sureste mexicano.
Por el Comité Clandestino Revolucionario Indígena-Comandancia General y la Comisión Sexta del Ejército Zapatista de Liberación Nacional.
Subcomandante insurgente Marcos.
Potete mantenervi aggiornati sullo sviluppo della campagna sul sito web dell’Esercito zapatista:
http://www.ezln.org.mx/

Tuesday, December 27, 2005

Uno schifo di Nobel

Il premio Nobel per la pace è stato insignito, in America Latina, a personaggi che hanno vissuto sulla propria pelle le stagioni del terrore. Pensiamo alla guatemalteca Rigoberta Menchú o all’argentino Adolfo Pérez Esquivel, che seppur vessati, discriminati e perseguitati hanno saputo opporre alle dittature l’opposizione della parola e del pensiero pacifista. Nel lungo elenco dei premiati appare, però, anche il nome di Henry Kissinger, che in America Latina è stato fautore e sobillatore di genocidi, colpi di Stato ed azioni criminali. Mandante del golpe cileno di Pinochet, finanziatore del terrore in Argentina ed Uruguay, Kissinger è oggi isolato anche nel suo stesso Paese, dove si sono infine resi conto di quanto scomodo e squallido sia il personaggio. Vi invito a firmare la petizione che a livello internazionale chiede la revoca del premio Nobel consegnato a Kissinger nel 1973. Si tratta di ridare un poco di credibilità alla storia ed un poco di giustizia alle migliaia di persone che sono state sequestrate, torturate ed eliminate nel nome degli interessi personali di questo signore e della sua cricca di amici. La petizione si può firmare qui:
http://web.peacelink.it/tematiche/latina/nobel/index.php3

Monday, December 26, 2005

Le magre braccia del Natale

Ho ricevuto da Giulio Vittorangeli questa nota sul Natale a Managua. La ripropongo volentieri per tutti voi.
"Cerco di chiedermi quando uno cominci ad abituarsi, quando uno cominci a guardare questo gruppetto di tre bambini. Lei, la più alta, lui, in mezzo e il più piccolo, succhiandosi il dito, mentre gli altri chiedono al padrone del negozio di dolci di regalargli qualcosa. Cerco di chiedermi quand'è che uno già non pensa, già non si spaventa nemmeno nel vedere questa magrezza, i capelli tostati, gli zigomi di un'altra età sui loro visi di pochi anni. In quale momento uno già non pensa e si gira a guardare da un'altra parte e comincia a pensare ad altre cose, a parlare di altro e a scrivere altre cose. Scusatemi se dicembre mi è sempre sembrato il mese più triste, dove per paradosso e nonostante le luci, i rumori e la scarsa tredicesima, la povertà di questo popolo si vede ancora di più in carne viva. Ci sono due Managua, come due Nicaragua, ogni giorno più lontane e pietra su pietra, per ogni centro commerciale per pochi, per ogni attività illegale, per ogni bustarella di corruzione, per ogni zona franca che si apre, questo muro di rumore si eleva sempre più alto. Questa forma costante di povertà che dobbiamo vincere ogni giorno, questa abitudine alla magrezza estrema, questo dicembre di povertà che finisce con il desiderio, ostinatamente ingenuo, che girando l'angolo dell'anno alcune cose cambieranno davvero. Questa rabbia che dà la magrezza di piccole braccia che si allungano verso la vetrina di una negozio di questa strada. Questa rabbia, questa rabbia, che almeno lei non scappi, fuggendo sotto il rumore".

Saturday, December 24, 2005

Buon Natale/Feliz Navidad

Friday, December 23, 2005

Le corna del presidente

Lo chiamano El Roñas, come dire il Cercarogne, e migliore soprannome non potevano affibbiargli. Santiago González Osorio, questo il suo vero nome, ha 17 anni, da alcuni mesi è rinchiuso in riformatorio, ma questo non gli ha impedito di diventare l’adolescente più famoso del Messico. Durante la visita di Vicente Fox e della moglie al centro di detenzione, Santiago ha infatti approfittato della foto ricordo per fare le corna al presidente. Se questo non è cercarsele... Santiago ha poi chiesto scusa, ma intanto le corna restano.

Thursday, December 22, 2005

Il Sendero del narcotraffico

Sendero Luminoso è tornato ad uccidere ieri. A cadere in un’imboscata è stato un gruppo di poliziotti. 8 i morti, un solo superstite. Il fatto è avvenuto nella regione di Tingo María. Due settimane fa, in un altro agguato, Sendero aveva cercato di liberare un narcotrafficante, Pablo Curo Gamarra, mentre veniva trasportato in carcere. Nell’azione erano morti cinque poliziotti ed il PM era rimasto gravemente ferito, mentre Curo Gamarra non era riuscito a scappare. L’escalation di Sendero era stata annunciata da mesi dal primo ministro peruviano, Pedro Pablo Kuczynski, mentre era stata ridicolizzata dal presidente Toledo.
Le colonne rimanenti di Sendero, per garantire la propria sopravvivenza, funzionano ormai come truppe mercenarie dei cartelli della droga. Divise in gruppi di circa 50-80 effettivi, sono tornate ad operare nell’agosto 2004 dopo una relativa calma. Da allora hanno intensificato le loro azioni, soprattutto nella regione a ridosso dell’Amazzonia peruviana, garantendo con le loro armi la coltivazione ed il trasporto della coca. Per avere un’idea sulle recenti operazioni dei senderisti:
http://www.rpp.com.pe/portada/nacional/27591_1.php
Una lettura in italiano su cosa è stato Sendero ed il suo impatto sulla gente del Perú la trovate nel libro “All’ombra di Sendero”, di Edilberto Oré Cárdenas, pubblicato in Italia da Multimage. Lo potete richiedere alla casa editrice:
http://www.multimage.org/

Wednesday, December 21, 2005

Coca di Stato

Evo Morales, a due giorni dall’aver vinto le elezioni in Bolivia, si è pronunciato sulla coca. Gli Stati Uniti hanno investito 150 milioni di dollari negli ultimi dieci anni per sradicare la coltivazione della coca in Bolivia. Morales, che è stato dirigente dei cocaleros del Chapare, andrà nella direzione opposta.
Parleremo con gli Usa per un’alleanza contro il narcotraffico” ha detto il presidente neo eletto ieri in un’intervista. “Siamo d’accordo per la lotta alla cocaina ed al narcotraffico, ma appoggeremo la coltivazione della coca e i cocaleros. La lotta al narcotraffico è un pretesto per il controllo di interessi geopolitici”.
Il piano di Morales prevede la coltivazione della coca per uso tradizionale (da masticare e per fini medicinali e culturali), con un controllo periodico della produzione e del fabbisogno da parte degli organi statali. Gli Usa, per il momento si sono pronunciati cautamente, elogiando il popolo boliviano per il pacifico comportamento durante la giornata di votazione. Su Morales, invece, poche parole, anche perchè solo nell’agosto passato il Dipartimento di Stato lo aveva tacciato di “pericoloso agitatore”.
Una galleria di foto della manifestazione contro Sánchez de Losada nel marzo 2004:
http://www.bolivia.indymedia.org/es/2004/03/7875.shtml

Tuesday, December 20, 2005

Come fregarono Faccia d'ananas

Sedici anni fa, a mezzanotte, prendeva il via l’operazione Giusta Causa: l’invasione di Panama. L’ex alleato, agente Cia, creato ed addestrato dagli istruttori statunitensi, Manuel Noriega, era diventato troppo pericoloso. “Faccia d’ananas”, così utile negli anni anteriori, era ora divenuto improvvisamente impopolare. Catturare Noriega costò la vita di tremila panamensi, durante giorni di combattimento per le strade del quartiere del Chorrillo, non solo fedelissimi del generale, ma tanta gente innocente ed altra che, semplicemente, pensava di difendere il proprio paese da un’invasione straniera. Di fatto, l’invasione fu un atto unilaterale, senza alcuna dichiarazione di guerra (Bush padre faceva le prove dell’attacco preventivo) e servì agli Usa per provare la nuova tecnologia militare, in particolare la capacità di combattimento dello Stealth, il caccia bombardiere fantasma.
La scusa per l’aggressione (il legame di Noriega con il narcotraffico) si rivelò, come le armi nucleari in Iraq, una panzana. Due anni dopo l’invasione, il volume di droga che passava per Panama era raddoppiato. La verità è che gli Usa, nella zona del Canale, avevano bisogno di un alleato fedele e non di un infido casinista. L’etica e la moralità dei politici panamensi seguiti a Noriega ha lasciato molto a desiderare: gli ex presidenti Balladares e la signora Moscoso hanno rubato a piene mani, ma non per questo sono stati presi a cannonate. Attenzione però a rigurgiti a sinistra (l’attuale presidente è figlio di Omar Torrijos, generale populista degli anni Settanta, fatto “accidentalmente” saltare in aria sul suo elicottero): il Canale è sì sotto giurisdizione panamense, ma qui tutti conoscono perfettamente la clausula che il trattato autorizza gli Usa ad intervenire per assicurare il libero traffico marittimo. Quando e come credino lecito.
Per la cronaca: Noriega oggi ha 67 anni ed è in carcere, naturalmente. Tra due anni il suo caso potrebbe essere riaperto, come risulta dalla fedina federale che trovate qui:
http://www.bop.gov/iloc2
nel servizio Inmate Finder.

Monday, December 19, 2005

Da pastore a presidente

Se lo aspettavano un poco tutti che Evo Morales avrebbe vinto le elezioni in Bolivia. Ora, però, non si sa che attendersi dal dopo voto. La Bolivia è terra di grandi contrasti. Nord e sud, ricchi e poveri, bianchi e indigeni, La Paz e Santa Cruz: tutto è antagonismo portato all’estremo. Negli ultimi anni la chiave di volta della politica boliviana è stato il sottosuolo di questo paese, ricchissimo di gas. Una ricchezza, questa, che gli anteriori presidenti pro-liberali volevano esportare a tutti i costi negli Usa. A Sánchez de Losada, nell’ottobre 2003, questa posizione è costata la poltrona e gli è valso l’esilio. Da allora la Bolivia è un gran caos. Nel nord, ci sono le montagne, gli indigeni, c’è La Paz, c’è povertà. Nel sud, nella pianura, c’è Santa Cruz, ci sono gli imprenditori, c’è il gas, ci sono i soldi. Qualche mese fa si era parlato addirittura di secessione, perchè i ricchi di Santa Cruz dei pezzenti del nord non sanno che farsene (su Diario, ne avevamo parlato in un reportage il 25 febbraio).
Morales ha fatto il pastore fino a 15 anni, quando ha scoperto l’importanza di leggere e scrivere (ancora oggi l’analfabetismo è al 20% in Bolivia). A capo del Mas (Movimiento al socialismo), ha scalzato dalla presidenza un presidente dopo l’altro. Ora tocca a lui e con lui l’America Latina va sempre più a sinistra, in barba alle avvertenze e alle minacce degli Usa, perchè da anni Morales insiste sul rispetto della cultura indigena e questo significa rimettere in discussione l’uso legale della coca. C’è da credere quindi che un pastore presidente a Washington proprio non vada giù. Morales stesso oggi, in un’intervista apparsa sul quotidiano brasiliano O Globo, ha ribadito che non esclude un intervento Usa. Ne correrà il rischio, però.
Sulle elezioni in Bolivia, notizie in tempo reale su:
www.radiomundoreal.fm

Sunday, December 18, 2005

Chiara: 10 giorni e non sentirli


Trattandosi di domenica, il tema è leggero. Anzi, è una foto leggera e tenera. La bimba (la mia bimba) è Chiara, ha 10 giorni, fate piano per non svegliarla. Ciao, a presto.

Saturday, December 17, 2005

L'emigrazione come calcolo politico

Sono almeno duecento le persone che ogni anno, nel tentativo di attraversare illegalmente la frontiera tra Messico e Stati Uniti, scompaiono nel nulla. Ad ingoiarle sono il deserto o i regolamenti di conti con i coyotes, gli intermediari che si offrono, a cambio di lauti compensi, di portarle dall’altra parte. Secondo dati offerti dal governo messicano sono invece 451 i cadaveri finora rinvenuti lungo la frontiera (l’aggiornamento è del 14 dicembre). Di questi, 324 sono stati identificati.
Le cifre, nude e crude, parlano chiaro di quanto costa in vite umane il sogno americano. Il governo messicano ha protestato alle dichiarazioni della settimana passata di Bush di voler costruire un muro che divida la frontiera tra i due paesi (decisione avallata oggi dalla Camera dei rappresentanti). L’amministrazione Fox, però, in tutti quesi anni si è ben guardata dall’inaugurare politiche di aiuto alle fasce sociali più esposte.
Il motivo? Se da una parte 400.000 messicani che emigrano annualmente in forma illegale possono rappresentare un’immagine negativa del paese, dall’altra non si può rinunciare alle laute rimesse che questi inviano a casa, contribuendo ad aiutare la ristagnante economia messicana. Quest’anno la cifra potrà raggiungere i 20 mila millioni di dollari, una quantità che nessuna impresa messicana è in grado di generare. Emigrate, gente emigrate.

Thursday, December 15, 2005

Vittime e carnefici


La giustizia si muove lenta, ma si muove. Anche in Argentina. Ora, a quasi trenta anni dalla scomparsa dello scrittore Rodolfo Walsh, la magistratura ha dato nome e cognome ad otto militari responsabili della sua sparizione. Sono Alfredo Astiz, Jorge Acosta e Jorge Radice i principali esecutori di quella che chiamarono “Operación Masacre”, riprendendo il titolo di uno dei romanzi di Walsh.
Walsh, che si era caratterizzato come critico del regime, venne imboscato per le strade di Buenos Aires il 25 marzo 1977. Lo scrittore, che sapeva di essere seguito, rispose al fuoco. Venne ferito e quindi rapito. Testimoni dicono di averlo visto in carcere, dove è stato torturato fino a procurarne la morte. Il suo cadavere non è mai stato trovato. Il suo ultimo scritto, presentato proprio il giorno prima del suo rapimento, si intitolava “Carta abierta a la Junta militar”, una lettera aperta che gli costò la vita:
http://www.literatura.org/Walsh/rw240377.html
Se Walsh è stata la vittima di questa storia, Alfredo Astiz ne è il carnefice. Come Patti, di cui abbiamo parlato qualche giorno fa, anche Astiz è stato torturatore e se ne è sempre vantato: “Sono la persona meglio preparata per uccidere politici e giornalisti nell’intera Argentina”, ha detto di sè. L’Angelo Biondo, lo chiamavano le madri dei desaparecidos, senza sapere che il giovane che partecipava alle loro riunioni era l’infiltrato Astiz in cerca di quelle rivelazioni che le sue vittime si erano negate a fargli. Valendosi della fiducia delle madri di Plaza de Mayo ordinò il sequestro di alcune di loro, tra cui la fondatrice del gruppo, Azucena Villaflor. Astiz è libero perchè la “legge del perdono”, seguita alla dittatura, lo esime da qualsiasi castigo. Spagna, Francia, Italia e Svezia ne hanno chiesto l’estradizione per giudicarlo su alcune delle 5.000 sparizioni di cui è responsabile.

Wednesday, December 14, 2005

Le Farc ai negoziati?

Si è fatto un passo importante verso la costituzione di una zona smilitarizzata in Colombia. Il governo di Álvaro Uribe ha infatti accettato la proposta dei paesi mediatori (Francia, Spagna e Svizzera) di costituire una frangia di 180 chilometri quadrati che porti ai negoziati con le Farc. La linea dura di Uribe non è servita, quindi, ed ora ci si trova nelle stesse posizioni di tre anni fa, con l’aggravante che ai sequestrati è stato comminato un lungo periodo di privazioni. Sono 63 attualmente i sequestrati in possesso delle Farc di cui il governo chiede la liberazione. Il più famoso di tutti è Ingrid Betancourt, la candidata alla presidenza della Repubblica ed ostaggio ormai da tre anni. La sua vicenda è peculiare per comprendere i meccanismi che guidano l’antagonismo tra i gruppi rivoluzionari ed il potere centrale. “The kidnapping of Ingrid Betancourt”, documentario girato da Victoria Bruce e Karin Hayes, fotografa perfettamente l’intera questione. Se avete occasione, andate a vederlo.
La parola ora tocca alle Farc, che però avevano già anticipato la richiesta di una regione più estesa. Sulla vicenda di Ingrid, due siti. Nel secondo c’è anche un forum.

http://www.ingridbetancourt.com/
http://www.4ingrid.com/

Tuesday, December 13, 2005

Protetti e controllati

L’uccisione di Rigoberto Alpízar, freddato dagli sceriffi dell’American Airlines nell’aeroporto di Miami, è passata quasi inosservata su tutti i giornali europei. È stata notizia finchè le autorità parlavano di un possibile attacco terrorista, poi quando si è saputo che ad essere assassinato era stato un passeggero qualunque, è caduto il silenzio. Invece, proprio ora sarebbe dovuta trasformarsi in notizia, giusto per parlare dei diritti di chi viaggia, a cosa ci esponiamo quando entriamo nella terra di nessuno degli aeroporti Usa o di alcuni europei. Quello di Alpízar è stato un caso limite, ma sono quotidiani gli abusi di potere che avvengono negli aeroporti internazionali statunitensi e su cui cade sempre il silenzio. Bisognerebbe parlare di come ci stiamo abituando a questi abusi, a come lasciamo che vengano adottati procedimenti sempre più umilianti, a come i nostri diritti siano ridotti a zero. E soprattutto: ci stanno proteggendo o piuttosto controllando?
Sulle reazioni dei costaricensi sulla morte del loro connazionale, leggete il forum:
http://www.nacion.com/cgi/conferencias?cmd=prmsg_listar&idc=205

Monday, December 12, 2005

L'azienda Cile

Michelle Bachelet ha vinto in Cile ma, com’era da aspettarsi, non è stato sufficiente per evitare il ballottaggio. Dietro, i due rappresentanti della destra, Piñera e Lavín hanno ottenuto il 25% ed il 23% rispettivamente. Già oggi Piñera ha confermato Lavín come suo segretario per il ballottaggio del 15 gennaio. In questa maniera il magnate cileno si assicura almeno un 48% dell’elettorato, superiore al 46% che ha raccolto la Bachelet al primo turno. Rimane un mese per sapere, quindi, se la nazione Cile diventerà come vuole Piñera l’azienda Cile, con tutti i pericoli che questo comporta. Restiamo a casa e facciamo un poco i conti con la nostra realtà per immaginare cosa potrebbe capitare agli amici cileni. Le presidenze di Frei prima e quella di Lagos dopo, hanno contribuito a fare di questo paese un esempio unico in America Latina dove dopo anni di dittatura è stato possibile inaugurare un programma concertato di conquiste sociali. Il socialismo di Lagos è stato contraddistinto da molti compromessi ma, nel complesso, ha dato vita ad un modello dove la crescita è stata uniforme.
Per Piñera, invece, lo Stato è un affare. Nei suoi spot, i suoi comizi e le sue apparizioni televisive il motivo di fondo è uno solo: il trionfo dell’individualismo, dell’uomo fattosi imprenditore ed arrivato a dominare imprese e consigli di amministrazione a muso duro, lasciando cadaveri reali e virtuali dietro di sè. I discorsi sull’individualismo abbagliano sempre, vedremo se anche i cileni ci cascheranno.
Ne riparleremo a gennaio. Intervista in audio a Piñera su:
http://www.infinita.cl/entrevistas/despliegue.tpl?identrevista=11112005112220
Intervista a Michelle Bachelet su:
http://salvador-allende.cl/Michelle/comments.php?id=195_0_1_0_C

Sunday, December 11, 2005

Messico senza pena di morte

Il Messico si è aggiunto ieri alla lista dei paesi dove è abolita la pena di morte. Il presidente Fox ha dato grande importanza al fatto, ricordando che il suo Paese “non reprime libertà e non permette abuso da parte delle autorità”. La dichiarazione viene in momenti difficili, proprio quando è venuto alla luce un video che dimostrava come degli agenti di polizia torturavano quattro narcotrafficanti ed infine ne giustiziavano uno a bruciapelo. L’inchiesta ha infine determinato che non vi era stato abuso di autorità, in quanto i poliziotti agivano fuori servizio. Torturare e giustiziare quindi si può fare, sempre e quando ci “si porti il lavoro a casa”.
Qui l’elenco la posizione delle varie nazioni nei confronti della pena di morte:
http://www.ya.com/penademuerte/listapaises.htm

Saturday, December 10, 2005

Il Far West nei cieli

La paranoia ha colpito ancora. Rigoberto Alpízar, un costaricense di 44 anni, è stato ucciso dagli sceriffi dell’American Airlines. La tesi ufficiale: aveva gridato di possedere una bomba. Una bugia, naturalmente. Tutti i testimoni, 113 passeggeri del volo che da Medellín dopo lo scalo a Miami stava proseguendo per Orlando, hanno dichiarato che Alpízar si era alzato dal suo posto, nervoso, e aveva cercato solo di abbandonare l’aereo. Immaginatevi ora che un bullo in pantaloncini e camicia hawaiana vi ingiunga di ritornare al vostro posto e voi, già infastiditi, lo mandiate al diavolo. Vi passerebbe per la testa che il surfista cercarogne sia uno sceriffo? Nemmeno per scherzo. Alpízar, quando si trovava nella manica di collegamento ha ricevuto sette-otto colpi di pistola dallo pseudo-surfista che lo hanno ucciso sul colpo davanti alla moglie che, esterrefatta, lo stava seguendo per cercare di calmarlo.
La morale è: non viaggiate su American, non viaggiate su linee aeree statunitensi e, se potete, evitate scali statunitensi. Io lo faccio da tempo, non per timore del terrorismo, ma per sfuggire alla paranoia Usa. Se avete voglia di andare al bagno su un aereo di una compagnia Usa pronto al decollo, o vi cacate addosso o morite: scegliete voi. Per non parlare dell’ambiente che si vive a bordo di tali aerei, dove si può respirare e quasi toccare con mano il sentimento guida che questa amministrazione Bush ha inoculato, come un siero, ai suoi cittadini: la paura.
Ma noi non vogliamo avere paura, vero? American Airlines, intanto fa lo gnorri: ecco il comunicato stampa –a dire il vero, abbastanza vergognoso- in cui annuncia l’incidente:
http://www.aa.com/content/amrcorp/pressReleases/2005_12/07_mia_S.jhtml

Thursday, December 08, 2005

Il potere del petrolio

Imposto velocemente questa breve, poi mi prenderò un paio di giorni di vacanza già che oggi nasce mia figlia. Ci risentiamo sabato.

È arrivato negli Usa il combustibile proveniente dal Venezuela e destinato alle famiglie povere del Bronx. L’iniziativa è partita dal deputato portoricano José Serrano ed è appoggiata dal governo venezuelano. Il prezzo fissato è quattro volte minore quello di mercato e permetterà a molte famiglie di questo quartiere di New York di poter risolvere il problema del riscaldamento invernale. Il piano pilota, già avviato in Massachussetts, prevede ora la consegna di combustibile a circa 8000 persone, attraverso la mediazione di tre organizzazioni senza fini di lucro.
Chávez, naturalmente, gongola. Il suo piano di “aiuti umanitari” alla nazione più ricca della terra ha preso corpo e, per i prossimi mesi, ci si aspetta che faccia risparmiare alle famiglie interessate tra i 10 ed i 14 milioni di dollari. Per il momento, non c’è nessuna reazione da parte della Casa Bianca. Se volete dare un’occhiata di come si vive nel Bronx, questi sono i siti delle tre organizzazioni che distribuiscono il combustibile del Venezuela:
http://www.fordham-bedford.org/
http://www.mounthopehousing.org/
http://www.vipservices.org/

Wednesday, December 07, 2005

Il deputato criminale

La Camera dei deputati argentina ha detto no all’incorporazione come deputato di Luis Patti, ex commissario di polizia accusato di torture e violazioni dei diritti umani durante le dittature. Patti, che non è mai stato condannato da un tribunale, durante la sua esperienza di sindaco di Escobar ha più volte difeso la tortura come metodo lecito durante gli interrogatori.
Patti iniziò la sua carriera di poliziotto/criminale nel 1973, uccidendo a sangue fredda tre minorenni che reputava colpevoli di un furto. L’indagine che ne seguì rivelò l’estraneità ai fatti dei tre ragazzi: Patti si salvò grazie ai superiori, mentre il giornalista che aveva denunciato l’accaduto –Tilo Wenner- scomparve nel nulla il giorno dopo del golpe militare del marzo 1976. Quell’anno Patti venne denunciato per torture dal detenuto Julio Di Battista: il giudice (Clodomiro Luque) ritenne di archiviare la causa. Giustiziere e criminale vestito da poliziotto, Patti uccide poi altri tre supposti malviventi. Il 14 maggio 1983 due persone, Osvaldo Cambiasso ed Eduardo Pereyra, vengono prelevate a forza da un bar: pochi giorni dopo sono trovate morte con segni di tortura. A capo del commando c’era Luis Patti. Incarcerato, alla vigilia del processo si vede recapitare un bel regalo: i testimoni hanno cambiato tutti la loro versione. Nel 1990 ritorna in carcere per ordine del giudice Borrino. L’accusa? Ancora la tortura. I tempi cambiano, ma Patti non se ne dà per inteso. Questa volta è un po’ più dura uscire dalla prigione, ma il nostro ce la fa di nuovo. Che fare in tempi di ritrovata democrazia? Patti opta, ovviamente, per la politica e nel 1995 ottiene la carica di sindaco di Escobar con uno schiacciante 73%. Dieci anni dopo viene eletto deputato, ma la Camera non lo vuole: “non possiede le doti morali”, la giustificazione. E quando metterlo in galera?
http://www.desaparecidos.org/arg/tort/

Tuesday, December 06, 2005

Tutti contro il TAV

Non ha niente a che vedere con il tema di questo blog, ma non si può restare indifferenti a quanto accade in queste ore in Valle di Susa. Esprimo tutta la solidarietà agli amici e a quanti coloro sono impegnati nella protesta contro il Tav e che hanno subito la violenza indiscriminata della polizia. Stamane all’alba i manifestanti pacifici sono stati attaccati, picchiati, insultati da un migliaio di agenti in tenuta antisommossa. Questa è la maniera di risolvere le cose: le botte.
L’ho sempre spiegato ai miei studenti, ai quali da sette anni insegno la lingua e la cultura italiana che la nostra polizia è una delle peggiori del mondo cosiddetto civile. In particolare, chi ha viaggiato in Italia ha sempre riferito delle brutte esperienze riportate con le forze dell’ordine del nostro Paese. La mia spiegazione è molto semplice: ragazzi, la polizia italiana raccoglie l’eredità del fascismo e quindi è una polizia fascista, che occupa in grande maggioranza effettivi violenti, squadristi e ignoranti. La brutalità emerge con facilità proprio per queste ragioni. Appoggiamo il dialogo quindi, ma diciamo No a chi vuole imporre con la violenza scelte politiche discutibili.

Gli archivi segreti del Guatemala

75 milioni di pagine di documenti sinora sconosciuti sono venuti alla luce in edifici abbandonati dalla Policia Nacional, il corpo di polizia smantellato nel 1996 in seguito agli accordi di pace. A fare la “scoperta” è stato un gruppo di attivisti dei diritti umani che da mesi stava cercando le tracce degli atti degli interrogatori della guerra civile durata trentasei anni. Negli edifici, chiusi ormai da un decennio, sono stati trovati archivi di ogni tipo, anche vecchi di un secolo, oltre a intere casse che racchiudono documenti sulle sparizioni e sugli omicidi politici.
Il ritrovamento contrasta con la versione rilasciata dall’ex-presidente Álvaro Arzú, che aveva guidato il paese nella transizione verso la pace, che aveva dichiarato come questi documenti fossero andati distrutti. La fretta di Arzú era stata quella di firmare una legge di amnistia nazionale che era servita a mantenere impuniti migliaia di massacri e sparizioni. Il rapporto “Nunca más”, rilasciato nel 1998 e che era costato la vita al suo ispiratore, monsignor Gerardi, aveva rivelato come la gran parte delle brutalità furono commesse dall’esercito e dai corpi polizieschi. La ferita di quei giorni non si è mai sanata ed ora, con questo ritrovamento, tornerà sicuramente a sanguinare.
La versione italiana di “Nunca más” è edita dalla Fondazione Guido Piccini e La Piccola Editrice:
http://www.fondazionegpiccini.org/

Monday, December 05, 2005

Tempo di elezioni

Tempo di elezioni. La settimana scorsa era toccato all’Honduras (anche se i voti danno ragione a Manuelón Zelaya, non c’è ancora stato un annuncio ufficiale); oggi al Venezuela, la prossima settimana al Cile e tra quindici giorni alla Bolivia. Il Cile, con il socialismo all’acqua di rose di Lagos, è cresciuto e la candidatura di Michelle Bachelet ha le carte in regola per continuare quanto fatto sinora. La sorpresa potrebbe darla Sebastián Piñera, l’imprenditore già proprietario di mezzo Cile che ha basato la sua campagna su un populismo di mezza tacca, patetico ma efficace. Il Piñera, grande squalo e campione di sarcasmo, non ci ha pensato due volte per richiamare l’attenzione delle classi meno abbienti utilizzando nei suoi spot due miti della sinistra cilena, Violeta Parra e Pablo Neruda. La pubblicità è l’anima del mercato ed il Cile è un grande mercato secondo Piñera.
In Bolivia la situazione è tesissima. Evo Morales, candidato della sinistra, è in testa ai sondaggi, ma sono pochi quelli che credono che l’oligarchia tradizionale si lasci vincere da uno dei leader più estremisti dell’America Latina senza tentare colpi di mano.
Il Venezuela. Che dire? L’opposizione ha tentato ancora una volta di delegittimare Chávez chiamando all’astensionismo e ritirando i propri candidati. Strano comportamento. Chávez è stato eletto democraticamente, eppure l’opposizione venezuelana si rifiuta di usare i mezzi offerti dalla Costituzione per contrastarlo. Già in passato aveva usato la stessa tattica, denunciando brogli, ma la commissione internazionale venuta a velare sulla regolarità delle elezioni aveva dovuto confermare la bontà delle elezioni. Con un’opposizione così, Chávez ha garantito un lungo periodo al potere.

Sunday, December 04, 2005

Stanchi di morire

Si sono ridotte sensibilmente le richieste di arruolamento dei giovani latinoamericani per la guerra in Iraq. Finora, a spingere i ragazzi al passo dell’arruolamento era la promessa di ottenere la cittadinanza statunitense, così come una borsa di studio per l’università. Jorge Mariscal due anni fa enunciava su “Draft Notices” un assioma che sembrava infallibile: “Le possibilità di reclutare ispanici sono illimitate perchè le loro opportunità nella vita sono limitate”. Le cose, invece, sono cambiate. I ragazzi hanno preso coscienza ed hanno capito che la guerra in Iraq è un conflitto ingiusto ed immorale di fronte al quale perdono d’importanza cittadinanza, borse di studio ed onori (semmai ce ne fossero).
Secondo le stime ufficiali sono circa 300 i giovani di radici ispane che sono morti finora, il 15% del totale. Attualmente i latinoamericani rappresentano il 10% dell’US Army, nella grande maggioranza impiegati come bassa manovalanza mandata allo sbaraglio per le vie martoriate delle città irachene. I latinos, insomma, si sono stufati di fare da carne da cannone. Per ampliare l’informazione:
http://www.guerreroazteca.org/
http://www.latinoscontralaguerra.org/
http://www.projectyano.org/


Saturday, December 03, 2005

Viaggi reali e viaggi virtuali

Già che siamo entrati nel weekend e le notizie non sono mai buone, cerchiamo almeno di rilassarci un poco pensando ai viaggi. Qualcuno avrà la possibilità di raggiungere qualche località latinoamericana, altri potranno solo fantasticare un po’. In entrambi i casi, il consiglio è di dare un’occhiata ad alcuni blog sui viaggi. Il primo, ed anche il più completo, in lingua spagnola è:
http://www.blogdeviajes.com.ar/
blog argentino che offre importanti informazioni su come muoversi in America Latina senza spendere grandi cifre. Prezzi, itinerari, suggerimenti si trovano anche su:
http://www.mochileros.org/blog/
ricordandovi che i mochileros sono quelli che si spostano con il sacco a pelo e quindi con molta attenzione al portafoglio. In lingua inglese, da cliccare per la sua completezza su:
http://wickerparkusa.typepad.com/south_america/
Infine, una pagina web sui viaggi in America Latina è: http://elsur.org/
Buon fine settimana.

Friday, December 02, 2005

Hanno ammazzato Pablo, Pablo è vivo

“Para que quede grabado por todo tiempo y memoria, voy a contarles de Pablo hasta que pueda su historia”: comincia così uno dei tanti corridos (sono centinaia) che narrano le vicende di Pablo Escobar. Oggi ricorrono dodici anni dalla persecuzione e l’uccisione sui tetti di Medellín del capo più leggendario della mafia colombiana e, nonostante il tempo trascorso, la sua leggenda continua a vivere e a crescere. Nell’immaginario popolare la figura di Escobar ha preso dimensioni da mito: lo confermano le canzoni, i libri, i film, i quadri (famoso è quello di Botero che lo mostra ridotto a un colabrodo, le pistole in pugno, sui tetti di Medellín) i racconti che si tramandano sulla vita e sulla morte del capo dei capi. Escobar ha trasformato la Colombia da vivo e ha continuato a trasformarla da morto. Le leggi, l’architettura, la società, l’esercito, il linguaggio sono cambiati per opera di Pablo, nel bene (c’è ancora tanta gente che pensa sia stato l’unico politico colombiano a mantenere le promesse) o nel male. Intanto, la sua tomba, nel cimitero Montesacro, è la più visitata in tutto il Paese.
L’unica intervista a Pablo Escobar, disponibile sulla rete, è su questa pagina:
www.fnpi.org/premio/2003/finalistas/pdf/2003CSC1107.pdf

Thursday, December 01, 2005

Immigrati e mano dura

Nel suo tour nel profondo sud degli Usa, George Bush c’è andato giù pesante. Ieri era a El Paso, città di frontiera con il Messico, dove ha spiegato la sua politica nei confronti dell’immigrazione. Muri, telecamere digitali, raggi infrarossi, aumento degli agenti e della tecnologia: questa è la soluzione che ha posto al problema degli immigrati clandestini provenienti dall’America Latina. In particolare, Bush ha insistito sulla costruzione di un muro di contenimento come “elemento chiave” per respingere le migliaia di disperati che ogni giorno tentano di attraversare illegalmente il confine. Il suo consulente alla difesa, Duncan Hunter, ha sottolineato addirittura che il muro dovrà estendersi lungo l’intera frontiera con il Messico. Siccome non sapevamo quanti chilometri occupa questo confine, siamo andati a cercarlo: 3200 chilometri (per averne un’idea precisa è la distanza che in Europa corrisponde al tratto Lisbona-Vienna).
Alla ricerca di recuperare punti nei sondaggi, Bush già l’altro giorno a Tucson aveva dichiarato che per gli 11 milioni di immigrati illegali urge una legge che ne regoli la presenza negli Usa. Saranno quindi inseriti e dotati di cittadinanza? Ebbene, no. La proposta repubblicana è quella di provvedere i lavoratori illegali di un permesso valido 6 anni, dopodichè saranno rimpatriati.
“Lavoro legale con base temporale” ha detto Bush: non suona però a “vi sfruttiamo per bene e poi vi rimandiamo alla vostra miseria?”.
Sulla questione immigranti vi segnalo questo sito degno della più becera polizia segreta:
http://www.reportillegals.com/
Se avete anima da delatori, se siete bastardi dentro, qui potete denunciare, in forma anonima, qualsiasi messicano, guatemalteco, peruviano, ma anche cinese, filippino e così via, che si trovi in maniera illegale negli Usa. Che ve ne sembra?